In seguito al servizio andato in onda giovedì 10 maggio, all’interno della trasmissione “Mistero”, il TE.S.E.S. ritiene necessario fornire informazioni più precise e corrette in merito alla cavità esplorata.

Siamo tornati nel parco del Conero (AN) per osservare de visu una galleria molto particolare, protagonista di numerose leggende. Prende il nome di “Buco del Diavolo”.

L’obiettivo primario era quello di accompagnare il conduttore Marco Berry all’interno della cavità, prevenendo eventuali pericoli,e realizzando delle riprese video da adoperare nel servizio.

C’è chi sostiene che in fondo alla galleria vi sia una stanza con un tesoro, chi crede invece che possa condurre ad una base militare segreta costruita all’interno della collina.

L’unica cosa che possiamo fare è osservare questa cavità ed interpretare i suoi elementi per tentare di comprendere correttamente di che cosa si tratti.

Il Buco del Diavolo di Camerano è indubbiamente un interessante manufatto di particolare interesse speleo-archeologico. E’ un tratto di acquedotto di età romana, o addirittura precedente, che probabilmente portava acqua fino ad Ancona.
E’ stato realizzato scavando una serie di pozzi verticali, fino al raggiungimento della quota stabilita. Dalla loro base si è iniziato lo scavo della galleria in due direzioni. Verso monte e verso valle, presentando attenzione alla pendenza ed alla direzione, fino a raggiungere i tratti scavati partendo dai pozzi adiacenti.

L’unione dei due tratti di galleria è sovente caratterizzato da un dente di giunzione, dovuto allo scarto inevitabile che si creava all’incontro dei due cavi ciechi.

I pozzi scavati per raggiungere le profondità necessarie, poi, venivano occlusi per evitare che gli animali, cadendo al loro interno, potessero contaminare l’acqua e per evitare che qualcuno attingesse acqua privatamente.

Lungo le pareti si possono ancora notare numerose nicchie, che potevano reggere delle lucerne per illuminare il condotto durante la sua realizzazione.

Inoltre i segni lasciati dagli attrezzi lungo le pareti ci permettono di comprendere la direzione di scavo.

L’opera si addentra per qualche centinaio di metri nella collina, fino ad essere interessata da frane e da occlusioni.
Sarebbe utile individuare altri tratti superstiti di questo complesso idraulico per ricostruirne l’andamento nel sottosuolo ed ottenere maggiori informazioni su questo aspetto della storia antica.

Si ringrazia per la collaborazione la speleo Ylenia Vanni.

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