Un viaggio ai confini del mondo con la paleoclimatologa Gina Moseley alla scoperta delle grotte inesplorate di Wulff Land
Un’odissea speleologica svela indizi cruciali sul passato – e sul destino – del nostro pianeta
Il rotore dell’elicottero solca l’aria gelida sopra la Groenlandia. Sotto, la scogliera della Wulff Land si erge come un bastione dimenticato dal tempo. Per Gina Moseley, paleoclimatologa e speleologa britannica, è il compimento di un sogno lungo oltre un decennio: essere la prima a mettere piede nella grotta WUL-8, in uno dei luoghi più remoti della Terra. Un’avventura che ha poco di turistico e tutto di scientifico. In quelle cavità, racchiusi nei silenziosi strati di minerali, giacciono i segreti del clima di milioni di anni fa.
Moseley e il suo team – tra cui il fotografo di National Geographic Robbie Shone e lo scalatore Chris Blakeley – sono atterrati con mezzi limitati, determinazione incrollabile e una domanda urgente: Come si comportava la Groenlandia in un mondo caldo come quello che ci attende?
Nel corso di tre spedizioni tra il 2015 e il 2023, hanno documentato oltre 26 grotte e raccolto preziosi speleotemi: stalattiti, stalagmiti e flowstone, formati dal lento gocciolio dell’acqua, autentici archivi climatici. Uno dei campioni prelevati risale a quasi 600.000 anni fa. Alcuni – analizzati in un laboratorio cinese – sono ancora più antichi, risalenti a milioni di anni, quando i livelli di CO? nell’atmosfera erano simili a quelli attuali o previsti nel prossimo futuro.
Le scoperte sono rivoluzionarie. Finora, le carote di ghiaccio fornite dalla calotta groenlandese permettevano di risalire a circa 130.000 anni fa. Ma i nuovi dati dei minerali delle grotte permettono di spingersi molto più indietro, rivelando come l’Artico reagisse a condizioni climatiche analoghe a quelle che stiamo rapidamente ricreando oggi.
Le grotte della Groenlandia, in particolare quelle della Terra di Wulff, sono straordinarie non solo per la loro bellezza primitiva – pareti ghiacciate, cristalli di brina, massi ciclopici e laghetti turchesi – ma per il loro potenziale di predizione scientifica. Ogni goccia d’acqua che ha filtrato attraverso quelle rocce ha lasciato una traccia: un indizio di un’epoca in cui l’Artico era più caldo, più umido, più simile a ciò che potrebbe diventare nel giro di pochi decenni.
Tuttavia, non tutto è andato secondo i piani. La gigantesca WUL-8, tanto attesa, si è rivelata una cattedrale di pietra… ma priva di speleotemi. Frammenti forse cancellati da frane interne. Ma altre grotte vicine hanno offerto campioni utili, confermando che la perseveranza paga.
E mentre Moseley torna ai suoi laboratori, con zaini carichi di pietra e memoria, la posta in gioco diventa chiara: comprendere come la Groenlandia ha risposto ai climi caldi del passato potrebbe essere la chiave per prevedere come reagirà nei decenni a venire. E, con essa, il livello dei mari, i venti artici e il destino di città costiere in tutto il mondo.
“In quei campioni,” dice Moseley, “c’è un mondo che assomiglia al nostro. Possiamo guardare indietro per capire meglio dove stiamo andando.”
E forse, tra ghiaccio e roccia, il futuro si sta già scrivendo.
Testo ispirato all’articolo originale di Yudhijit Bhattacharjee per National Geographic – gennaio 2025
Fotografia di Robbie Shone – © National Geographic
Articolo: https://www.nationalgeographic.com/science/article/greenland-secret-caves-exploration
Foto di copertina: @Robbie Shone da Facebook National Geographic https://tinyurl.com/yfejx4t5
Video: https://www.facebook.com/watch/?v=635841405584383