“Niente da fare, qui c’è un sifone, non si passa.” Grido ai miei compagni poco sopra, mentre guardo la condotta sommersa nell’acqua turchese, ipnotizzato dalla sua bellezza e allo stesso tempo amareggiato del fatto che più avanti non si va. Almeno, non per questa strada.
Manca poco, davvero pochi metri per raggiungere il Veliko. Sarebbe un bel colpo unire questa grotta – l’abisso Egidio – al sistema più esteso del lato sloveno del monte Canin, il leggendario Veliko Sbrego. Non solo ne verrebbe fuori uno sviluppo complessivo di oltre 17 km, ma, considerando che l’ingresso di Egidio si trova a quota 2225 sul livello del mare, si porterebbe la profondità della grotta a quasi 1400 m. Però, con i se e con i ma…
Disarmo l’ultimo tratto di corda mentre Roberto si infila in una galleria laterale poco più in alto. È la nostra unica speranza prima di doverci cimentare in impegnative risalite in artificiale. Deve pur esserci un passaggio da qualche parte: troppa aria, troppo vento per finire così, in un sifone. Il problema è: dove? E di quante energie, tempo e materiali avremo bisogno per trovarlo? Tutte cose, oltretutto, che qui a meno mille non abbondano di certo.
Quello che non manca, però, è l’entusiasmo: “Di qua non sembra male.” Mi grida poco dopo Roberto. Lo seguo con trapano e corde, mentre Mitja, Aleš e Ana vanno a rilevare il ramo sifonante. “Più in là c’è un pozzo. – Continua Roberto, con un entusiasmo un po’ cauto – Non sembra male.” Ribadisce nuovamente. Non so se credergli, però. E poi, a noi non interessa scendere: più in basso del livello dell’acqua non andiamo di sicuro. Ci interessa piuttosto andare avanti, aggirare quell’inequivocabile sbarramento che ci ha costretti al dietrofront. Del resto lo capisco: se c’è qualcuno che tiene più di tutti a questa giunzione è proprio lui, lo scopritore di entrambe le grotte, una persona che ha dedicato una vita di passione e di impegno alla ricerca degli abissi più spettacolari di questo altipiano. E ora non vuole darsi per vinto, vuole crederci fino in fondo che la via per il Veliko c’è, e che la troveremo oggi.

Gli passo il materiale da armo e mi siedo a fare uno spuntino, approfittando del momento di sosta. Guardo verso l’alto, non riesco nemmeno a vedere la cima del meandrone. Già lo so: toccherà a me arrampicare nella vana speranza di trovare un passaggio lassù. Roberto finisce di piantare l’ultimo fix e inizia a calarsi. Secondo me è tempo perso, converrebbe piuttosto traversare verso quella finestra dall’altra parte; comunque tentar non nuoce e scendere è sicuramente più facile che traversare. Do un ultimo morso alla barretta e richiudo il sacchetto personale. Mi sporgo sull’orlo del salto e guardo giù. Lui è fermo su un grande terrazzo a pochi metri da quello che sembra il fondo del pozzo. Qualche istante di silenzio, si guarda intorno, fermo. Dopo un po’, con la voce tremante di chi sta facendo un grande sforzo a trattenersi: “Ti posso dare una notizia?” Mi chiede da sotto. Ho già capito tutto, non mi serve nemmeno la conferma.

Il momento della giunzione

“Siamo in Veliko Sbrego!!!” Un grido di gioia rimbomba dal fondo del pozzo, mentre io gli faccio eco immediatamente. Non ci posso credere! Chiamo subito gli altri compagni: “È fatta! Ci siamo! Abbiamo trovato la connessione! Venite, venite di qua!” Scendo immediatamente. Finalmente posso vedere di persona le meraviglie di cui avevo tanto sentito parlare; finalmente posso metter piede in questa grotta leggendaria che ha fatto la storia della speleologia.
“Questo è Rio Kubo, vedi – mi indica il fiume che scorre poco sotto di noi e la vecchia corda lasciata lì per facilitare il passaggio – Più avanti c’è il tobogan, poi le Gallerie del Santo Bevitore e il Canyon Acqualung è poco più in là.” Ci raduniamo tutti e cinque sul bordo di una piccola pozza di acqua limpidissima. La roccia è talmente bianca da sembrar brillare di luce propria, decorata da una miriade di scallops su tutti i lati: magnifico.
“Sono davvero, davvero contento!” Annuncia Mitja con un sorriso a trentadue denti. Come dargli torto, lo sono anch’io, veramente tanto. Posso solo immaginare la soddisfazione di chi ha lavorato a questo progetto anno dopo anno, tra speranze e delusioni, intuizioni ed errori, fino a trovarsi qui, ora, al coronamento di un obiettivo così importante.
Da oggi, con i suoi -1398, il complesso Veliko – Egidio è secondo solo al vicino Ceki 2 per profondità in tutta la Slovenia, come se i suoi 17.5 km di sviluppo non bastassero già a renderlo un sistema di tutto rispetto!

Il rilievo 3D del complesso

Facciamo un breve giro “turistico” lungo Rio Kubo, tra laghetti turchesi e cascate rombanti, ma ben presto siamo costretti a girarci per mancanza di materiale. Ci sarà sicuro occasione di fare il fondo un’altra volta: per il momento l’avventura che abbiamo nei sacchi – e soprattutto nel cuore – è già a dir poco incredibile! È il momento di tornare, raccontare e, soprattutto, festeggiare!

Alberto Dal Maso

Partecipanti:
Roberto Antonini, Alberto Dal Maso, Mitja Mrsec, Ales Strukelj, Ana Makovec

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