Dalla pagina FB di Luca, un'immagine di giugno 2025: "Altra immersione esplorativa a Su Gologone,Fatta tutta la topografia con strumentazione elettronica,abbiamo ancora molto da fare…?!!!??? Domani immersione di video e foto. Torneremo… Grazie di cuore alla Scuola Nazionale di Speleologia Subacquea - SSI"

In ricordo di Luca Pedrali, speleosub e speleologi che ha fatto della profondità un modo per conoscere se stesso e il mondo

Ci sono parole che sembrano scritte per durare. Quelle di Apuane Libere, dedicate a Luca Pedrali, speleosub e speleologo bresciano scomparso il 9 ottobre 2025 durante un’immersione esplorativa nella sorgente carsica di Su Gologone, in Sardegna, descrivono con rara precisione l’essenza dell’esploratore:

«In speleologia, e soprattutto in speleosubacquea, chi si spinge oltre i confini del conosciuto non sa se ne ritorna vivo.
Il demone che li spinge oltre è più forte dell’istinto di sopravvivenza: è il demone della conoscenza.»

L’immagine evoca il rischio o la temerarietà, ma soprattutto la forza interiore che spinge gli esploratori come Luca ad andare dove nessuno è ancora stato.

È la tensione verso il sapere, la curiosità che diventa vocazione, la consapevolezza che ogni passo (o ogni metro di profondità) può costare caro, ma anche aprire nuovi orizzonti.

Un uomo delle profondità

Luca Pedrali aveva 59 anni. Speleosub e speleologo bresciano, era geometra di professione e volontario dei Volontari del Garda

Nella vita quotidiana era un uomo concreto e disponibile; sott’acqua, un pioniere rigoroso e appassionato.

Faceva parte dei Volontari del Garda, come sommozzatore e autista soccorritore, e da anni partecipava a esplorazioni in cavità sommerse in tutta Italia. Proprio i colleghi del gruppo, profondamente colpiti, hanno ricordato il suo entusiasmo e la sua precisione: «Conosceva bene Su Gologone e voleva tornare perché era convinto che ci fosse ancora un tratto sconosciuto da esplorare».

Tra le tante imprese

Il nome di Pedrali è legato a un’impresa che nel 2017 aveva attirato l’attenzione della comunità subacquea: il record italiano di immersione profonda con autorespiratore, raggiunto a 264,80 metri nel lago di Garda, a largo di Tremosine.

Si era immerso alle 11.15 del 17 settembre, ed era riemerso quattro ore dopo, alle 15.16, dopo aver battuto il precedente primato nazionale. Fino a 150 metri era stato accompagnato dal suo team e dalla moglie Nadia; gli ultimi 114 metri li aveva percorsi da solo, a 4 gradi di temperatura, immerso nel silenzio e nella pressione di un mondo senza luce.

Era il record di un professionista, ma anche di un uomo che inseguiva una sfida interiore. Per Luca non contava il numero, ma la sfida con se stesso: conoscere, capire, spingersi oltre senza perdere il rispetto per la vita: «Chi mi conosce sa che amo le sfide, non mollo mai», scriverà.

Non solo speleosub: Luca, nella sua carriera, oltre ad aver raggiunto una simile profondità nel lago di Garda, si era anche ‘spinto’ fino a 1.362 metri di sviluppo verticale in grotta. nel sistema dell’Abisso Paolo Roversi, in Toscana.

La consapevolezza del rischio

Dopo quella impresa, un altro sub, il polacco Waclaw Lejko,aveva perso la vita tentando di superare quel limite. Intervistato da Bresciaoggi, Pedrali non aveva nascosto la sua consapevolezza:

«È uno sport estremo, che richiede un allenamento a largo spettro, autocontrollo assoluto e un regime di vita rigoroso…
A quelle profondità ogni minimo errore lo paghi con la vita.»

Non era spavalderia ma, appunto, lucida consapevolezza.

In quelle parole c’è la misura della sua professionalità e del suo rispetto per la disciplina, per la tecnica e per la vita stessa.

Dall’Abisso Bueno Fonteno alle Apuane

Oltre alle immersioni in acque libere, Pedrali aveva partecipato a tante missioni esplorative, soprattutto nelle grotte sommerse del Nord Italia e della Sardegna.

Dalla pagina FB di Luca – giugno: “Sorgente Su Gologone Due speleosub, Luca Pedrali -265 metri, Frederic Swierczynski -308 metri!!! Che dire … totale -573 metri di profondità: non poco direi”

E’ stato tra i primi a contribuire alle esplorazioni dell’Abisso Bueno Fonteno, il grande sistema carsico che si sviluppa nel cuore della Lombardia, nel comune di Fonteno, tra Bergamo e il Sebino.

Ha collaborato anche con Apuane Libere nell’esplorazione della Sorgente della Pollaccia, nel comune di Stazzema (Lucca), per studiare e proteggere le acque minacciate dall’inquinamento da marmettola. È proprio da quell’esperienza che nascono le parole che oggi gli rendono omaggio: il demone della conoscenza come simbolo della passione che muove chi esplora.

E’ stato un uomo di poche parole, ma di grande determinazione, animato da una curiosità inesausta e da un rispetto profondo per la natura e per i compagni di esplorazione.

Non amava la ribalta, preferiva la concretezza dei fatti e la sobrietà dei gesti, ma chi ha avuto la fortuna di lavorare o immergersi con lui racconta di una presenza capace di infondere calma e fiducia.

Pochi mesi fa, nel giorno del suo compleanno, aveva scritto sui social parole che oggi risuonano come un’eredità:

«Chi mi conosce sa che amo le sfide, non mollo mai e nei prossimi mesi darò ancora prova delle grandi motivazioni che ho dentro di me.»

Quelle “grandi motivazioni” erano il suo motore: la spinta a conoscere, a migliorarsi, a esplorare sempre un po’ più in profondità — nel mondo e in se stesso.

Testimone del profondo

Forse nessuno come Luca incarna l’immagine del demone positivo della conoscenza: la forza invisibile che spinge alcuni a guardare oltre, a scendere un metro più giù, a voler capire cosa c’è dietro la curva di una galleria o sotto la superficie di un lago.

Nel buio liquido delle profondità che tanto amava, Luca resterà una luce di curiosità, coraggio e dedizione: l’immagine limpida di chi ha cercato la conoscenza non per fama, ma per amore della verità nascosta nel cuore della Terra.

Luca riporta sul suo profilo Facebook un’esplorazione di pochi anni fa: “Sorgente Tufere Pisogne (Bs) 1 sifone 143 m.Luca Pedrali il primo a varcare le gallerie, dopo anni di tentativi di altri Speleosub!”

A Nadia, anche lei speleosub esperta e rigorosa, e a tutti i loro colleghi e amici, tra i quali tanti di noi, un abbraccio sincero.

Chiudiamo con le parole di Alexandre Legrix, che descrive l’8 giugno scorso l’esperienza indimenticabile vissuta nelle profondità con Luca, Leo Fancello, Frederic Swierczynski, Marigiu Massuri e Bruno Gaidan:

On se souvient toujours de sa première fois.
Elle a un goût étrange, un peu sucré, un peu acide. Comme un mélange d’adrénaline et de mandarine.
Le cœur qui tape trop fort, la bouche un peu sèche,
Tu te demandes : est-ce que j’irai au bout ? Est-ce que je saurai faire ?
Est-ce que ça va faire mal ??

Tu avances sans trop savoir.
Tu tâtonnes. Tu apprends à écouter, à sentir.
Tu plonges dans la diaclase, au sens propre comme au figuré.
Parfois ça serre. Parfois ça glisse.
Ton corps cherche le rythme, ton souffle se règle, ton esprit s’évade.

C’est une invitation au voyage, à suivre les chemins des anciens…
À descendre en soi, à suivre un fil invisible,
À te faufiler dans l’étroit, à effleurer la roche, même à -135m, à toucher l’inconnu à s’en sentir nu

Et puis, au fond, tu découvres.
Un passage, un vide, un nouveau monde.
Tu rêves à la suite.
Une fois. Deux fois. Trois fois. Et chaque fois, c’est différent. Plus profond. Plus sculpté. Plus vivant.

Ce n’est plus une première fois,
Mais ça en a toujours le goût.

Parce qu’en réalité, c’est parfis plus intense que dans les rêves.
Moins lisse. Moins plat. Plus creusé. Plus vrai.

Una metafora dell’esplorazione speleosubacquea ,vissuta come esperienza totale, fisica, mentale ed emotiva: unisce paura, meraviglia e scoperta, e una metafora della vita e del rapporto intimo con l’ignoto: la prima volta di cui parla non è solo la prima immersione, ma ogni momento in cui si affronta qualcosa di nuovo, profondo, trasformativo.

L’inizio – la soglia

“Ci si ricorda sempre della prima volta.
Ha un sapore strano, un po’ dolce e un po’ aspro…”

È l’attimo prima dell’immersione: il cuore che batte, il sapore del gas nel respiratore, l’attesa che mescola timore e desiderio. “Adrenalina e mandarino” è una sinestesia bellissima per dire dolcezza e tensione insieme: la curiosità e la paura di varcare la soglia.

La discesa – il corpo che si adatta

“Ti immergi nella diaclasi… Il corpo cerca il ritmo, il respiro si assesta, la mente si libera.”

Qui l’immagine della diaclasi — la fessura nella roccia — è sia fisica che simbolica: rappresenta il varco verso un altro mondo, ma anche l’intimità e la vulnerabilità del rapporto con la natura.
È la trasformazione: il corpo si accorda all’ambiente, la mente si apre, l’ego si dissolve.

Il fondo – la scoperta

“E poi, in fondo, scopri. Un passaggio, un vuoto, un mondo nuovo.”

È la ricompensa dell’esploratore: non un trofeo, ma la rivelazione di qualcosa che esisteva già, nascosto, e che ora finalmente respira. Ogni volta che si scende, si scopre qualcosa di nuovo — dentro e fuori di sé.Il ritorno – la ripetizione diversa

“Una volta. Due volte. Tre volte. E ogni volta è diversa…”

L’esperienza si ripete, ma non è mai uguale: come ogni immersione, ogni esplorazione, ogni incontro con la roccia o con l’acqua cambia chi la vive. È un ciclo di iniziazioni successive, sempre più profonde.

Il finale – la verità

“Non è più una prima volta, ma ne ha sempre il sapore.
Più scavata. Più vera.”

Anche dopo tante immersioni, resta intatto quel senso di scoperta. La conoscenza non anestetizza: più si conosce, più si sente.
E in questo, la poesia dice una verità che tocca in pieno anche Luca Pedrali: nonostante l’esperienza, per lui ogni esplorazione è stata sempre una prima volta.

Con lo stesso rispetto, la stessa intensità, la stessa voglia di capire.

Lo ricordiamo così.

Foto fa pagina FB Alexandre Legrix, che accompagna la poesia: suona quasi come un preludio al suo ultimo viaggio, una dedica inconsapevole ma perfetta al senso di Luca per la vita

Vedi anche: https://www.scintilena.com/esplorazione-fatale-a-su-gologone-muore-speleosub-durante-immersione/10/09/

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