E’ stato scoperto ed esplorato un nuovo pozzo nella “grave Rotolo- Abisso Donato Boscia”, la grotta più profonda di Puglia. Il “pozzo Covid-19” di circa 25 mt, rappresenta l’anello di congiunzione tra il “ramo Castellaneta” e il “pozzo dei veneti”.

In questi ultimi giorni di dicembre, al confine tra Monopoli e Alberobello, l’abisso più profondo di Puglia “Grave Rotolo” (PU-355) , aggiunge un nuovo tassello al variegato mosaico di gallerie e pozzi nel suo chilometrico sviluppo. L’inghiottitoio, aperto nel 2012, raggiunge una profondità di -324 mt. di cui 60 metri relativi alla parte sommersa, che continua e si sviluppa orizzontalmente per più di un chilometro nel ramo principale.

Il 12 dicembre 2020 una squadra formata da tre speleologi del Gruppo Archeo-Speleologico Pugliese  (GASP!) del CAI Gioia del Colle e uno del GSM di Martina Franca,   ha deciso di continuare l’esplorazione del “ramo Castellaneta”, fermo — al rilievo del 2018.

Il ramo “Gravina di Castellaneta”, scoperto nel 2013 in occasione dell’esplorazione iniziale, nasce nel punto della grotta in cui finisce “la forra” e si risale verso l’angolo chiamato “grotta di Castellana”.Qui si trovano un pozzetto, che non ha nessuna prosecuzione, e una piccola galleria orizzontale che si sviluppa in un livello inferiore e parallelo alla normale progressione, quasi a formarne un piano inferiore.

Subito dopo l’ingresso un pozzo di circa 12 porta in un serpeggiante meandro il cui fondo pare sempre più distante. Pareti bianche e strette rendono la progressione faticosa con punti particolarmente taglienti e appuntiti.
L’attenzione in questa parte di grotta è richiamata da alcuni pezzi litologici in particolare uno di forma ovale di circa 40 cm per 25 cm, con un susseguirsi di anelli concentrici sempre più stretti dall’esterno verso l’interno. Questo, ad una prima vista, ricorda un fusto di albero crollato che depositatosi lì al momento della genesi sedimentaria è rimasto quasi intatto fino a pietrificarsi. Probabilmente si tratta di una colonna crollata e poi sepolta.

Arrivati all’ultimo caposaldo del rilievo, il gruppo ha iniziato la nuova esplorazione con un traverso necessario per superare un tratto di grotta dove, a circa a circa sei/sette metri sotto i piedi, scorre un ruscello d’acqua. Pochi metri più avanti la galleria, dopo una curva a sinistra si allarga abbastanza per rendere agevole una sosta, per poi allargarsi ancora di più verso il buio totale che nasconde un pozzo, nel quale lancia una corda da 40 m che tocca ciò che dal suono sembrerebbe acqua.

—Il pozzo di circa 25 metri si presenta stretto all’inizio ma con una parte aperta verso il buio che, man mano che si scende, si allarga fino ad arrivare ad un piano di calpestio piatto e di roccia bianchissima con una pozzanghera di 1,5 metri di diametro. L’assenza di speleotemi racconta di una zona molto attiva in cui l’acqua ancora lavora erodendo il calcare, lavandolo, rilavandolo e lasciando su tutta la parete strati successivi di rudiste. Un paio di metri più in là della corda comincia un nuovo meandro, che in pochissimi metri sprofonda nella roccia e fa precipitare il ruscello nel fondo grotta senza più ostacoli.

Nonostante la bellezza del luogo,  qualcosa è apparso subito familiare agli speleologi,  e in effetti, sull’altro lato del pozzo, ad una decina di metri di altezza, hanno identificato l’armo di partenza del “pozzo dei veneti”. ”Vista da quella prospettiva, la parte da noi percorsa ci era sempre sembrata un arrivo dall’alto, mai si era pensato ad una vera e propria confluenza del lago finale della grave”, ha spiegato Rodrigo Torres a Scintilena.

La saletta in cui si trova il pozzo si presenta di forma triangolare con pareti laterali che dall’angolo più acuto si aprono fino a una larghezza di una decina di metri; il piano di calpestio, ad una quota di circa -170, è diviso in mezzo dal meandro. Il suo fondo orizzontale arriva fino alla parete in cui si trova l’armo di partenza del pozzo “dei veneti”.

La breve ma soddisfacente esplorazione porta alla chiusura di un altro capitolo sulla conoscenza della “Grave Rotolo” e lascia ai futuri speleologi la certezza che questa grotta è ricca di interessanti sorprese.
Alla fine dell’esplorazione mancava solo un piccolo pezzo al puzzle, il nome da dare al nuovo pozzo che però è venuto in maniera abbastanza spontanea: Covid-19. “Questo 2020 non ce lo scorderemo mai e molto probabilmente passerà alla storia; ha lasciato grandi perdite sia umane che materiali in tutti gli ambiti, posticipi, sogni inconclusi o rimandati. Sappiamo che non è meritevole ma poiché segna un momento di valore storico indiscutibile con tutte le sue vicissitudini, abbiamo deciso che il “ramo Castellaneta” finisce e si ricongiunge al “pozzo dei veneti” tramite il parallelo “pozzo Covid-19”.

Hanno partecipato all’esplorazione per il GASP!: Nico Masciulli, Rodrigo Torres Vicent e Mirko Piepoli. Per il GSM: Angelo Semeraro.

Testo: Rodrigo Torres Vicent
Foto: Mirko Piepoli
Rilievo: GASP!

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