Luoghi che non ci sono - edizioni SegnaviaAndrea Bonucci. Luoghi che non ci sono. Edizioni Segnavia.

Pagg. 160, ISBN 978-88-88776-15-X, 16,00 €.

 Recensione di Natalino Russo

 Il libro di Andrea, nell’ambiente speleo conosciuto come Dino, appassiona, diverte e commuove. È esso stesso un luogo speleologico: fatto di persone e di grotte, come no, ma soprattutto di posti che hanno a che fare con la speleologia, con i viaggi, con i ricordi e coi sogni, con la luce e col buio, con le sensazioni, le paure, le cazzate che facciamo senza rendercene conto, e che a volte paghiamo caro. Forse pochi sanno che qualche anno fa, in Messico, Dino ha avuto un brutto incidente a un occhio. Nella storia in cui racconta com’è andata, rivela alcuni aspetti buffi e consapevolmente fumettistici, quindi mai eroici, o forse sì ma solo per autoironia, del nostro giocare agli esploratori. Quante volte siamo arrivati sull’orlo della tragedia, fermandoci un istante prima di farci male sul serio? Esorcisti da strapazzo, ci abbiamo subito scherzato, ce ne siamo usciti con un “Ooops”, ci siamo dilungati in sessioni di battute e risate con i nostri compari di esplorazione, ma segretamente, noi e i nostri amici, abbiamo capito benissimo a quale pericolo eravamo scampati. Glabb. Ci siamo sentiti come gli eroi dei fumetti, e come quei disegni ci siamo visti piccoli piccoli, e ci è presa la tremarella.

 

Questo libro fa riflettere sui tanti aspetti del nostro viaggiare “per” grotte. Ci si affeziona subito: le storie sono intrise di luoghi remoti e di posti sotto casa: il Massico, il Matese… E sono tenere, divertite e poetiche, piene di empatia verso i compagni e verso le grotte, così come verso le forme di vita che le abitano. Ogni tanto commuovono in modo così leggero e sottile da sorprendere: contengono un po’ di quella tenerezza burbera che spesso leggiamo negli occhi dei nostri compagni infangati, a ore dall’uscita, e che ci fa continuare ad andare per grotte sebbene ogni volta giuriamo sia l’ultima.

 

Una storia colpisce per poesia e tenerezza: si intitola “Exit”, è il racconto di una versione sognata di una grotta, di una Signora come Pozzo della Neve, in una delle tante versioni o forme che l’abisso avrebbe potuto assumere, ma che non ha e non avrà mai; ed è, con eleganza e stile, l’omaggio a un amico scomparso.

 

Nel libro c’è molto buio ma non si vede, c’è una bolla di luce che avanza lenta e sembra illuminare tutto. Ci sono, a dispetto del titolo, luoghi forti. Non è un libro solo per speleologi: il linguaggio ipogeo è un codice, questo è un libro per viaggiatori di grotte, quindi per tutti i viaggiatori. Del resto la copertina parla chiaro, e l’autore, proprio all’inizio della narrazione, è onesto ed esplicito come sempre: “Chi preferisce una festa di luci e suoni ad una sera con pochi amici davanti al camino acceso, non legga oltre queste righe”.

 

Il libro contiene quelle idee che spesso, ma in modo disordinato, hanno sfiorato la fantasia del lettore; trovarle ordinate nelle pagine di Bonucci restituisce il piacere di leggere di speleologia, e conforta, ci conferma che non siamo degli spiantati. O almeno non gli unici.

Infine, dopo aver letto il trucco che Dino regala per trovare prosecuzioni, d’ora in poi daremo ascolto alla voce interiore che da anni ci suggerisce, per vederci meglio, di spegnere la luce. Del resto se siamo speleologi è anche perché crediamo che non sia la luce, bensì l’ombra, a contenere i luoghi migliori. 

 

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