Dopo due anni di tentativi andati a vuoto a causa delle piene, gli speleologi sono riusciti a realizzare il sogno che accarezzavano da oltre 40 anni: entrare nel cuore del Supramonte Occidentale. La nuova condotta subacquea, esplorata nei giorni scorsi da Toddy Waelde, é stata dedicata a Giovanni Badino, e continua inesplorata verso sud.

Supramonte occidentale speleosub Toddy
Inizia l'immersione di Toddy - Foto di Vittorio Crobu

Il 18 Agosto, accedendo dalla grotta di Mussin Tomasu (0497 SA/NU – Grotta Peppino Ladu) nei pressi di Oliena, 300 m a Sud della sorgente di Su Gologone (ad oggi considerata chiusa), Thorsten Waelde, lo speleosub tedesco che da anni vive in Sardegna, é riuscito a violare la porta d’accesso all’acquifero carsico profondo del Supramonte occidentale, a monte della Risorgenza di Su Gologone, raggiungendo gallerie profonde oltre 120 metri sotto il livello di sfioro della sorgente, con sezioni ellissoidali di circa
40 metri quadri, costellate di scallops, che si addentrano verso Sud, dentro il cuore del Supramonte.
La galleria, intitolata a Giovanni Badino, continua con dimensioni sempre notevoli, verso il sistema di Su Bentu – Sa Oche che dista circa 4 km.
Secondo Francesco Murgia, geologo, studioso di queste zone insieme a Giovanni Badino e Bobore Frau, “questa la più importante indagine diretta sinora eseguita sull’idrodinamica profonda che interessa l’acquifero carsico del Supramonte e le sorgenti di Su Gologone”.
La ricerca, organizzata e voluta da Maria Giuseppina Masuri, apre la via a nuove importanti esplorazioni ad un sistema sotterraneo sconosciuto, ma esteso almeno per 21 km.

Già dagli anni ’50 i geologi iniziarono a pensare che ci potesse essere un collegamento sotterraneo tra alcune grotte del Supramonte di Urzulei, e la sorgente di Su Gologone, lontana 21 chilometri in linea d’aria

I tracciamenti e lo studio dei tempi di percorrenza delle acque svelarono che esiste un mostro sotterraneo che attraversa il Supramonte Occidentale e che ha Su Gologone come unica risorgenza.

Di seguito, l’analisi preliminare dei risultati della scoperta, di Francesco Murgia, geologo, profondo conoscitore del Supramonte e studioso dei fenomeni legati alle acque sotterranee, e infine la storia delle esplorazioni del Supramonte Occidentale.

Relazione tecnica preliminare, di Francesco Murgia

Esplorazione Supramonte Occidentale
Sezione della grotta Mussin Tomasu

Considero l’esplorazione della condotta “Giovanni Badino” della grotta di Mussin Tomasu, eseguita da Toddy Waelde il 18 Agosto scorso, come la più importante indagine diretta sinora eseguita sull’idrodinamica profonda che interessa l’acquifero carsico del Supramonte e le sorgenti di Su Gologone.

Le differenti condizioni di torbidità osservate lungo tutta la galleria allagata dimostrano come la condotta dreni, in profondità, le acque provenienti dal cuore dell’acquifero carsico. Dal tratto più profondo della condotta i deflussi idrici sotterranei transitano, poi, nella diramazione ancora parzialmente esplorata individuata a -20 m slm che si addentra verso la sorgente di Su Gologone. Gli ultimi 30 metri di condotta verticale verso l’ingresso della grotta, invece, contengono acque sostanzialmente “ferme” e, quindi, più torbide. Queste acque sono interessate dalla dinamica idrica, e completamente rinnovate, solo in occasione delle piene che interessano la cavità.

Altre importanti osservazioni preliminari si possono dedurre considerando la grandezza, le forme e le profondità rilevate nella condotta carsica: tali fattori, insieme, indicano come la galleria si sia formata, assai probabilmente, in un periodo caratterizzato da un regime idrico vadoso o epifreatico, ovvero dallo scorrere di acque prevalentemente “a pelo libero”
entro l’acquifero. Considerata la presenza e le età dei basalti del Gollei che fronteggiano l’area delle sorgenti carsiche nonché le possibili interferenze tra eruzioni basaltiche ed acquifero, è possibile affermare che la condotta “Giovanni Badino” si sia formata prima dell’emissione delle vulcaniti e, quindi, in un periodo precedente ai 2,4 milioni di anni fa.

Tutte queste rilevazioni confermano le tesi elaborate dal sottoscritto, da Giovanni Badino e da Bobore Frau in alcune recenti pubblicazioni scientifiche sui circuiti di drenaggio idrico profondo che connettono l’acquifero del Supramonte alle sorgenti di Su Gologone.

Le prossime esplorazioni consentiranno di eseguire ulteriori approfondimenti sull’idrodinamica del “cuore liquido” del Supramonte e di disporre di ulteriori elementi conoscitivi utili per la salvaguardia e la tutela del Monumento Naturale delle Sorgenti di Su Gologone.

La ferma volontà di Maria Giuseppina Masuri e la grande capacità tecnica di Toddy Waelde hanno consentito di spalancare la grande porta d’accesso al sistema carsico del Supramonte: al momento ci si è solo affacciati all’ingresso del grande sentiero sommerso ma la via, ora, è finalmente aperta.

Storia delle esplorazioni del Supramonte Occidentale

Grazie alle informazioni bibliografiche, abbiamo ricostruito la successione di esplorazioni che hanno portato alla scoperta di pochi giorni fa.
Quaranta anni fa si conoscevano pochissime grotte nella zona di Oliena: Su Bentu, Sa Oche e altre piccole grotte come questa di Mussin Tomasu, che si sta rivelando la porta di accesso dell’intero sistema.
Gli speleologi erano a conoscenza del collegamento sotterraneo, ma c’era il problema di come riuscire ad esplorare queste condotte sotto i calcari del Supramonte. Già dagli anni ’70, con le tecniche speleosubacquee dell’epoca, si provò ad esplorare il sistema immergendosi nella sorgente di Su Gologone, cioè da valle, la via più evidente e più facile da raggiungere e da seguire. Dal 1981 al 2012 molti grandi nomi della speleosubacquea europea si sono cimentati in questa sorgente:
Nel 1989 lo svizzero Olivier Isler arrivò a -80 m, e in collaborazione con Patrick Jolivet, nel 1992 arrivò a -104 m.Nello stesso anno, Isler tentò di battere anche questo nuovo record, ma una piena imprevista e un incidente tolsero la vita a Jacques Brasey e l’impresa fu abbandonata.Le esplorazioni di Isler a Su Gologone terminarono nel 1998 con la profondità di -107m.
Nel 2010 durante una esplorazione a -135 m di Alberto Cavedon, la risorgenza di Su Gologone si prese un altro speleosub, Paolo Costa, che morì in immersione per un malore, come racconta anche il drammatico documentario “Su Gogologone, dove la terra si spacca”.
Nel 2012 l’esplorazione dal lato di Su Gologone si interruppe, quando Cavedon si fermò a 131 m dall’ingresso, in una strettoia impraticabile che all’apparenza segna la fine dell’esplorazione lato valle.
In realtà la grande profondità a cui si è giunti impedisce lunghe permanenze subacquee, ma non è escluso che possa esistere un passaggio più agevole che possa superare la strettoia e ricongiungersi più a monte con un ramo laterale poco evidente

Arrivati ad un punto morto nelle esplorazioni, gli speleologi hanno iniziato a cercare nelle grotte comprese tra Su Bentu e la risorgenza di Su Gologone per cercare una via di accesso intermedia. Già si conosceva abbastanza Su Bentu, e le immersioni di Leo Fancello nel 2000 avevano svelato l’esistenza di grandi vuoti e una rete idrica complessa, ma la distanza dalla sorgente era troppo grande per immaginare una esplorazione così profonda. A quel punto gli esploratori si concentrarono sulla Grotta di Mussin Tomasu, sicuramente collegata a Su Gologone poichè risentiva delle stesse variazioni di livello durante le piene.

Nel 1981 ci provò Patrick Penez e arrivò a -57 m. Nel 1982 Francis le Guen si spinse fino a -63 m, e pochi anni fa Toddy Waelde fece il suo primo tentativo in questa grotta, fermandosi a una profondità di -80 metri, scoprendo gallerie che proseguivano sia in direzione della sorgente, che verso monte. La scoperta rivelò che Mussin Tomasu poteva essere la chiave di accesso all’intero sistema.

L’esplorazione di Agosto 2019

La preparazione di una nuova esplorazione, è così partita nei primi mesi di quest’anno, quando gli speleologi, con punte successive, hanno predisposto sagole, materiali, bombole, armi per la sicura progressione delle persone, e allestito due stazioni di decompressione a -6 e -21 metri.

Dopo un lungo periodo di piogge, è stato finalmente possibile programmare l’esplorazione di Toddy Waelde che si è immerso alle 11.50 del 18 agosto per riemergere alle 16.37. A raccontarlo in un post su Facebook é Giuseppina Masuri, organizzatrice della spedizione , che descrive ciò che lo Speleosub ha scoperto:

“I primi 30m si sviluppano in frattura, a pozzo verticale con una visibilità ridotta. A seguire, fino a -80m la visibilità migliora, ma non è certo perfetta ed la condotta “GIOVANNI BADINO” a cominciare dai -30m comincia dolcemente a digradare. Alla quota di -80m la condotta di divide in 2.
Una in direzione sud, e l’altra ad ovest. Toddy continua a percorrere la condotta Giovanni Badino a sud che ha una forma a ellisse, larga circa 6m e alta circa 3 m. Il pavimento è formato da pietrame calcareo di varia grandezza e forma. Sulle pareti sono presenti scallops non molto grandi.
Acqua finalmente cristallina. -124 m e sotto di lui il nero più profondo.
A -80 comincia la sua decompressione, approfitta per dare uno sguardo all’altra galleria che rimane abbastanza nascosta da un masso e da pietrame, con un ingresso di circa 1x 1m, dalla forma più o meno circolare. Superato il masso la galleria subito si apre, e si getta nel nero più profondo, direzione Su Gologone”

A quanto pare, il Supramonte Occidentale ha ancora tanto da raccontare e svelare, Scintilena insieme ai suoi lettori tratterrà il fiato in attesa di pubblicare i nuovi capitoli di questa avvincente epopea di esplorazioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *