di Giorgio Pannuzzo, relazione di di Elisa Carminati.
Da notare che, mentre Eli e Corna erano in zona esplorativa, nella vicinissima Laca di Muradei c’era in corso un’esercitazione CNSAS-GLD dai risvolti sonori e tellurici davvero imponenti. A quanto pare i due non hanno sentito proprio nulla e la cosa mi stupisce non poco.

Giorgio Pannuzzo
GSB Le Nottole
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15 ottobre 2011, Crevazza Fruttari

Siamo Elisa e Andrea,
l’esplorazione del nuovo fondo della Fruttari prosegue in modo fluido e sorprendentemente incoraggiante.

Settimana scorsa ci eravamo fermati, per mancanza di tempo e di materiale, su un salto di una decina di metri. Oggi abbiamo ricominciato da qui.
L’ambiente è ampio ed elaborato. Sopra di noi un camino fossile che siamo riusciti ad intercettare dall’alto scoprendo che si stringe progressivamente fino a diventare una fessura. Dopo aver faticosamente armato ci siamo calati per circa 7 metri in una carinissima saletta chiamata “banderuola”. Qui la protagonista assoluta è una curiosa eccentrica che ci mostra come l’aria e l’acqua sono in grado di plasmare la roccia. Questa concrezione, lunga una quarantina di centimetri, presenta dei fungilli sul lato a monte e una fettina di pancetta sul lato a valle. Come una banderuola indica a noi esploratori la direzione che l’aria segue nelle varie stagioni.

Dopo un brevissima strettoia occorre armare di nuovo: un salto di 45 metri di conduce in una saletta cilindrica con pavimento piatto che contiene una pozza d’acqua (si chiamerà “ti sorrido mentre affogo”). Il livello oggi è basso (una cinquantina di cm al massimo), ma sulle pareti si intravede la lavorazione dell’acqua, perciò si intuisce che la vasca è soggetta all’andamento delle precipitazioni esterne. L’acqua fluisce in un meandro, il primo così, qua in Fruttari. Percorrerlo non è facile a causa della sua conformazione a roccia viva e a serratura, la sacca continua a scivolarci, ad incastrarsi e talvolta dei depositi di fango ci fanno slittare. Dopo una decina di metri sotto di noi si apre una fessurina che aspira un’aria gelida e pazzesca, si può dire che anche l’eco qui è notevole. Si arma e ci si cala per una quindicina di metri in un pozzo cilindrico e levigatissimo che chiameremo “Cream Caramel” per la presenza alla sua base di una mega colata a forma di budino, formatasi a causa di una finestra adiacente. Ma per ora trascuriamo la finestra e ci spostiamo verso il basso in un altro meandrino, stretto ma altissimo, caratterizzato da saltini in stile forra, dove siamo costretti ad armare. Stimiamo di aver percorso così una quindicina di metri sia in profondità sia in sviluppo orizzontale e alla fine troviamo un’ altra vaschetta d’acqua.

Ora inizia il bello! Un altro meandro a forma di serratura, concrezionatissimo, caratterizzato dalla presenza di due grossi depositi di fango maculato che sembrano fatti di sabbia. Il meandro si chiamerà “meandro delle dune”. Ci inoltriamo, all’inizio un po’ a fatica per via delle variegate concrezioni che ci uncinano? Via via però il meandro si fa sempre più largo, levigato, pulito. Che spettacolo! E’ un toboga, in Arera non si è mai visto niente del genere!

Ma indovinate un po’? I nostri esploratori incontrano sul loro cammino un infingardo saltino, da 3 metri o poco più. Le corde sono finite, anche stavolta. Quel salto è banale, ma scendere in libera sarebbe rischioso.
Oltre il salto il meandro prosegue ampio e sinuoso per metri, i nostri led non riescono ad illuminarne la fine. L’eco è pazzesca. Spegniamo un poco le luci e ci sediamo davanti all’ignoto giocando con le nostre voci e i suoni che la grotta ci rimanda indietro, distorti e vibranti.

L’esplorazione anche per oggi è terminata. Stimiamo di essere a circa 350 metri sotto terra, inizia ad essere una profondità non trascurabile. Siamo molto ottimisti anche perché in Arera ci si imbatte difficilmente in ambienti del genere. Settimana prossima ci porremo l’obbiettivo di rilevare, anche per capire se la Fruttari tende verso altri sistemi adiacenti.

To be continued 😉

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