di Andrea Benassi

Ore 5.16 il Caronte Express mi vomita sulla banchina di Castel Bolognese, l’alba è ancora lontana. Ho la sensazione di non essere ridotto troppo bene; controllo il passaporto nella tasca, c’è ancora.
Forse anche questa volta riesco a non farmi arrestare per vagabondaggio molesto.
Lo zaino è veramente una cosa informe: peso indefinito, consistenza umidiccia, fango che spunta ovunque. La madre di mia figlia ha pietà e mi raccoglie prima che le ronde padane si accorgano della mia presenza.
Questa speleologia extraregionale si stà facendo dura. Una manciata di ore e alcune caffettiere dopo trovo la fantasia di fare la conta dei miei beni fangosi. E’ peggio di come ricordavo, uno schifo indegno. La prima immagine che mi viene in mente è il Pratiglio,ho un attimo di stato confusionale. Guanti marci, sottotuta fradicio, muta scorticata, pezzi di kevlar, maillon sparsi, pillole rosse,
Dio sono stato al Pratiglio e non me lo ricordo, lo dicevo a Paolo che dovevamo farla saltare, che non bastava disarmare. No forse non sono stato al Pratiglio, forse ho fatto una solitaria nelle fogne di Roma, forse…
Ho bisogno di un altra caffettiera. Quando la caffeina nel sangue è ormai sul livello di tossicità ho l’illuminazione: A Damiano, siamo stati alla grotta Damiano, e abbiamo esplorato, e non è finita, continua, tocca tornare… oddio, ho bisogno di altro caffè. Il caffè è finito, ma la fatina delle doline, mi fa uno scherzo di mezza mattina, e allora nei fondi della tazza compaiono stuoli di sifonauti: esseri metà speleo e metà sirena, salmonati dalla testa ai piedi, che attraversano la piana di Campolungo.
Come la nave dei folli li guida un tizio, uno speleologo mascherato, in una mano un fiasco di vino, nell’altra un tridente portatore di bistecca. Tutti fanno il trenino fino all’ingresso soffiante e poi si buttano a pesce nel primo lago, poi nel secondo, e nel terzo… poi perdono il conto e continuano a nuotare al ritmo di Maracaibo.
La grotta, dietro, batte il tempo: un pò a destra, un pò a sinistra, un pò su un pò giù, lungo il Super Sifone, s’arrotola sotto la piana, cento, duecento metri, finchè non si stufa di tutto quel baccano e li sbatte tutti nel fondo Spalmer.
Ma in fondo non è una grotta cattiva, sono quindici anni che non vede anima viva, e non si possono cacciare gli unici matti che hanno la fantasia di tornare a trovarla. Cosi lascia aperta una porta, anzi una porticina, e ci soffia dentro tutta l’aria che ha; sa che i matti vanno pazzi per l’aria e torneranno.
A questo punto il trenino s’inverte, al posto di Maracaibo, si cominciano a sentire in lontananza le note del Bolero, allora tutti cominciano a martellare a ritmo, prima piano, poi sempre più forte, e più martellano e più scendono, 5 metri, poi 15, poi altri 5, quindi 25, e altri 10… marciano in discesa come truppe cammellate, cento, duecento metri… Adesso che comincio a ricordare sono curioso di sapere come va a finire, guardo ansioso tra i fondi di caffè nella tazza, ma d’improvviso la fatina mi molla una manigliata sui denti:
‘ …per oggi basta cosi…’
“… e come va a finire la storia?” provo a obiettare
‘semplice non finisce, quale finale migliore per una storia, che non averne uno?’
“e quindi?”
‘ e quindi la storia continua al prossimo episodio, e vedete di non lasciar passare altri quindici anni, che siete già marci ora, figuriamoci…’
Mentre mi riprendo dalla manigliata, penso che in fondo non ha tutti i torti, bisognerà darci sotto e pure di fretta, magari anche prima delle prossime alluvioni. Ma questa volta di corda ne porteremo a mucchi e vediamo come finisce il Bolero. Mentre faccio il conto di cosa portare la prossima volta, nella tazzina stanno già scorrendo i titoli di coda: Antimo Peccerillo, Andrea Benassi, Paolo Turrini, Manuela Merlo, Michela Merlo, Paolo Chialastri, Umberto Vitale, Francesco Nozzoli, Natalino Russo,Alessandro Ceccarelli, Niccolò Ceccarelli, Antonio Carnevale; sotto i titoli intanto sono ricomparsi gli speleo salmonati, una lungo trenino nella notte di Campolungo. Ore 11.24, più o meno credo sia andata cosi, però ora ho bisogno di altro caffè.
Per chi volesse saperne di più c’è un bell’articolo di Natalino Russo sul sito del GSG

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