Con le intense precipitazioni delle ultime ore, il Reka Timavo sta riversando 220 metri cubi d’acqua al secondo nella grotta di San Canziano/Skocjan, comprimendo l’aria delle grotte attraversate e facendola soffiare fuori a 90 chilometri all’ora alla Grotta di Trebiciano e alla Lazaro Jerko. E’ il fenomeno dei “soffi timavici”, monitorato in tempo reale dagli speleologi giuliani, che con studi approfonditi hanno elaborato la teoria della “piena inversa”.

Le intense precipitazioni dei giorni scorsi sul Carso hanno generato una forte piena nel bacino del Reka Timavo, in Slovenia.
Nella giornata del 13 novembre la portata del fiume che entra nella grotta di San Canziano / Skocjan, è aumentata da pochi metri cubi fino a raggiungere i 220 metri cubi al secondo.
Questa valanga d’acqua, entrando velocemente e violentemente nel sottosuolo carsico, genera un fenomeno unico nel sul genere: i “soffi timavici”, che si manifestano in tutta la loro potenza durante i brevi periodi delle piene del Reka Timavo.

Sono note le dinamiche più comuni delle principali circolazioni d’aria nel sottosuolo: L’aria convettiva, o giro d’aria, e l’ aria barica, che genera il respiro delle grotte in base al variare della pressione esterna.
Ma il soffio timavico è tutto un altro discorso. Gli speleologi giuliani, studiando i soffi, sono riusciti a determinare il percorso sotterraneo del fiume, le dimensioni e le caratteristiche di grotte ancora mai raggiunte.

Spiegazione soffi timavici
L'effetto pistone del Reka Timavo genera soffi potenti dalle grotte del Carso

Il Reka Timavo sotterraneo attraversa enormi cavità, come la grotta di Trebiciano o la Lazzaro Jerko.
In queste enormi caverne, durante le piene, il livello dell’acqua aumenta di alcuni metri all’ora, fino a riempire i vuoti sotterranei, conosciuti o inesplorati.
L’acqua salendo agisce come un pistone in un cilindro e comprime l’aria, che attraverso percorsi di centinaia di metri arriva in superficie, dove si manifesta con soffi che possono raggiungere anche i 150 chilometri all’ora, come nel caso della grotta di Trebiciano, dove ieri si sono raggiunti “appena” i 90 chilometri orari.

I “soffi timavici” sono da sempre conosciuti sul territorio carsico dai villici, e in tempi più recenti, dagli speleologi.
Dove soffia con le piene, sotto c’è il Timavo.
Gli speleologi giuliani studiano da anni questi fenomeni per cercare di dare una dimensione ai vuoti attraversati dal fiume sotterraneo Reka/Timavo.

Marco Restaino, speleologo della Società Adriatica di Speleologia, spiega:
Va chiarito che la velocità del vento in uscita è solo un parametro indicativo che lascia intuire la potenza del fenomeno, perché chiaramente la velocità dell’aria dipende dalla sezione di uscita. Per Trebiciano la sezione di uscita con la botola aperta è di circa 1 metro quadrato.

Realizzare una mappa dell’ipotetico percorso del fiume sotterraneo che da San Canziano riemerge a Trieste sarebbe abbastanza semplice se tutte le grotte, fessure e doline si attivassero e soffiassero insieme, ma non è così.

mappa percorso ipotizzato Reka Timavo
Mappa del percorso ipotizzato del Reka Timavo

Durante le piene, l’acqua nelle caverne può risalire di oltre 100 metri dalla quota normale, colmando totalmente le enormi cavità sottostanti. I soffi continuano finché l’acqua salendo riempie grandi volumi e spinge fuori molta aria.

Marco Restaino racconta:
Per decenni la non sincronicità dei soffi ha creato confusione e incomprensioni del fenomeno, costringendoci ad effettuare sopralluoghi sul campo e battute di ricerca nei momenti meno proficui. Per esempio, la grotta Lazzaro Jerko e grotta di Trebiciano si trovano a soli tre chilometri di distanza, ma durante le piene difficilmente il loro soffio è sincrono.

Perché queste anomalie? Perché anche in altre grotte soffianti intermedie i soffi sono irregolari?
Ce lo spiega proprio Marco Restaino, dopo anni di osservazioni e di notti ad inseguire le piene sotto la pioggia, uno dei primi ad immaginare cosa succede realmente sotto il Carso all’arrivo delle piene: “Le nostre ricerche di soffi in superficie partivano sempre da monte verso valle, poiché supponevamo che le prime grandi caverne a monte raggiunte dalla piena fossero le prime a riempirsi, e lì avrebbero dovuto verificarsi i primi soffi, a cui avrebbero dovuto seguire, intuitivamente, quelli dei vuoti più a valle. Ma quando soffiava a monte, non soffiava a valle, e quando soffiava a valle, spesso poco niente a monte.
Dopo anni ci siamo accorti che i flussi d’aria si innescavano sempre da valle verso monte, quasi “controcorrente”, così da una intuizione è nato un lavoro di aiuto alla ricerca che abbiamo chiamato “piena inversa
“.

In realtà la piena si ripercuote nel sottosuolo come in un grande sistema di vasi comunicanti; le prime zone che risentono dell’ innalzamento delle acque sono le zone più basse, a valle, che sono quelle che si riempiono prima.
In parole molto semplici, le acque del Timavo si alzano con le piene quasi in contemporanea in tutte le grotte.
Nelle grotte più in basso, caratterizzate da ampie superfici libere, l’innalzamento del livello dell’acqua di pochi centimetri mette in movimento centinaia di metri cubi di aria che vengono spinti verso l’ esterno.
Queste si riempiono prima e soffiano un pò prima. Come succede alla Lazaro Jerko.
Tre chilometri più a monte, la grotta di Trebiciano inizia a soffiare forte quando i livelli delle grotte a valle, più bassi di quasi 10 metri, sono già pieni e i soffi si sono già fortemente manifestati.
Quindi, quando a valle i soffi diminuiscono perché le caverne sono già parzialmente piene, a monte iniziano ad incrementare di forza.

A monte, i soffi sono più potenti e prolungati nel tempo perché le grotte hanno volume e profondità maggiore.

Con la comprensione di queste dinamiche si è riusciti a determinare anche dimensioni e caratteristiche di grotte non ancora raggiunte, ma individuate grazie ai soffi.
Per esempio, uno scavo decennale degli speleologi della Commissione Grotte Eugenio Boegan, presso un ingresso accatastato come 87 VG, prima o poi darà accesso ad una grotta che presumibilmente non avrà dimensioni grandi come la Lazzaro Jerco o ancor più come Trebiciano; sarà più “intima”, e l’ altezza della caverna, desunta dalla durata del soffio, dovrebbe essere inferiore alla Lazzaro.
Per la grotta Lufloch, altro cantiere decennale ancora aperto dalla Società Adriatica di Speleologia, i soffi ci dicono che la cubatura sarà similè alla Lazzaro Jerco, ma con un’altezza della caverna molto maggiore. Anche in questo caso, niente a che vedere con l’Abisso di Trebiciano, che per volumi e altezza della caverna finale, non è eguagliabile a nessuna altra cavità timavica in fase di scavo in territorio italiano.

Per monitorare in tempo reale i fenomeni che si attivano in caso di piena, Piero Slama, Giuseppe Masarin, e altri soci e collaboratori della Società Adriatica di Speleologia, hanno realizzato una centralina che acquisisce e trasmette dati dall’ Abisso di Trebiciano.
I dati possono essere confrontati in diretta con le centraline che misurano la portata della piena a San Canziano.
Anni fa queste strumentazioni non esistevano, si andava “a naso” e spesso non si era sicuri che il momento fosse quello giusto, e non si sapeva neanche se la piena fosse già finita o se ancora non fosse arrivata.

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