Abbiamo il piacere e l’onore di ospitare qui un appello che Arrigo Cigna lancia agli speleologi italiani, ad ognuno di noi. Per il mio modestissimo parere Arrigo è uno stimato speleologo di fama internazionale, uno dei più grandi al Mondo, per impegno, dedizione, capacità, cultura, conoscenza, lungimiranza, energia.
Grazie a nome mio e dei lettori
Andrea Scatolini

Cari amici e giovani colleghi,

per quanti non mi conoscono sono un vecchio speleologo che ha avuto il privilegio di vivere in prima persona l’evoluzione della speleologia nazionale e internazionale a partire dall’ultimo dopoguerra. Ho avuto così la fortuna di conoscere Casteret, De Joly, Gortani, Desio e Dell’Oca, tanto per limitarmi ai più lontani, e di imparare tanto da loro (se non li conoscete informatevi sul web).

Pochi mesi fa ho potuto seguire in streaming la giornata dedicata a Giovanni Badino che ha illustrato mirabilmente la storia recente e, in particolare, la successione di personaggi che hanno partecipato in vario modo alla vita della SSI a partire dalla sua rifondazione a Verona nel 1950. La grande maggioranza di questi personaggi era costituita da speleologi che avevano qualcosa da dare alla SSI, cioè da contribuire in vario modo allo sviluppo della società. Il primo presidente di questa serie è stato il rag. Leonida Boldori, entomologo di fama internazionale che ha assicurato fruttosi contatti soprattutto in ambito europeo. Ricordiamoci che in quel periodo avevamo da ricostruire tutto dalle macerie della guerra.

Con il passar del tempo e dopo alcuni anni si è dovuto osservare un certo impoverimento del livello gestionale della SSI tanto che, giustamente, Giovanni Badino chiamava “coniglio” il Consiglio della stessa già in una mail indirizzata alla lista speleoit nel 2003. Infatti il criterio riassunto nelle parole “cosa posso dare alla SSI” si era capovolto diventando “cosa mi dà la SSI”. Purtroppo la SSI non è né l’Accademia dei Lincei né la Royal Society per cui il far parte degli organi direttivi non comporta un titolo più importante di quello che può derivare della bocciofila di un qualunque villaggio.

La mancanza di una conoscenza della storia della SSI e di altre organizzazioni internazionali ha portato alla situazione kafkiana che si è verificata nell’estate del 2017 nella vicenda della designazione del delegato italiano all’Assemblea Generale dell’Union Intarnationale de Spéléologie al Congresso di Sydney. E non si è trattato di un errore isolato, ma di una situazione ben stabilizzata nel Consiglio come emergeva dalle deliranti discussioni i cui echi ci giungevano a Sydney mentre cercavamo, annaspando, di mettere qualche pezza in ambito UIS. [N.d.R.: vedi articolo a riguardo]

È chiaro che una simile situazione avrebbe implicato le dimissioni del Consiglio ormai irrimediabilmente squalificato, d’ora in avanti, agli occhi dell’UIS, ma era una questione di sensibilità e questa, come il coraggio, o ce l’hai o non ce l’hai e non può essere infusa dall’esterno.

In particolare possiamo vedere come i periodi più brillanti della nostra Società sono stati quelli quando, accanto all’attività esplorativa, quella scientifica aveva un ruolo importante. È proprio per questo motivo che vorrei vedere una partecipazione attiva alla vita della SSI di speleologi che possano contribuire in questo senso sia come esploratori sia come ricercatori.

Recentemente a Casola sono stati presentati gli atti del 3° Simposio Internazionale di Speleologia svoltosi a Varenna nell’aprile del 2017. Il comitato organizzatore era costituito da alcuni volontari che hanno svolto puntualmente i diversi compiti loro affidati. Questo risultato mostra che esiste ancora una speleologia nel nostro Paese in grado di assicurare risultati di tutto rispetto. Perché, allora, non potrebbe succedere la stessa cosa in ambito SSI? Dai, sveglia!

Oggi la SSI è essenzialmente una organizzazione il cui metabolismo di base (soci, quote, assicurazione, ecc.) è assicurato e di questo siamo grati ai volontari che se occupano, ma una collaborazione vera con altre istituzioni nazionali e internazionali è piuttosto carente.

Ora se non vogliamo assistere a una triste caduta della speleologia italiana, sopravvissuta alle vicende del fascismo, della guerra e alle difficoltà del dopoguerra, è assolutamente necessaria una partecipazione qualificata degli speleologi italiani in grado di dare un proprio reale contributo alla Società e non al solo titolo personale di poter vantare una presenza nel sopra citato Consiglio.

Mi rendo perfettamente conto come possa essere difficile superare talvolta contrasti e opinioni diverse, ma altrimenti un lavoro di decenni, anzi, addirittura di più di un secolo, andrà inesorabilmente perduto. Vogliamo allora provvedere affinché l’Italia, attraverso la SSI, non appaia più come un gruppo di poveretti con un “Coniglio” zoppo e con le orecchie mozze, secondo l’arguta definizione di Giovanni Badino, ma semplicemente riprenda il suo posto come nel glorioso passato.

Coraggio amici! Arrigo Cigna

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