Il Pozzo Podzilla. (Fotografia A. Corna  - Archivio G.S.B. Le Nottole)
Il Pozzo Podzilla. (Fotografia A. Corna - Archivio G.S.B. Le Nottole)

Premessa: la Crevazza Fruttari, trovata dal GSB Le Nottole nel 1998, è stata diversi anni ferma su finestra ventosa, quasi alla base di un P105. Nel 2008 la finestra è stata lavorata fino ad affacciarsi sul “Podzilla”,un P153 collegato con diversi pozzoni paralleli e sormontato da vuoti superiori parzialmente esplorati che lo trasformano in un P200 (per ora). Nel 2011 abbiamo ripreso in mano le esplorazioni, dedicandoci prima ad un ramo laterale, “Scripte”, che scende circa 60 metri, tuttora fermo su strettoia ventosa. Solo nelle ultime settimane abbiamo finalmente riarmato e ricontrollato il fondo del Podzilla (-260 circa), trovando un cunicolo scavabile, oltre il quale la grotta è riesplosa. Settimana scorsa le esplorazioni erano già arrivate a -390. Diversi amici di varia provenienza, soprattutto bresciani, hanno dato un gradito contributo.

22-10-2011

Dopo due epici week-end di esplorazioni ferme su pozzi, si torna nelle zone profonde della Crevazza Fruttari. Questo sabato squadra diversa: io, Mauri Aresi, Fabio Gangemi e due frutti dell’ultimo corso, Angelo “Benci” e Fabrizio “Avatar”. Io, tre settimane fa, mi ero fermato sulla soglia delle nuove esplorazioni, respinto da una strettoia ancora poco addomesticata. Angelo e Fabrizio hanno visto qualche altra zona della grotta, gli altri due, invece, non c’erano mai entrati. Mauri, in ambito esplorativo sotterraneo è una macchina da guerra, pur essendo la persona più mite dell’universo. Ma oggi dovrà fare i conti con un fortissimo mal di schiena che ne limita i movimenti; se non altro, forse stavolta non ci sarà troppa differenza di velocità. Arrivati a metà del Podzilla rifacciamo la topografia, a causa di un’incongruenza notata nelle scorse settimane. Alla fine l’errore era solo apparente, dovuto alla scorretta identificazione di un fix usato come caposaldo. Adesso i conti tornano e viene scongiurata l’ipotesi che questo fondo potesse essere 10 metri meno profondo di quanto noto. Si ricomincia a rilevare all’entrata del famigerato meandro Tigro, da qui in poi è ignoto anche per me. Procediamo in ambienti via via sempre più ampi, affacciandoci sul maestoso “One More Thing”. Bell’ambiente davvero, con giganteschi e insondabili camini, ci darà da divertirsi il giorno che decideremo a iniziare le artificiali. Tralasciamo momentaneamente di rilevare una via laterale, dando priorità all’asse principale. D’altronde abbiamo un bell’arretrato topografico da smaltire, e la grotta prosegue oltre l’esplorato. Incontreremo e ignoreremo molte finestre e viette secondarie, riserve buone per quando dovremo accontentarci di lavoretti più faticosi. Arriviamo sul “Terzo Capitolo”, bel P45 ampio e discretamente sinuoso, pur mantenendosi verticale. Il rigagnolo che sfiora la linea di discesa indica chiaramente l’esigenza di modificare profondamente gli armi, ben sapendo che adesso c’è in circolo una quantità minima di acqua rispetto alle migliori performance idrologiche di cui è capace la cavità. Un altro saltino concatenato conclude la parte prevalentemente verticale della grotta, per lasciar spazio a meandri, scivoli e brevi tiri di corda. Il bel salto sul Creme Caramel offre possibili finestre nascoste e si avvicina in pianta alla Laca di Muradei (una manciata di decametri). Da qui la grotta punta verso Nord, e questa è una sorpresa, andando a reinfilarsi sotto la zona dei grandi pozzoni. Continuando tra saltini e meandri, io e Fabio arriviamo al precedente limite esplorativo, constatando che siamo a quasi -390. In effetti la stima prudenziale parlava di circa -370… ottimo! Nel frattempo Benci e Avatar cominciano malvolentieri a uscire, in ritardo clamoroso rispetto agli orari da loro preventivati. Mauri arma dove necessario, ottimizzando l’uso delle corde, tornando indietro ad aggiornarci non appena raggiunge il salto successivo. A circa -450 passa Fabio in testa e Mauri impugna il DistoX. Purtroppo poco dopo troviamo un ostacolo noioso: un cunicolo ascendente con un palmo di fango a pavimento conduce sulla stretta testata di un pozzo. Puliamo tutto ciò che si riesce mentre Fabio arma come può e, finalmente, esce nel vuoto. L’entusiamo non è proprio alle stelle, tra fango e aria che comincia a essere meno evidente, rispetto alla forte brezza che ci ha accompagnato finora. La frattura, dopo una decina di metri di discesa, si allarga e sfocia nella parte alta di un’ampia sala. Questo ci rincuora parecchio. Girando si trovano diversi anfratti con salto sottostante, poi c’è una frattura ascendente e un bel camino grosso… davvero interessante. Ma la via più evidente è una galleria appoggiata che finisce per sfondare in un bel salto. Sicuramente qui ci sarà da indagare attentamente, addirittura adesso l’aria ha invertito il flusso e sale anziché continuare a scendere… bisogna capire dove si infila tutto il flusso congiunto che arriva dall’alto e dal basso… molto curioso! Con l’uso del palmare stiamo seguendo in tempo reale i dati di topografia e c’è quasi un pizzico di malinconia quando è chiaro che stiamo per superare il dislivello della Dolce Vita (485 metri). Ancora più triste, però, è l’evidenza che la via è sbarrata inesorabilmente da una frattura alta e impenetrabile ai comuni mortali di taglia da M in su. Mauri non vorrebbe rassegnarsi e va a cacciarsi più avanti che può, tenuto conto dei problemi alla schiena. Alla fine lo sforzo non è del tutto inutile: ha sentito molto netto un rumore di ruscellamento che indica un corso d’acqua molto più ingente rispetto a quanto vediamo in fondo al nostro meandrino. Forse il lavoro necessario per transitare, benché non indifferente, potrebbe essere ben giustificato da ciò che si prospetta. Adesso siamo a -490, cioè poche decine di metri sopra la quota critica dove stoppano tutti i grandi abissi dell’Arera. Magari potrebbe essere proprio qui dietro il collettore giusto che ci fa da cavallo di Troia verso profondità ancora inviolate. Per oggi di sicuro da qui non si passa, quindi risaliamo. Mauri guarda meglio un pozzetto attivo, ma lo ripudia sdegnosamente avendone constatato parametri inaccettabili in quanto a dimensioni e acquaticità. Io vengo allettato da un’altra bocca seminascosta lì vicino. Il sasso lanciato restituisce, dopo un intervallo non disprezzabile, un bel rimbombo. Decido che ci sacrifico un fix. Sceso una dozzina di metri comodi, mi sposto orizzontale verso la base del pozzetto attivo, rivedendo la luce di Mauri. Ancora oltre c’è una fessura ai limiti della percorribilità, seguita da saltino bagnato e ambiente dignitoso. Non sono io il più magro della comitiva, ma gli altri due nicchiano adducendo pretesti inverosimili, ergo faccio buon uso del mio inseparabile martello d’armo, fino a valutare che ci passo. Armo naturale e mi ficco dentro, senza faticare nemmeno in modo eccessivo. La saletta, allungata e battuta da forte stillicidio, finisce a destra contro un basso meandrino con vaschette. Anche qui si prospetta un bel lavoro, ma l’eco promette un premio forse all’altezza. Siamo circa alla stessa quota dell’altro fondo e anche la direzione sembra confluire: prove supplementari di possibile collettore? Lo scopriremo, forse, un giorno. Adesso però è ora di uscire.  Risaliamo con calma, smartellando qualche spuntone molesto qua e là e facendo un paio di pause tè con annessa breve pennichella. A -265, base del Podzilla, fissiamo l’ultimo punto ristoro, sotto un utile telo anti-stillicidio. Qui il solito tormentone “Bene, ragazzi, due pozzi e siamo fuori”, “già, peccato siano un P160 e un P100”. Prima delle 11.00 sono in cima al P. Speck e vedo un ritaglio di luce esterna rimbalzata dalle pareti di miniera. Subito dopo sento le voci dei cinque che entrano stamattina, giusto in tempo per aggiornarli e informarli su cosa può servire dentro. Hanno solo oggi a disposizione e ormai questa è diventata una grotta che richiede permanenze prolungate.

23-10-2011

(Brevissimo riassunto dal racconto dei protagonisti)

Entrano in 5, Eli, Andrea, Renzo, “Gibbo” e “Goffredo”.  Qualche passaggio strettino ostacola la squadra, ma alla fine sono tutti di fronte al meandro di -490. Con un po’ di lavoro Renzo riesce a filtrare, mentre gli altri restano esclusi dal resto del gioco. Dopo un alcuni passaggini e un corto saltino arrampicabile, Renzo si affaccia su una verticale stimata tra i 25 e i 30 metri. Alla sua base trova un’altro passaggio stretto da lavorare, ma oltre si sente un eco di grosso che fa ben sperare. L’ora non consente ulteriori indugi, quindi inizia la lenta risalita, che terminerà verso le 2.00 di lunedì. La nuova profondità stimata è di circa 520 metri, mentre lo sviluppo sia vvicina ai 1800 metri.

Giorgio Pannuzzo

GSB Le Nottole

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