A Cerveteri, nella frazione di Ceri, a poca distanza dal confine con Bracciano, si trova un sito caratterizzato dal culto dell’acqua nella roccia.
Su una parete di tufo, sul bordo del Vallone del Ferraccio, si apre una camera rettangolare con una nicchia semicircolare sulla parete di fondo e lo sbocco di un cunicolo che portava acqua da una sorgente sotterranea. Ai lati vi sono due nicchie simmetriche, forse in origine custodivano immagini sacre o idoletti. Il tutto scavato nella roccia. Una caratteristica interessante è lo strato di intonaco dipinto sulle pareti della camera di cui rimangono solo le tracce dei colori, ma i disegni non sono più visibili ad occhio nudo.
Il cunicolo di adduzione si sdoppia a pochi metri dalla sorgente: il primo ramo arriva alla camera appena descritta, il secondo si sviluppa in senso rettilineo e sfocia sulla medesima parete, a circa 20 m di distanza, ma una frana impedisce di comprendere come fosse la mostra.
Non è possibile datare con certezza lo scavo e della cavità, ma è probabile che il suo unico utilizzo in antichità fosse di natura sacra, come luogo di culto, durante l’epoca etrusca e/o l’epoca romana, poi utilizzato come riparo per animali e persone nei secoli successivi. L’area circostante è piuttosto ricca di vestigia di entrambe le epoche citate, mentre presenta tracce di frequentazione occasionale, e meno intensa, dal medioevo in poi.
Le ricerche sono state svolte da chi scrive con il prezioso contributo di Tullio Dobosz.

Elena Felluca

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