Il 6 Settembre scorso il sito dell’ANSA ha pubblicato una dichiarazione che Reinhold Messner ha rilasciato nel giorno del suo 70-esimo compleanno.

La dichiarazione è stata immediatamente ripresa dagli organi di stampa (ad esempio La Repubblica che ha pubblicato questa videointervista) e da siti specializzati come Montagna.TV.

In sintesi Messner sostiene che il suo alpinismo sia fallito in quanto al giorno d’oggi anche le cime più alte sarebbero diventate accessibili a tutti. I giovani alpinisti preferirebbero scalare veloci su vie preparate, e sarebbero dunque interessati al solo aspetto sportivo dell’alpinismo.

Com’era da aspettarsi le dichiarazioni di Messner hanno sollevato una discussione a cui stanno partecipando alpinisti di fama, con posizioni a favore e contro, discussione che può essere seguita nel dettaglio collegandosi alle pagine di Montagna.TV.

Osservazioni simili a quelle fatte da Messner le abbiamo sentite fare o le abbiamo fatte anche nel nostro mondo speleologico. Forse, dunque, da questa discussione possono nascere riflessioni importanti anche per noi. Per questo voglio segnalare l’ultimo intervento firmato da Gioachino Gobbi, il patron della nota ditta Grivel. Lo potete trovare qui.

Gioacchino Gobbi nota come le dichiarazioni di Messner siano simili ad altre elaborate in ambienti culturali del tutto diversi dall’alpinismo, come ad esempio la politica (o la scienza). Queste visioni hanno un denominatore comune, ovvero l’idea che l’evoluzione – di un concetto, un’attività, uno sport, quel-che-vi-pare – proceda in modo lineare a partire dal semplice al complesso. Quando si raggiungano livelli molto elevati di complessità è difficile e talvolta impossibile che si possa andare oltre. Ecco allora che l’alpinismo (o la speleologia) finisce: non è possibile sperimentare oltre, diventa troppo difficile, e quindi si rinuncia.

Questo modello lineare di evoluzione, però, non convince del tutto. L’avanzamento della conoscenza, ad esempio, non segue affatto questo modello e chi si occupa di studiare queste cose (gli epistemologi) ha proposto da tempo modelli alternativi, francamente ben più convincenti. La realtà – dice Gobbi – è fatta “di successi e di insuccessi, di accelerazioni, di lunghe stasi, di ritorni, di creazione e di morte”. La nuova conoscenza può derivare da nuove interpretazioni di fatti noti. Queste possono portare ad un rimescolamento del sapere che si è sedimentato fino a quel momento.

Si tratta dunque di aggiungere “nuove dimensioni al ragionamento”. Quali? Gobbi ne indica alcune per il nuovo alpinista (o il nuovo speleologo?). Tra queste: “Deve cominciare ad interrogarsi sul senso morale di ciò che fa e di come lo fa. Deve cominciare ad interrogarsi sulla compatibilità ambientale dei propri divertimenti. Dovrà cominciare a valutare la compatibilità culturale dei suoi viaggi e delle sue spedizioni.”

Io penso che il commento di Gioachino Gobbi sia davvero interessante da leggere e da meditare.

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