Sabato 7 luglio, Mariangela ovvero la nuova bacchetta magica degli
speleomannari assieme a Roberto di Reggio Emilia hanno stappato un buco
in val Serenaia che da un pò di tempo tenevano in serbo.

Stappato dai detriti, il buco si è trasformato in un cunicolo con un
primo saltino facilmente passabile in libera per poi aprirsi in un pozzo
dalle dimensioni apparentemente molto ampie.

Stanchi del lavoro decidono di proseguire l’indomani con l’arrivo di
Zairo, l’Indemoniata (Sabrina) e Tommaso dalla Toscana ed Elisa da
Forlì, ovvero io.

La discesa del pozzo però riservava non poche sorprese: prima fra tutte
una chiave del 13 alla base del primo terrazzo che si incontra. Da dove
arriva? Chi l’avrà lasciata e quando? Speriamo che sia arrivata con
l’acqua da chissà dove quando la portata è aumentata dal disgelo.

Zairo e Tommaso iniziano ad armare il pozzo che ha dimensioni veramente
enormi, in un marmo scuro inframezzato da lame di “cartone” che si
sbriciolano solo a toccarle frutto delle forti pressioni e temperature
che ha subito la selce presente nel calcare originario.

Il disgaggio è importante e richiede un sacco di tempo. Il pozzo sarà
indicativamente di circa 70 metri e termina in una frana di circa altri
20 metri. L’andamento è cupoliforme all’inizio poi diventa una forra
oramai asciutta. Si sente solo il percolare dell’acqua meteorica.

Infatti sopra questo ingresso è noto un altro buco perennemente tappato
dalla neve, anche ad agosto del 2017, probabilmente l’estate più calda
degli ultimi tempi.

Dopo Tommaso scendo io e inavvertitamente con il sacco tocco uno dei
sassi purtoppo ancora rimasti in bilico, nonostante il notevole lavoro
svolto da Zairo e Tommaso, che colpisce Tommy alla spalla.

Fortunatamente nulla di grave, il ragazzo ha le spalle larghe, ma il
senso di colpa mi blocca e opportunamente decido di rimanere ferma al
frazionamento che ho raggiunto nel frattempo. Nell’attesa noto due fix
… probilmente una risalita.

Cavolo, non è una grotta nuova e la chiave del 13 ce lo aveva già
anticipato ma è stata già esplorata fino all’attacco del pozzo che
stiamo armando. Ma da chi? Dobbiamo scoprirlo appena arrivati fuori.

Decidiamo cmq di arrivare alla base della frana da cui si dipanano due
cunicoli a sinistra (uno chiude e uno invece prosegue) e una risalita a
destra che si fa in libera che rivela una ulteriore risalita armata a
fix e un pozzo che stimiamo di circa 20 metri gettando un sasso.

Non ha più senso proseguire ma usciamo per capire in quale grotta ci
troviamo: per Mariangela gli indizi parlano della Buca del Pannè.
Probabilmente abbiamo intercettato la Galleria del Trombino, come
capiamo dal rilievo che ci forniscono.

Questa però non è completamente una brutta notizia perchè Mariangela ci
racconta le vicende esplorative della grotta di cui ha fatto parte
assieme ai ragazzi dell’OSM di Modena e del GSPGC di Reggio Emilia che
nel 1994 lasciarono traccia della loro esplorazione
(http://osmmodena.blogspot.com/1994/01/la-buca-del-pann.html?m=1) che
furono fatte con l’acetilene e quindi probabilmente senza vedere
ulteriori finestre e prosecuzioni. Quindi un nuovo ingresso in zone meno
esplorate potrebbe aprire nuovi scenari.

In Speleologia n. 36 del giugno 1997 invece trovate l’articolo
pubblicato dalla Società Speleologica Italiana.

Mettendo in chat la notizia troviamo subito che ha fatto la recente
risalita, un pò me lo sentivo, Sonia e Zanga di
Reggio Emilia rispondo subito all’appello: si, forse siamo stati noi
nel 2017.

Quindi probabilmente abbiamo trovato il 5° ingresso della Buca del Pannè!

Bene, ora non resta che capire se ci sia un ulteriore interesse ad
esplorare questa parte di grotta da parte di reggiani, faentini,
speleomannari e chi vuole partecipare alla speleologia apuana.

Elisa mannara

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