Igor D'India appena uscito dalla grotta, assistito dai tecnici del Sass

“Una doccia e un piatto di spaghetti”. Sono questi primi due desideri espressi da Igor D’India dopo 30 giorni dei permanenza nella “Grotta del pidocchio”, a Monte Pellegrino. Il filmaker palermitano era sceso il 25 marzo nell’antro, a 25 metri di profondità, con una temperatura costante di 18 gradi e il 100 per cento di umidità. A disposizione per muoversi ha avuto solo un “campo” di sei metri quadrati attrezzato con branda, fornellino, un bagno chimico e una riserva di acqua e viveri. Leggermente dimagrito, barba lunga, frastornato dal ritorno in superficie dopo un mese di buio e silenzio, appena uscito Igor ha ammesso di aver patito un po’ la fame ed ha chiesto un panino con panelle dal vicino santuario di Santa Rosalia. Per evitare l’impatto violento con la luce e acclimatarsi, prima di uscire Igor ha indossato un occhiale schermato. “E’ stata un’esperienza forte – ha detto – soprattutto quando c’è stato il terremoto ed io, percependo l’onda d’urto nel sottosuolo, ho pensato a una frana”. “Non volevo superare record – ha spiegato il filmaker ventisettenne – ma mettermi alla prova in un ambiente particolare come la grotta facendo un’esperienza concreta e utile per il mio lavoro di documentarista”.
Lo “speleonauta” è stato controllato a distanza 24 ore su 24 da uno staff del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico con tre operatori radio che si alternano nei turni di guardia per i contatti, un medico e tre tecnici pronti a raggiungerlo in pochi minuti. I volontari del Cnsas Sicilia hanno garantito, oltre ai contatti radio, anche il trasferimento di materiale da e per la grotta con un sistema di corde e carrucole. Comprese le riprese e i “pizzini” con le sue impressioni che vengono pubblicati regolarmente sul sito www.igordindia.it/myblog (sito dove si possono scaricare anche brevi filmati).
Dello staff di Igor D’India facevano parte anche un dietologo-nutrizionista, uno psicologo, un personal trainer, tre addetti alla documentazione e un addetto alla gestione del blog.
In grotta per il monitoraggio ambientale erano stati installati un sensore di temperatura e una sofisticata strumentazione (fornite dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) che registrava la quantità di anidride carbonica presente nell’aria. Questo non solo per garantire la sicurezza dello “speleonauta” ma anche per monitorare i cambiamenti ambientali indotti dalla sua presenza.

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