In tempi come questi la proliferazione di progetti per microimpianti idroelettrici in definitiva non può che fare piacere: energia pulita e rinnovabile. Saranno le incentivazioni energetiche, sarà la crisi, sarà che raschiamo il barile ? Poco importa. Si studino e se ne valutino le fattibilità secondo bilanci non solo economici, quanto ambientali. Si, perché è proprio nella caratteristica di “micro” impianto che possono nascondersi impatti ambientali notevoli, se consideriamo il regime dei corsi d’acqua (e dunque la vita biologica) da cui dovrebbero alimentarsi. Presa d’acqua, condotta in pressione e, più a valle, microturbina che produce energia e rilascia la stessa acqua catturata a monte. Bene, ottimo anzi: verificato che il funzionamento del sistema non influisca sul “Minimo Deflusso Vitale” (MDV) di quel corso d’acqua (portata residua, in grado di permettere a breve e a lungo termine, la salvaguardia della normale struttura naturale dell’alveo e, di conseguenza, la presenza di una biocenosi che corrisponda alle condizioni naturali). Ce lo dice il buonsenso, ma anche la famigerata (per noi speleologi) legge 152.
E allora, che abbiamo da temere noi speleologi? Molto, anzi moltissimo, se questi progetti cominciano ad interessarsi anche a bacini che interferiscono con l’idrogeologia carsica.
E’ di questi giorni, infatti, che tra le tante richieste di concessione di derivazione di acque pubbliche a scopi idroelettrici sono spuntati (pare) ben 2 progetti concorrenti che sfrutterebbero le acque del Torrente Lucola, captandole a monte dell’area di ricarica principale che alimenta le sorgenti carsiche di Poiano. Queste sono le più grandi sorgenti carsiche dell’Appennino settentrionale, con una portata media superiore a 400 l/sec. Per la loro caratteristica di essere abbastanza “salate” sono state sottoposte ad analisi e studi scientifici da oltre 150 anni e costituiscono una delle più suggestive e peculiari “porte” del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Le più recenti conoscenze circa il loro comportamento idrodinamico e idrochimico hanno limitato il bacino di alimentazione delle Fonti agli affioramenti evaporitici compresi tra il F. Secchia, il Rio di Sologno e il T. Lucola, quest’ultimo fortemente maggioritario (prove di colorazione diretta hanno indicato in poco piu’ di 3 giorni il tempo di percorrenza delle acque catturate dal Lucola da parte dell’acquifero di Poiano). Secondo il più recente ed accreditato modello (*) dunque, una eventuale captazione delle acque del T. Lucola collocata a monte della zona di ricarica avrebbe come conseguenza diretta la diminuzione della portata complessiva alle Fonti di Poiano (con probabile aumento dei cloruri in soluzione).

Ma chi deve ed è in grado di valutare questo potenziale impatto, prima di avviare pratiche di concessione per opere che per loro caratteristica si configurano poi come ” opere di pubblica utilità ” ???

Mauro Chiesi

(*) Il Progetto Trias, studi e ricerche sulle evaporiti triassiche dell’alta Val di Secchia e sull’acquifero carsico di Poiano”, Società Speleologica Italiana, Memorie dell’Istituto Italiano di Speleologia, S. II, vol. XXII, 2009

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