”… luce si farà sull’origine dell’uomo e la sua storia …” – di Marco Bani

Questo è l’unico riferimento all’uomo che Darwin scrisse nel 1859 nelle ultime pagine dell’”Origine”, volendo evitare le polemiche che ne sarebbero sorte se ci avesse sottoposti alla selezione naturale e classificati come animali. Ma il sott’inteso era sin troppo evidente e dodici anni dopo il grande naturalista dedicò un intero libro all’uomo.
Molta luce si è fatta da allora sulle nostre origini, ma molto resta indubbiamente da fare.
I colleghi del CARS di Altamura, assieme a 3 altri speleologi provenienti da Bari hanno reso un contributo alla conoscenza scoprendo il 3 ottobre 1993 lo scheletro di un uomo di Neanderthal nella Grotta di Lamalunga, una cavità nelle alte Murge nota sin dal 1989. Ancora una volta una grotta, in virtù delle condizioni conservative date dalla difficile accessibilità, dalla stabilità termica, dalla umidità costante e dall’assenza di radiazione elettromagnetica, ci ha restituito un remoto reperto appartenente a un nostro simile da collocare nel “cespuglio” dell’evoluzione. Un ulteriore piccolo raggio di luce a illuminare il nostro passato.
Nella grotta sono presenti diversi resti faunistici sparsi su gran parte della superficie della grotta, rappresentati da cervidi, bovidi, equini, iena, lupo e volpe. In origine dovevano esservi altri accessi, oltre l’unico oggi esistente. Si può pensare a un pozzo carsico trasformato in trappola naturale a giudicare dai quei resti animali sparsi sul fondo della grotta profonda pochi metri, e anche da quell’ancestrale uomo, che sembra essersi trascinato, con il radio e una scapola fratturata, fino al fondo di uno stretto cunicolo, forse alla ricerca di una via di uscita.
La perfetta conservazione fa di questo il più completo reperto di H. neanderthalensis del mondo. Questo nostro parente molte decine di migliaia di anni fa, quando ancora non aveva incontrato H. sapiens (noi), deve essere caduto in questa trappola verticale e deve essere morto di stenti nel tentativo di trovare una via di uscita. Immagino l’emozione dei colleghi nel trovarsi davanti a questa commovente unicità paleo-antropologica.
Il concrezionamento che ha incrostato le ossa ha permesso al prof. Giorgio Manzi di eseguire una analisi Uranio-Torio e collocare quel misterioso cranio tra i 132.000 e i 170.000 anni fa.
L’estrazione del DNA ne ha consentito la certa attribuzione neanderthaliana.
Non entro nel delicato capitolo della gestione, che immagino complessa e controversa, della grotta e del suo prezioso contenuto. Lascio a rappresentanti del CARS eventualmente in linea l’opzione di informare in proposito
Mi interessava con questa nota sottolineare ancora una volta quali e quanti contributi di conoscenza regala al mondo la disciplina speleologica quando allo slancio tecnico-sportivo unisce l’impegno esplorativo e di ricerca.
(nelle foto, olte al nostro H neanderthalensis, anche l’indicazione per il centro dove si può vedere un filmato relativo alla sua scoperta)

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