di Euro Puletti

Del 1517 è, secondo una tradizione scritta, la data più antica, tracciata da un anonimo esploratore all’interno della Grotta del Monte Cucco.
Nel 1551 dovrebbe aver esplorato la Grotta messer Ludovico Carbone da Costacciaro, umanista, filosofo e poligrafo di fama internazionale.
Nello stesso 1551 visitò la grotta, forse insieme allo stesso Carbone, un tale che si firmava “Bera”, probabile diminutivo di “Berardino”, altro nome con il quale veniva chiamato Padre Bernardino Boldrini da Costacciaro, teologo francescano di fama nazionale.
È del 1555 la terza visita documentata di un certo Adromando, il quale potrebbe facilmente identificarsi con messer Ghigi Adramando (o Adromando) da Costacciaro, capitano di ventura nell’esercito dell’Imperatore Carlo V nelle Fiandre.
L’11 agosto del 1604 discende nella Grotta un ignoto personaggio di nome Mutio Flore.
È del 1637 la perlustrazione della cavità, “a caccia di streghe”, da parte di Vincenzo Maria Cimarelli, frate domenicano, insigne storico, maestro di umane lettere, ed inquisitore del Santo Uffizio a Gubbio. Altri due anonimi esploratori tracciano la data della loro investigazione, rispettivamente nel 1640, all’interno della Sala Cattedrale, e nel 1642, dentro la Sala Margherita.
Il 28 luglio 1670 Tommaso Agostino Benigni di Fabriano, gentiluomo ed erudito, fa da guida a tredici altri fabrianesi in una spedizione alla Grotta. È, questa, la prima esplorazione, in ordine di tempo, finora attestata, da un resoconto di visita, alla caverna di Monte Cucco. Da un discorso pubblico, tenuto in occasione del carnevale di quell’anno, all’Accademia dei Disuniti della “Città della Carta”, la relazione di visita manoscritta attende fino al 1922 per essere, infine, data alle stampe da parte del marchese cavalier Costantino Benigni Olivieri, il quale, volle, nell’occasione, dedicarla alla Società escursionisti fabrianesi (Sef) ed al suo presidente onorario, senatore commendator Giambattista Miliani, in concomitanza con l’inaugurazione della “mitica” scala d’accesso in ferro alla Grotta di Monte Cucco, inaugurazione avvenuta proprio in quell’anno.
Nel corso del 1720, il conte Girolamo Gabrielli di Gubbio, nobiluomo ed erudito, guidato da alcuni ignoti abitanti delle nostre parti, da lui definiti addirittura “condottieri”, si cimentò, nell’indagine della Grotta fino all’attuale Sala Margherita. Egli ci lascerà una dettagliatissima relazione epistolare scritta, nel 1745, all’abbate Giambattista Passeri, nella quale gli descrive tutto ciò che osservò, con “intelletto d’amore”, nelle Grotte di Monte Cucco. Gabrielli fu il primo ad enunciare una, sia pure ingenua, teoria speleogenetica: “quella dei “fiati racchiusi” e “dei crolli successivi di materia caduta dall’alto”.
Nel corso della seconda metà del XVIII secolo è la volta di Giovanni Battista Casini da Fabriano. Abate silvestrino, umanista e naturalista d’eccezione, Casini fu, probabilmente, il vero ed autentico antesignano, verso la fine del XVIII secolo, dell’esplorazione scientifica alla Grotta di Monte Cucco. Questi, infatti, intinto com’era di cultura illuministica, dunque apertissimo alle novità della scienza moderna, enunciò, nel suo resoconto di visita, principi innovatori di geologia, geomorfologia, biospeleologia, paleontologia e climatologia. Il suo “rapporto” scientifico, però, letto, riletto e studiato da molti nel passato, come il dotto fabrianese Oreste Marcoaldi che ne parla in una sua opera datata 1874, non lo si possiede più nella sua versione originaria ed integrale.
Giovanni Girolamo Carli, grande erudito e scrittore illuminista, d’origine senese, Massarello Massarelli Fauni da Costacciaro, dotto scrittore e uomo politico locale, ed il marchese eugubino Giovanni Francesco Galeotti della Zecca, uomo colto, ricco ed intraprendente, esplorano, probabilmente insieme, la Grotta, nel corso del Settecento inoltrato.
Sono, oramai, gli interessi più dichiaratamente scientifici ad animare, nell’Ottocento, la più parte degli esploratori della Grotta di Monte Cucco. Due storici, l’uno generale e l’altro locale, si provano (seconda metà e fine Ottocento) nella difficile calata, sulla fune, dei trenta metri del pozzo d’ingresso alla Grotta del Cucco. Essi sono Ferdinando Gregorovius da Neidenburg (Germania), celeberrimo viaggiatore, storico e poligrafo germanico, il quale rimarrà letteralmente estasiato dalle bellezze sotterranee del Cucco, tanto da affermare, in un’epistola del 1856, di non aver mai veduto nulla di simile in nessun altro luogo sotterraneo anteriormente visitato e Ruggero Guerrieri da Gualdo Tadino, erudito e storico di Gualdo.
Il 19 agosto 1883, visita la Grotta Giuseppe Bellucci da Perugia, presidente della locale sezione del CAI, professore di etnologia e tradizioni popolari (sono da ricordare i suoi studi sulle nostre leggende popolari del paladino Orlando e del pesce “capesciotto” di San Romualdo alla Badia di Sìtria, nonché sulle superstizioni legate alla “grandine”). Con Bellucci, percorrono la Grotta anche molti amministratori ed impiegati del Comune di Costacciaro, fra i quali il sindaco Luigi Chemi, l’assessore comunale Giuseppe Giuliarelli, il segretario comunale E. Scardovi, ed il medico condotto L. Malinconico.
Il 29 agosto 1888 scendono ad esplorare la Grotta, lasciandone il nome e la data, con il nerofumo della torcia, S. (Serafino?) Serafini (di Scheggia), e fratello, con G. Lucarelli.
Tale Lucarelli, eugubino, dovrebbe potersi identificare con Giuseppe Lucarelli, ingegnere e spia pontificia, fuggito dall’Italia nel 1849. Da quell’anno, in poi, del Lucarelli si perdono le tracce. Sembra che sia riparato in Brasile, dove costruì qualcosa. Giuseppe era zio di Oderigi, un eccellente storico e geografo, che scrisse un ancora valido manuale turistico di Gubbio: “Memorie e guida storica di Gubbio”, pubblicato, guarda caso, nel 1888 (da Fabrizio Cece, in verbis, 24 settembre 2006).
Il 14 agosto 1890, lascia il segno nella Grotta un tale Giuseppe Marchesi.
Tra il giugno 1883 e l’aprile 1892 compie la sua epopea esplorativa Giambattista Miliani (28 giugno 1856 – 14 aprile 1937). Miliani esplora la Grotta di Monte Cucco, tra i 27 ed i 36 anni d’età, per nove anni consecutivi.
Giambattista Miliani, di Fabriano, fu un grande esploratore, alpinista, e speleologo, brillante ed innovatore industriale cartario, nonché Senatore del Regno d’Italia.
Miliani, vero nume dell’esplorazione, modernamente intesa, alla Grotta di Monte Cucco, specie tra gli anni 1889 e 1890, porterà avanti la prima vera indagine scientifica della Grotta di Monte Cucco, della Voragine Boccanera e dell’Inghiottitoio Fossile del Boschetto.
Valente alpinista, iscritto alla sezione di Roma del Club Alpino Italiano, Miliani affidò il resoconto delle sue accuratissime, reiterate, e quasi decennali, ricognizioni della cavità, alle 303 pagine del numero 58, volume XXV, del bollettino del CAI, stampato ed apparso tra il 1891 ed il 1892, ed intitolato “La caverna di Monte Cucco”. Giambattista Miliani sarà, altresì, il primo ad elaborare, e stilare, una precisa cartografia della più grande cavità umbra.
Nel 1856 nasce Giambattista Miliani e, nel 1956, cento anni esatti dopo, gli speleologi perugini vengono a riesplorare quello che Miliani stesso aveva già esplorato all’interno della Grotta di Monte Cucco.
Miliani muore nel 1937: di lì a poco nascerà il migliore interprete dell’esplorazione scientifica della stessa Grotta: Francesco Salvatori da Perugia.
Nella primavera del 2007, settantesimo anniversario della morte di Giambattista Miliani, la Grotta di Monte Cucco, la sua propria “Caverna di Monte Cucco”, ha visto concludersi felicemente i lavori destinati alla sua apertura alle visite turistiche, scientifiche e didattiche. La medesima apertura avrà luogo tra la primavera e l’estate del prossimo anno 2008
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Euro Puletti

Nota di Redazione – L’articolo è stato scritto così da Euro Puletti, e così viene pubblicato. Come responsabile di questo sito è necessario sottolineare che le frasi finali in carattere corsivo non sono condivise da me per il mio modo di vedere il Cucco, la speleologia, l’ambiente e soprattutto la trasformazione in grotta turistica verso cui sono completamente contrario e reputo senza appello un inutile scempio. Andrea Scatolini

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