Un momento del soccorso - dalla pagina FB del Soccorso Alpino e Speleologico Marche – CNSAS

Speleologa travolta da un pilastro di roccia durante un’esercitazione. Recuperata in tre ore dai tecnici del Soccorso Alpino e Speleologico Marche

Si è concluso intorno alle 23 di sabato 17 maggio 2025 il delicato intervento di soccorso a una speleologa rimasta ferita all’interno della Grotta del Fiume, nel celebre sistema carsico di Frasassi, nel territorio di Genga (AN).

La donna, impegnata in attività addestrative, è stata improvvisamente travolta dal crollo di un pilastro di roccia che si è staccato dalla volta della cavità.

L’allarme è scattato immediatamente, facendo attivare le squadre del Soccorso Alpino e Speleologico delle Marche. È stato lo stesso CNSAS a riferire l’accaduto in un comunicato ufficiale pubblicato su Facebook il 19 maggio:

“Si sono concluse intorno alle 23 di Sabato 17 Maggio le operazione di recupero di una speleologa infortunata all’interno della Grotta del FIume, nel sistema carsico di Frasassi (AN).
L’infortunata stava svolgendo delle attività addestrative all’interno della grotta quando un pilastro di roccia ha ceduto sopra di lei travolgendola. Subito le squadre del Soccorso Alpino e Speleologico Marche sono intervenute, insieme al sanitario che ha stabilizzato ed imbarellato la paziente. Le operazioni di trasporto della barella verso l’uscita sono durate circa 3 ore e una volta all’esterno della grotta, i tecnici della stazione di Ancona hanno assicurato la discesa verso la strada.
La donna è stata presa in carico dai sanitari del 118 e trasportata in ospedale.”

Secondo quanto riportato anche dal Corriere Adriatico, la speleologa non ha mai perso conoscenza. Il tratto interessato dall’incidente si trova a circa 400 metri dall’ingresso della Grotta del Fiume, in un’area normalmente destinata a esercitazioni tecniche per esperti del settore.

Nonostante la gravità della situazione, la prontezza degli operatori e la complessa macchina dei soccorsi hanno permesso di concludere l’intervento senza ulteriori complicazioni.

Restano da chiarire le cause del distacco roccioso: l’ambiente è ritenuto generalmente stabile ma, come ogni contesto, massimamente se ipogeo, i rischi sono sempre imprevedibili.

La Grotta del Fiume

La Grotta del Fiume è uno dei simboli della ricchezza geologica e speleologica delle Marche: affascinante e complessa, fa parte del sistema carsico delle Grotte di Frasassi, situato nel comune di Genga (AN), nelle Marche.

Scoperta il 28 giugno 1948 da Mario Marchetti, Paolo Beer e Carlo Pegorari del Gruppo Speleologico Marchigiano di Ancona, la Grotta rappresenta il nucleo originario del vasto complesso ipogeo di Frasassi.

Nel 1971, una nuova generazione di speleologi scoprì un passaggio che collegava la Grotta del Fiume alla Grotta Grande del Vento, costituendo così un unico grande sistema ipogeo. La “Condotta dei fabrianesi” – così è stata chiamata – ha permesso l’esplorazione di ulteriori ambienti sotterranei, tra cui l’Abisso Ancona, di dimensioni imponenti.

Caratteristiche morfologiche

La Grotta del Fiume si sviluppa su più piani con un andamento labirintico, caratterizzato da una rete intricata di gallerie, cunicoli e pozzi. Le sue diramazioni si estendono per oltre 19 km, rendendola uno dei sistemi carsici più estesi dell’Appennino centrale. Ha concrezioni spettacolari, ma anche un fango tenace e avvolgente.

speleologi alla grotta del Fiume
foto Marco Marovelli

Importanza scientifica e ambientale

La Grotta del Fiume conserva al suo interno tracce di fauna preistorica e resti ossei animali, che offrono preziose informazioni sulla storia naturale della regione.

Il sito ufficiale del Gruppo Speleologico Marchigiano (https://www.frasassigsm.it/la-grotta-del-fiume/) fornisce dettagli significativi sulla frequentazione umana della Grotta del Fiume durante il Paleolitico superiore.

Nella Sala del Fuoco, situata a circa 400 metri dall’ingresso della grotta, sono stati rinvenuti carboni di focolari e manufatti in selce, tra cui quattro lame, una delle quali è una punta. I reperti indicano attività umane risalenti a circa 16.000 anni fa, durante la fase epigravettiana del Tardoglaciale (datazione ottenuta attraverso analisi al radiocarbonio sui resti di stambecco e sui carboni dei focolari).

La Grotta ospita specie endemiche adattate alle condizioni estreme della grotta, come il crostaceo Niphargus ictus.

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