196 forme di vita e un misterioso effetto nebbia nella Grotta delle Corvine, una grande cavità all’interno della Riserva Naturale di Porto Selvaggio, in Puglia, studiata dagli speleosub salentini.

Nei mesi scorsi gli speleologi hanno condotto un esperimento per studiare il curioso fenomeno della formazione di nebbia in una grotta sommersa, dovuto probabilmente alla presenza di radon.
Ci troviamo nella cala di Uluzzo, sullo Ionio, all’interno della Riserva Naturale di Porto Selvaggio.
La Grotta sommersa delle Corvine è conosciuta da tempo e dagli anni ’80 è inserita nel Catasto Regionale delle grotte della Puglia.
Il sito è stato studiato per anni dall’Università del Salento in collaborazione col centro di speleologia sottomarina ‘Apogon’.
La cavità è stata la prima grotta sottomarina del Salento oggetto di un’accurata e sistematica indagine di tipo biologico. Ispezioni e immersioni effettuate nel corso di un intero anno solare, di giorno e di notte, hanno consentito di individuare la presenza stagionale delle differenti specie nella cavità: ben 196 sono le forme di vita fino ad ora riconosciute.
Oltre all’interesse biospeleologico, la grotta delle Corvine cela ulteriori misteri, primo quello delle sue dimensioni davvero ragguardevoli. La cavità, infatti, è costituita da un’unica, enorme sala, nella quale potrebbe entrare una cattedrale.
Un altro fenomeno che non ha ancora avuto una spiegazione scientifica è l’effetto nebbia, che si verifica nelle grandi bolle d’aria quando c’è mare mosso.
Il moto ondoso provoca la formazione di una fitta nebbia nell’attimo in cui il livello dell’acqua si abbassa, e la sua successiva, rapidissima, scomparsa nell’attimo della risalita del livello marino.
Su questo fenomeno fino ad oggi non erano stati effettuati veri e propri studi, ma tre illustri studiosi dei fenomeni carsici – il professor Arrigo Cigna, il professor Giovanni Badino, recentemente e prematuramente scomparso, e il professor Paolo Forti, hanno formulato tesi che vanno dalla presenza di particelle radioattive nella cavità, a contributi legati a processi ipercarsici.
Questi ultimi consistono in una corrosione particolarmente aggressiva sulla roccia calcarea, dovuta alla miscelazione di acque con caratteristiche fisiche o chimiche diverse.
Accertare la presenza di Radon nelle camere d’aria della grotta delle Corvine potrebbe aiutare a spiegare il fenomeno della nebbia nelle bolle d’aria della grotta. Affinché si formi e poi sparisca la nebbia, in una successione di tempo così rapida, è necessario, infatti, che nell’atmosfera delle zone emerse della grotta ci sia la presenza di particelle in sospensione.
In laboratorio il fenomeno della nebbia viene creato in una sorta di camera stagna, definita “camera a nebbia” o “camera di
Wilson”, nella quale l’atmosfera interna viene sottoposta a compressione e successiva decompressione.
Le campane d’aria della grotta delle Corvine, pertanto, potrebbero rivelarsi delle Camere di Wilson naturali.
Fenomeno più unico che raro.
Nella primavera di quest’anno, gli speleosub di Apogon, con la direzione scientifica del professor Mario Parise del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’università Aldo Moro di Bari, e con la collaborazione dello speleologo Pino Palmisano e di tre speleologi del GSB-USB di Bologna, Tommaso Chiarusi, fisico; Massimo Esposito, titolare della U-Series, ditta specializzata nel rilevamento di Radon, che ha fornito gratuitamente i sensori; Sergio Orsini (cineoperatore, speleosub e presidente della Società Speleologica Italiana), hanno deciso di
tentare un’impresa finora ritenuta impossibile: misurare una eventuale presenza di Radon nelle zone emerse della grotta.

Nel mese di maggio gli speleosub di Apogon, Michele Onorato, Marco Poto, Mario Congedo e Raffaele Onorato sono riusciti a realizzare una stazione di monitoraggio, trasportando i sensori sott’acqua per 60 metri ad 8 metri di profondità e montando nelle sale post-sifone della grotta sottomarina, tutto il necessario per le misurazioni.
L’esperimento è perfettamente riuscito e studiosi e speleosub sono riusciti a dimostrare la presenza di Radon nella grotta sottomarina, misurandone la concentrazione a diverse altezze.
Gli studi però sono solo all’inizio; la quantità e varietà dei quesiti scientifici aperti richiedono un approccio multi-disciplinare, dedicato allo studio di un sito la cui straordinaria importanza ci ha sinora mostrato solo la punta dell’iceberg della grotta delle Corvine. La speranza è che, con il continuo impegno degli studiosi e l’indispensabile apporto degli
speleosubacquei, nei prossimi anni alcuni dei misteri, anche quelli avvolti nella nebbia, possano essere svelati.

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