Articolo pubblicato su TuttoScienze allegato a “La Stampa” del 23 gennaio 2008. Le pagine in .pdf di TuttoScienze sono rilasciate sotto licenza Creative Commons: clicca qui per conoscere i termini della licenza.

Misteri
VITE QUASI ETERNE
CINZIA DI CIANNI

Cripte, balsami, formule segrete “Ecco i Signori delle mummie” Nasce in Italia il primo programma mondiale di ricerche e test “Ora vogliamo anche scoprire le vere origini di Tutankhamon” Al via a marzo una mostra con 70 reperti dai 5 continenti. «Oetzi sarà un protagonista»

La bimba ha due anni e pare addormentata: lunghe ciglia profilano gli occhi chiusi, il viso è paffuto e colorito, un fiocco giallo trattiene i capelli, qualche ciuffo si appiccica alla fronte. Ma Rosalia Lombardo è morta nel 1920. Giace come Biancaneve in una teca di cristallo custodita nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo ed è la mummia più bella del mondo.
Rosalia è il capolavoro del celebre imbalsamatore Alfredo Salafia (1869-1933), che mise a punto un misterioso metodo di conservazione basato sull’iniezione di sostanze chimiche.
Restaurò la salma di Francesco Crispi e nel 1910 fu convocato a New York per illustrare la sua arte all’«Eclectic Medical College». Salafia portò nella tomba il suo segreto, sulle cui tracce si è messo Dario Piombino-Mascali, un antropologo messinese che studia il suggestivo patrimonio di mummie siciliane, unico al mondo. Nelle Catacombe di Palermo sono conservati 2 mila corpi mummificati.
Per quasi tre secoli, dal 1599 al 1885, i notabili hanno affidato ai cappuccini – e non alla terra – i defunti, affinché preservassero il più a lungo possibile l’aspetto che possedevano in vita. «E molti altri corpi, meno celebri ma non meno interessanti, si trovano nelle cripte delle chiese e dei conventi di Savoca, Piraino, Novara di Sicilia, Santa Lucia del Mela e Comiso – precisa Piombino -Mascali -. I metodi adottati dai frati fino al XIX secolo, quando furono vietati, erano prevalentemente naturali »: erano depositari di un corpus di saperi medico-sanitari acquisiti nel tempo, forse dai missionari in Asia e Sud America. La mummificazione per essiccazione naturale, per esempio, era «standard» nell’area mesoamericana.
I corpi erano adagiati in loculi, in ambienti circolari arieggiati da feritoie. I liquidi organici drenavano attraverso il perineo, ritardando l’attività batterica che provoca la decomposizione. Poi, il tempo e le particolari condizioni microclimatiche facevano il resto. Una volta completato il processo di essiccazione, i cadaveri erano esposti all’aria e lavati con aceto. In seguito erano rivestiti e collocati nelle nicchie o nelle casse. «L’aspetto contava anche nella morte – ricorda l’antropologo -: l’esposizione era associata al rango dell’individuo».
Piombino-Mascali è responsabile di un progetto per analizzare le mummie in Sicilia. Sono previsti test morfologici, radiologici, chimici, biomolecolari e nanotecnologici e vogliono investigare sia la conservazione sia fare luce sulla salute e gli stili di vita dei siciliani tra XVI e XIX secolo.
Condotta in collaborazione con l’Università di Palermo, è una delle iniziative avviate dall’Istituto per le Mummie e l’Iceman di Bolzano, nato nel 2007. Inserito in un contesto universitario – l’Accademia Europea o Eurac, un centro di ricerca indipendente della provincia – e sostenuto da finanziamenti privati, l’Istituto si avvale della collaborazione di università e laboratori di Italia, Austria, Germania, Svizzera e di specialisti di fama mondiale, come l’anatomopatologo Arthur Aufderheide dell’Università del Minnesota. L’Istituto ha capitalizzato l’esperienza maturata negli studi compiuti a partire dal 1998 sulla celebre mummia di Ötzi – l’«Uomo venuto dai ghiacci» – e oggi si propone come «piattaforma» unica nel suo genere e punto di riferimento per gli studi sulle mummie.
Altre ricerche riguardano lo studio paleogenetico delle mummie naturali coreane di età moderna, condotto con l’Università di Seul, e l’analisi di altre 1200 mummie (e resti scheletrici) provenienti da due grandi necropoli dell’antico Egitto. Collaborando con un team di paleopatologi di Monaco e dell’Istituto Germanico di Archeologia del Cairo, Albert Zink – direttore dell’Istituto di Bolzano – mira a identificare le patologie che, come la tubercolosi, affliggevano gli egizi nel periodo tra il 3500 e il 500 a.C. Inoltre conduce indagini coperte dal massimo riserbo su alcune mummie reali: forse svelerà una volta per tutte il mistero che circonda l’ascendenza di Tutankhamon. Non solo. Nuove analisi potrebbero essere condotte anche sugli oltre 2 mila reperti, tra mummie e scheletri, conservati presso il Museo di Antropologia e di Etnografia dell’Università di Torino, diretto da Emma Rabino Massa.
Un altro progetto, in collaborazione con l’antropologo Renato Grilletto dell’Università di Torino e con Alberto Carli, conservatore della collezione Gorini di Lodi, riguarda invece lo studio dei raccapriccianti «corpi pietrificati », sparsi in varie università e musei italiani. Nel processo, ottenuto impregnando le parti anatomiche di sali minerali, eccellevano personaggi eccentrici come l’esploratore bellunese Girolamo Segato (1792-1836) e il matematico e geologo pavese Paolo Gorini (1813-1881).
Alla storia della mummificazione, un fenomeno diffuso in tutto il mondo e lungo l’intero arco della storia umana, il Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano dedicherà nel 2009 varie iniziative. La mostra «Mummie: sogno di vita eterna» è prevista dal 10 marzo al 25 ottobre: ideata dai musei tedeschi Reiss-Engelhorn di Mannheim, a Bolzano sarà arricchita dalla presenza di Ötzi. La mummia, antica 5300 anni, non può lasciare la sua cella frigorifera. L’esposizione presenterà oltre 70 esemplari umani e animali da tutti i continenti, alcuni mummificati naturalmente e rinvenuti in paludi, deserti o ghiacciai, e altri conservati artificialmente, oltre a numerosi oggetti rituali.
E a marzo è previsto il congresso «Mummies and Life Sciences»: specialisti di tutto il mondo faranno il punto sulle più recenti acquisizioni in tema di studio del Dna antico, paleopatologia, paleonutrizione: molti misteri potrebbero essere svelati.

Tra ’700 e ’800 l’esploratore Segato eccelleva nell’arte della «pietrificazione»

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *