La pubblicazione della lettera in opposizione alla proposta di legge n.451 sulla riduzione dei confini del Parco Naturale Regionale della Lessinia, ha aperto il dibattito sulla pagina facebook dedicata all’Abisso. Per fare chiarezza, Francesco Sauro e Alessandro Anderloni replicano punto per punto alle accuse di inesattezze e critiche mosse al contenuto della lettera e alla speleologia stessa: dall’ambiguità sulla posizione cartografica di Spluga della Preta alle reali protezioni legislative di cui attualmente gode, fino alle potenziali conseguenze per la sua biodiversità se tali protezioni venissero meno. E in risposta al presunto impatto ambientale delle esplorazioni, alcuni dati sulle iniziative di tutela messe in campo nella Regione proprio dagli speleologi.

Spluga della Preta, l'Abisso
Immagine tratta dalla proposta di legge regionale n. 451 presentata dai consiglieri Valdegamberi, Montagnoli e Corsi.

Riteniamo necessario fare un po’ di chiarezza sul dibattito apertosi sulla pagina Facebook @Splugadellapreta in seguito alla pubblicazione da parte di scintilena.com della lettera di 107 associazioni sulla proposta di legge n. 451 dei consiglieri regionali del Veneto Valdegamberi, Montagnoli e Corsi.

La speleologia mondiale sarà felice di leggere, nei commenti che il consigliere Stefano Valdegamberi ha lasciato su quella pagina, la dichiarazione che la Spluga della Preta resterà all’interno del Parco della Lessinia. Immaginiamo sarà una chiarificazione che verrà espressa ufficialmente nella riunione della Commissione Ambiente della Regione Veneto prevista per domani (9 gennaio 2020). La cartografia allegata alla proposta di legge n. 451 presentata dai consiglieri Valdegamberi, Montagnoli e Corsi è quindi evidentemente sbagliata. Infatti, come si evince dall’immagine allegata (tratta dalla sopra citata cartografia a sua volta allegata alla proposta di legge) l’ingresso della Spluga della Preta (punto rosa) si trova all’interno di un cerchio bianco di cui non c’è alcuna spiegazione in legenda, facendo intendere che si tratta di un’esclusione dall’area protetta del Parco. Ma c’è di più. Come gli speleologici ben sanno, la grotta si sviluppa principalmente in direzione nord-ovest (linee rosa) e si trova quindi al di sotto della zona che la proposta di legge n. 451 intende togliere dal territorio protetto del Parco della Lessinia per trasformarla in area contigua (area viola). Dalle parole del consigliere Valdegamberi si intuisce quindi che verranno fatte correzioni alla cartografia, lasciando quindi all’interno del Parco sia l’ingresso della Spluga della Preta che il territorio dove essa si sviluppa nel sottosuolo. La comunità speleologica ne prenderà atto positivamente.

Un secondo chiarimento riguarda le norme di protezione attualmente vigenti sulla Spluga della Preta. La grotta purtroppo non si trova in una zona Rete Natura 2000 (che comprende nel Comune di Sant’Anna d’Alfaedo solo il Ponte di Veja e in quello di Fumane le Cascate di Molina), pertanto le norme di protezione indicate in uno dei post pubblicati sulla pagina @Splugadellapreta non sono applicabili. Si applicano bensì le norme di protezione del Piano Ambientale del Parco della Lessinia. Senza il Parco, l’area rimarrebbe in un limbo legislativo. La Spluga della Preta sarebbe riconosciuta come “geosito” dalla Regione Veneto, ma non vi sarebbe alcuna normativa di protezione a riguardo.

Le norme del Piano Ambientale del Parco prevedono che l’accesso alle grotte sia regolamentato e focalizzato alle attività di ricerca e di esplorazione, e prevede il divieto di campionamento biologico di specie endemiche uniche al mondo, come l’Italaphaenops dimaioi. Se la proposta di legge n. 451 presentata dai consiglieri Valdegamberi, Montagnoli e Corsi venisse approvata così com’è stata presentata, circa altre quaranta grotte che si trovano nei “vaj” e sulle aree di dorsale rimarrebbero al di fuori del Parco e non godrebbero più di tale protezione, se non per la norma temporanea inserita nella proposta, che poi andrebbe necessariamente rivista. Senza un coinvolgimento degli speleologi, gli unici a poter dire di conoscere direttamente i territori sotterranei, il rischio è quindi che si vada incontro a una diminuzione della tutela.

Si aggiunge che in passato alcune cavità sono state depredate della loro fauna da collezionisti e venditori, provenienti anche da paesi stranieri, con un danno enorme per la biodiversità. L’unico strumento per preservarle al momento sono le norme del Piano Ambientale del Parco della Lessinia. Si veda, ad esempio, la Grotta dell’Arena, chiusa con doppio cancello stagno proprio dal Parco, o le grotte dei Cóvoli di Velo, anch’esse chiuse da dei cancelli da parte dell’Ente Parco. La permanenza dell’ingresso della Spluga della Preta e del suo sviluppo sotterraneo all’interno del Parco è quindi lo strumento corretto per mantenere una regolamentazione e un controllo che altrimenti verrebbe meno. In questi anni la Commissione Speleologica Veronese ha coordinato le attività in tale contesto, sempre in accordo con l’Ente Parco e con i Comuni della Lessinia, e spesso in stretta collaborazione anche per operazioni di monitoraggio, di pulizia e di messa in sicurezza.

Un altro chiarimento riguarda, infine, l’attività degli speleologi e il possibile danno ambientale sollevato dal sig. Andrea Fantoni sulla stessa pagina Facebook @Splugadellapreta. La speleologia veneta, coordinata dalla federazione regionale, ha un’attenzione molto avanzata alle modalità in cui vengono svolte le visite alle cavità della regione, con il principio del minor impatto possibile. Le esplorazioni fatte dagli speleologi sono proprio la base per conoscere questi ambienti e quindi per proteggerli. Bastino come esempio le innumerevoli manifestazioni di sensibilizzazione pubblica e le operazioni di pulizia di abissi dei Monti Lessini che sono stati negli anni usati come discariche. Gli speleologi della Commissione Speleologica Veneta hanno in questi anni recuperato oltre 20 tonnellate di immondizia sotterranea nelle grotte del Parco della Lessinia (Camporotondo, Luon, Varalta, Carpene, Abisso degli Scheletri, Buso dei Parpari) attraverso attività di puro volontariato, con operazioni non semplici e a volte rischiose, per il bene della comunità e la salvaguardia delle acque sotterranee. Non è certo la comunità speleologica a essere un rischio per il patrimonio carsico della Lessinia, e le regolamentazioni per proteggere le grotte e per coordinare una speleologia di tipo protezionistico scientifico ci sono già, e fanno capo all’Ente Parco della Lessinia, senza il quale verrebbero a mancare.

Francesco Sauro, speleologo e geologo
Alessandro Anderloni, regista del film “L’abisso”

Vedi anche:
http://www.scintilena.com/la-spluga-della-preta-rischia-di-uscire-dai-confini-del-parco-della-lessinia-2/01/08/
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10157691865599519&id=94491654518

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