Dal natron ai raggi X, tra sogni, anatomia e furti sacri: cosa ci raccontano oggi i corpi conservati dell’antico Egitto

Nulla ci mette più a diretto contatto con l’antico Egitto di una mummia. Quei corpi avvolti nel lino, rigidi e silenziosi, sono testimoni reali – in tutti i sensi – di un passato millenario.
Ma dietro l’apparenza macabra, ogni mummia è un libro da leggere, fatto di riti, segreti medici, migrazioni post mortem e restauri rituali.

da “Misteri d’Egitto – Le mummie dei faraoni”

Come raccontato nella recente raccolta dedicata ai “Misteri d’Egitto – Le mummie dei faraoni”, l’arte della mummificazione egizia era un processo lungo e meticoloso, durava 70 giorni e prevedeva l’uso del natron, un sale naturale, per disidratare i corpi prima dell’avvolgimento in bende. Se inizialmente solo frammenti furono ritrovati nelle tombe reali dell’Antico e Medio Regno, è soprattutto durante il Nuovo Regno che ci sono pervenute mummie complete, spesso non nei sepolcri originari, ma in nascondigli segreti predisposti dai sacerdoti per salvarle dai saccheggi.

Con il tempo, anche la scienza si è avvicinata a questi corpi antichi: dai primi esami ottocenteschi fino alle moderne indagini TAC e DNA, le mummie dei faraoni hanno iniziato a parlare. Ecco alcune delle più curiose.

Amenhotep III, il faraone sdentato: il suo volto mostrava denti mancanti, ma uno di questi fu ritrovato… nella gola. Un segno che qualcosa è accaduto dopo la morte, forse durante la mummificazione.

da “Misteri d’Egitto – Le mummie dei faraoni”

Thutmose IV, il principe che divenne faraone grazie a un sogno della Sfinge, è passato alla storia per la sua mummia “pettinata”: i capelli, con tanto di riga laterale, erano stati sistemati per l’eternità.

Seti I, il “padre bello” di Ramses II, fu imbalsamato con tecniche estetiche avanzate, ma il suo cuore fu ritrovato spostato nel petto. Un errore di mummificazione? O una scelta rituale?

Amenhotep I è forse l’unico faraone ad aver mantenuto intatto il cervello: un’eccezione sorprendente, scoperta solo nel 2021 grazie alla tomografia digitale.

Infine, Ramses I e Ramses II: le mummie più viaggiatrici. Ramses I passò per il Canada e finì a Niagara prima di tornare in patria. Ramses II fu invece ricevuto in Francia con passaporto diplomatico, curato a Parigi da oltre cento scienziati.

Le mummie dei faraoni sono reliquie religiose e testimonianze vive, racconti tramandati attraverso il corpo, custodi di un patrimonio medico, antropologico e spirituale che continua ad affascinare e a rivelare nuovi dettagli dopo migliaia di anni.

Attraverso una combinazione di ricerca storica, osservazione diretta e indagine tecnologica, “Le mummie dei faraoni” contribuisce alla comprensione di un patrimonio bioculturale inestimabile, restituendo voce e identità a sovrani vissuti oltre tremila anni fa.

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