Uno studio tedesco utilizza le feci di Pipistrellus pipistrellus per analizzare la diversità di artropodi in ambienti rurali

Il declino degli insetti e la necessità di nuovi approcci

Il declino degli insetti è un fenomeno documentato a livello globale, con implicazioni gravi per gli ecosistemi e i servizi ecologici.

Le cause includono la perdita di habitat, l’agricoltura intensiva e i cambiamenti climatici.

I metodi di monitoraggio tradizionali, come le trappole Malaise, offrono dati utili ma limitati a scale spaziali ridotte.

Per comprendere le dinamiche su ampia scala, un team di ricercatori tedeschi ha sperimentato un approccio innovativo: l’analisi genetica della dieta dei pipistrelli.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Basic and Applied Ecology, si è concentrato sul pipistrello comune (Pipistrellus pipistrellus), una specie diffusa in Europa.

Grazie alla sua ampia distribuzione e alla dieta variegata, questo chirottero può fungere da “sensore biologico” per valutare la diversità degli insetti a livello paesaggistico.


Metodologia: Dalle feci ai dati genetici

Il lavoro ha coinvolto 12 colonie di Pipistrellus pipistrellus nella Germania meridionale, in un’area rurale di 22×22 km caratterizzata da agricoltura mista, foreste e insediamenti urbani.

I ricercatori hanno raccolto 24 campioni di feci in due sessioni (giugno e luglio 2022), eliminando prima gli escrementi vecchi per garantire la freschezza dei campioni.

Le feci sono state analizzate con tecniche di metabarcoding del DNA, focalizzandosi sul gene CO1 per identificare le specie di insetti presenti.

I dati genetici sono stati confrontati con il database BOLD (Barcode of Life Database), filtrando i risultati per escludere contaminazioni o specie estranee all’area. Sono stati identificati 371 BIN (Barcode Index Number), corrispondenti a unità tassonomiche vicine alle specie biologiche.

Parallelamente, è stata valutata la composizione del paesaggio entro un raggio di 2 km dai posatoi, considerando foreste, praterie, aree agricole e densità dei margini ecotonali (es. bordi di campi, siepi).


Risultati: Una finestra sulla dieta del pipistrello

Dalle analisi è emersa la presenza di 405 specie di artropodi, appartenenti principalmente a Ditteri (45%), Lepidotteri (18%), Coleotteri (13%) e Imenotteri (11%). Tra le famiglie più rappresentate figurano Chironomidae (moscerini), Tortricidae (farfalle notturne) e Carabidae (coleotteri terricoli).

Il 65% delle specie è stato rilevato in un solo campione, indicando un’elevata variabilità spaziale e temporale nella dieta.

La ricchezza di specie è risultata influenzata positivamente dalla presenza di foreste e praterie nel raggio di 2 km.

Al contrario, le aree agricole intensive hanno mostrato un effetto negativo, seppur non statisticamente significativo.

La densità dei margini ecotonali, come siepi o bordi fluviali, è stata associata a una maggiore diversità nella composizione delle prede.


Variazioni spaziali e temporali

I campioni prelevati nello stesso posatoio a distanza di un mese (giugno vs luglio) hanno mostrato una similarità media del 78%, mentre quelli di siti diversi nella stessa sessione differivano per oltre il 90%.

Solo nove specie sono state rilevate in più della metà delle colonie, confermando che i pipistrelli sfruttano risorse alimentari diverse a seconda del contesto ambientale.


Implicazioni per il monitoraggio ambientale

Lo studio dimostra che l’analisi genetica delle feci di pipistrello può integrare i metodi di monitoraggio tradizionali, coprendo aree geografiche più ampie e fornendo dati su scale spaziali rilevanti per la conservazione.

La scelta di Pipistrellus pipistrellus è strategica: la specie frequenta ambienti eterogenei, dai centri urbani alle aree boschive, e il suo raggio di azione (fino a 5 km) permette di campionare paesaggi complessi.

I risultati suggeriscono che la conservazione di foreste e praterie, unita alla promozione di margini ecologici, possa sostenere comunità di insetti più ricche.

Questo ha ricadute positive non solo sulla biodiversità, ma anche sui servizi ecosistemici come l’impollinazione e il controllo di parassiti.


Limitazioni e prospettive future

La ricerca ha coinvolto un numero limitato di colonie (12) e due sole sessioni di campionamento, riducendo la capacità di generalizzare i risultati.

Inoltre, il metabarcoding ha rilevato solo una frazione delle specie presenti: le curve di rarefazione indicano che oltre il 30% della diversità potrebbe essere sfuggito alle analisi.

Future indagini potrebbero ampliare il campionamento a più stagioni e includere altre specie di pipistrelli, confrontando i dati con quelli raccolti con metodi tradizionali.

Un altro passo cruciale sarà standardizzare i protocolli di analisi per facilitare l’integrazione di questa tecnica nei programmi di monitoraggio nazionali ed europei.


Conclusioni: Una strada promettente

L’uso dei pipistrelli come bioindicatori rappresenta un approccio innovativo ed efficiente per studiare gli insetti su larga scala.

La metodologia, non invasiva e replicabile, potrebbe essere adottata in diverse regioni biogeografiche, contribuendo a colmare il vuoto di dati sul declino degli artropodi.

La sfida rimane quella di conciliare le esigenze agricole con la tutela della biodiversità, in un’ottica di gestione sostenibile del territorio.

Fonte: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S143917912500012X&hl=it&sa=X&d=17093738460135565380&ei=88CaZ9neMbiM6rQPjbewqAU&scisig=AFWwaebTyJjyIqrwqABpCkJYNC5z&oi=scholaralrt&hist=w0-f5c4AAAAJ:16156929271441286207:AFWwaeYEfx3fRJDk-RJLS5RNxyEW&html=&pos=4&folt=kw-top


Parole chiave: DNA metabarcoding, Pipistrellus pipistrellus, biodiversità insetti, monitoraggio paesaggistico, conservazione ambientale.