Sui monti dell’Umbria 2 anni di ricerche degli speleologi ternani con 16 uscite regalano due nuove grotte, lottando contro una geologia matrigna

Speleologa in esplorazione Nella grotta Elce Barile
Speleologa in esplorazione Nella grotta Elce Barile

Un sistema di faglie e fratture in Comune di Baschi (TR), nell’ultima propaggine settentrionale della dorsale Amerina, da due anni è oggetto di ricerche del Gruppo Grotte Pipistrelli CAi Terni, che tra la Grotta del Vorgozzo e il Fosso della Pasquarella scopre due grotte facenti parte di un unico sistema: Grotta Oki e Grotta Elce Barile.

A partire da Gennaio 2020, tra chiusure e lockdown, una ventina di speleologi ternani hanno effettuato 16 punte esplorative in due cavità promettenti, interessate da un discreto flusso d’aria.
La dorsale Narnese-Amerina si snoda da Nord a Sud e costituisce il primo antico corrugamento appenninico a fianco della Valle del Tevere; pur essendo costituita da maiolica, calcari diasprini, calcare masiccio e altre rocce fortemente carsificabili, è arcigna di grandi fenomeni carsici.
Numerose fratturazioni sommate agli sconvolgimenti geologici, sovrascorrimenti, ribaltamenti, non regalano grandi cavità, ma una infinità di “buche che soffiano”: ingressi alti o bassi che danno accesso, quando va bene, a fratture e antiche faglie, scarsamente concrezionate, dove la tettonica la fa da padrone sul carsismo.
Nel settore in questione, le Grotte di Vorgozzo e Vorgozzino sono le due maggiori cavità finora conosciute, con il Vorgozzino recentemente rivisitato con molte nuove scoperte, dagli speleologi orvietani.
Tutta la catena di basse montagne calcaree è da sempre metà di ricerca da parte di numerosi gruppi speleologici umbri. Perugini, orvietani, tuderti, ternani, stroncolini, amerini, narnesi e sempre più spesso anche laziali si sono impegnati nella ricerca di cavità promesse da maledette fessure soffianti.
A monte delle “Buche del Vento”, i Pipistrelli ternani trovano prima due piccole cavità: Barbazza 1 e Barbazza 2, e con successive battute esterne scoprono prima la Grotta OKI, e poi la Grotta Elce-Barile.
I nomi delle grotte prendono spunto dal Fosso Elce-Barile vicino, ma anche dal farmaco per curare il mal di testa “da strettoie” e dal prelibato piatto locale a base di maiale.

Gli ingressi di OKI ed Elce Barile si trovano ad una cinquantina di metri di distanza.
Le due cavità in realtà costituiscono due ingressi di un unico sistema.
Non si è ancora trovato il passaggio a misura di speleologo tra le due grotte, ma le caratteristiche morfologiche, la loro vicinanza e i parametri di temperatura e del flusso d’aria che le interessa le fa appartenere sicuramente ad un unico sistema, stessa genesi, stesse caratteristiche.
I due ingressi distano una cinquantina di metri e le zone profonde delle due cavità si avvicinano molto, tanto che la prova di collegamento radio tra i rami convergenti delle due grotte, effettuato pochi mesi fa, ha dato esito positivo.
Oki è profonda circa 25 metri ed ha uno sviluppo di 45 metri, la “sorella maggiore” Elce-Barile arriva a circa 40 metri di profondità, ha uno sviluppo più articolato tra pozzi, sale più o meno grandi e risalite.
La corrente d’aria rilevata e misurata all’ingresso promette vuoti ben maggiori di quelli trovati finora, e il GGP continua a cercare possibili prosecuzioni soprattutto in Elce Barile dove l’aria, pur suddivisa in decine di passaggi e bypass, si riesce a percepire in alcune strettoie promettenti.

In allegato, per maggiori informazioni è disponibile una relazione inedita delle ricerche effettuate nelle due cavità, analisi delle temperature e un approfondito esame geologico del territorio in cui si aprono le due grotte.
https://www.scintilena.com/wp-content/uploads/2022/01/Relazione_Elce_Barile.pdf

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