Il gesto sacrilego riconduce a speleologi italiani dell’UAAR, Unione Atei e Agnostici Recidivi

Nella notte tra il 31 marzo e il primo aprile 2017 qualcuno si è introdotto dall’alto con tecniche speleologiche all’interno della Grotta di Lourdes, in Francia, profanandola.

Il primo ad accorgersi dell’intrusione è stato il guardiano della Sacra Grotta che ha visto penzolare una corda dalla volta del cavernone di ingresso direttamente dentro l’area di accesso alle vasche di abluzione.
Ad un primo esame non sono stati sottratti soldi dalla cassa, ne sembravano esserci altri segni di passaggio, se non un forte odore di zolfo che ristagnava pervicacemente all’interno della grotta.
I primi fedeli giunti davanti alla Statua della Madonna di Lourdes hanno intonato inni, canti, salmi e recitato 2548 rosari, convinti che l’odore di zolfo stia a testimoniare tutta la gravità del gesto che trae origine dal Maligno.

Poco dopo le prime abluzioni, un fedele giunto a Lourdes per curarsi un brutto mal di gola, dopo aver messo in bocca l’acqua per i gargarirsmi, ha cominciato a gridare gioioso al Miracolo: l’acqua si era tramutata in vino!
Gli addetti alla sicurezza hanno circoscritto l’area dopo che circa duemila fedeli si erano tuffati con boccioni e catinelle per fare incetta del prezioso nettare; dopo aver ristabilito l’ordine, è stato interpellato il prete del vicino villaggio, Don Perignon, molto conosciuto anche oltre confine per la sua eccezionale conoscenza della materia enologica.
Il prelato, dopo aver esaminato colore, corposità, trasparenza e gusto del vino, ha sentenziato inequivocabilmente che si trattava di Cagnina, vino amabile prodotto in Italia nella zona delle colline romagnole.

Gli inquirenti del Santo Uffizio hanno consultato i Vescovi dell’Italia Centrale se avessero idea di chi avrebbe potuto perpetrare un simile misfatto: piratare una grotta Sacra con tecniche speleologiche per sostituire l’acqua con il vino, uno scherzo di cattivo gusto che dileggia la credulità religiosa, e la segnalazione non è passata inosservata al Vescovo di Forlì che recentemente ha sbattezzato uno speleologo dedito a concerti rock e raduni satanici dove da un banchetto abusivo dispensa cagnina e altre bevande inique.

Nella mattinata di oggi i Carabinieri hanno fatto irruzione nell’abitazione dello speleologo, protetta da tre ferocissimi mastini, e al piano terra hanno rinvenuto un laboratorio di produzione di alcool e ingenti quantità di superalcoolici fabbricati in clandestinità, già confezionati in bottiglie colorate di ogni forma e genere.
Dopo aver perquisito la casa sconsacrata, i carabinieri si sono recati nell’abitazione di una coppia di speleologi emiliani, dove dopo una rapida perquisizione sono state trovate bombole, maschere antigas e un enorme puzzo di zolfo. Proprio l’indizio della puzza di zolfo è un’altra prova che gioca a sfavore della coppia, soprattutto le colpe potrebbero ricadere sull’uomo, in quanto la sua barba sembra essere permeata di malefici miasmi solfitici a causa degli ambienti poco igienici frequentati nel tempo libero.

Non si conosce il movente dell’azione sacrilega, anche se i due stanno cercando di alleggerire la loro posizione: avrebbero dichiarato “volevamo far contenti i pellegrini”.

Le indagini comunque proseguono, e l’azione delle forze dell’ordine non esclude il concorso di matrice terroristica in quanto negli interrogatori sembra essere uscito fuori anche il nome di un TaleBani, residente a Città di Castello, tuttora irreperibile e fuggiasco al vicino Monte Nerone dove il Tale Bani avrebbe utilizzato grotte, anfratti e ricoveri di pastori come rifugio e nascondiglio.

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