di Filippo Felici
Assieme ai gruppi speleologici di Vittorio Veneto, Sacile e Pordenone, stiamo spalancando le porte delle profondità di Pian Cansiglio. Infatti, nella notte tra sabato e domenica sono state scoperte una serie di gallerie/forre/saloni di grandi dimensioni nelle zone più profonde del Bus de la Genziana (TV).

Di seguito riporto quanto postato oggi su facebook

Non ho ancora avuto il tempo di metabolizzare pienamente la punta di ieri, ma proverò a scrivere lo stesso, a bordo della litorina che collega Mestre ad Adria, perché c’è chi aspetta l’ormai consueto explostory del lunedì post-genzianeo. E per fissare i ricordi, i pensieri e le emozioni su di un qualche supporto magnetico conservato chissà dove. Il racconto è lunghetto ma, quest’ultimo weekend, resterà memorabile nella storia del Pian Cansiglio.

Entriamo di sabato mattina. Con me Alessandro Pierasco e Sergio Poeta. A dispetto di tutte le previsioni meteo il cielo è sereno. Ancora una volta la Signora si sta mostrando benevola con noi: bene, questo weekend vuole proprio farsi esplorare, alla faccia dei gufi, che vuole rimangano fuori. Ma la piena arriverà, e le nostre facce esprimono questa certezza.

Obiettivi:
-rilevare dal salone al P70, passando per il bypass del P60 e percorrendo la via dei traversi;
-riarmare a “soffitto” tutto il forrone che dalla base del P70 porta alla galleria del “Residence Sottomonte”, la zona fossile dove abbiamo allestito il campo base sopra il P36. Lo scopo di questo lavoro è permettere un’uscita sicura dalla grotta anche durante la piena;
-riposare al campo ed attendere l’arrivo di chi attendiamo per la notte, Sandro Sorzè e Andrea Macauda;
-Rilevare l’esplorato e proseguire le esplorazioni del ramo “INPS” o della “Befana”, anche se nessuno di questi due nomi mi convince appieno. Lo cambierò dopo questa giornata…..;
-Uscire e scolarsi una Forst.

Porteremo a compimento tutti i 5 punti.

Tanto materiale con noi. In tre con cinque sacchi e tutti, eccetto uno, che superano abbondantemente i 10 kg.
Al Salone ci dividiamo: io e Pierasco saliamo per il Bypass. Sergio arma il P60 tralasciando gli ultimi due frazionamenti (in questa maniera, l’indomani, avremmo potuto disarmare e recuperare la corda, in caso di piena, scendendo solo fino al secondo frazionamento…). Tutto fila liscio. Ci ricongiungiamo con Sergio alla fine del bypass e proseguiamo il rilievo in tre, ora più speditamente. Terminiamo di rilevare alle 14.30 circa, prima dei traversi che precedono il P70. In tutto sono circa 85 battute. Pierasco esce.
Proseguiamo io e Sergio, ora con 4 sacchi in due.
Alla base del P70 ci dividiamo. Sergio scende la prima parte della forra per recuperare le corde. Io comincio l’armo altissimo utilizzando il canapone da 90 m (10,5 di diametro!!!!!!!) che Barbara Grillo mi ha regalato per il mio ultimo compleanno e le nuove placchette auto costruite e donatemi da Emanuele Marchesin, che ringrazio. Tutto fila liscio, anche se ora siamo con 5 sacchi!
Per il riarmo della seconda parte della forra io e Sergio ci invertiamo: tocca a me ora recuperare il materiale che arma la parte bassa della forra ed a Sergio realizzare l’armo in alto, riutilizzando, anche parzialmente, i fixe che avevo installato durante il campo del 2007.
Arriviamo al campo base alle 20 di sera. Una pesante cena e via nei sacchi a pelo. La notte passa con l’orecchio sempre puntato verso la forra, sempre a percepire il segnale di una preannunciata e probabile piena in arrivo. Che però non arriva. Arrivano invece verso le 04.00 i due nottambuli, Andrea Macauda e Sandro Sorzè che mi implorano di non essere svegliati troppo di buon ora, la mattina seguente.
E così farò: proverò a svegliarli solamente alle 08.30, col caffè pronto ma, dalle loro voci, capisco immediatamente che il mio tentativo di coinvolgerli nel lavoro sarà vano, perché “Mammolo è come un gatto: ha paura dell’acqua”, penso…..
Io e Sergio partiamo così rilevando dal campo base. Portiamo con noi anche materiale da esplorazione. Rileviamo il lungo traverso aereo, il pozzo successivo, le grandi gallerie, i pozzi seguenti e la galleria fangosa PiFeMa. Poi scendiamo lungo il gallerione corchiano, armiamo due pezzettini e completiamo l’anello con le gallerie sottostanti. Rilievo finito: poco meno di 40 battute.
Dei due sciagurati nessun indizio. Col pensiero li faccio già sul P70…..
Ripercorriamo quindi a ritroso il gallerione corchiano. Io vorrei incominciare a risalire il mega camino che a metà di esso fa capolino (probabilmente una quarantina di metri); Sergio vorrebbe provare a passare la strettoietta di fango all’estremità del gallerione. “E’ un lavoretto da 5 secondi!” gli avevo suggerito poco prima.
Io insisto per la risalita.
Lui per la strettoietta.
Io preparo il materiale per l’arrampicata.
“Io sono Sardo, son quindi testardo, e scavo!”, rimbrotta lui.
Fisso il pacco batteria al trapano.
“Passato!”, urla…
“E allora?”, domando io.
“Rumore di cascata”.
“E allora?” comincio a spazientirmi.
“Poooozzoooooneeee! Vieni, porta corde, trapano e attacchi!” sbraita il sardenonese, quasi con la bava alla bocca, rapito da un raptus incontrollabile… “Visto cosa può fare un sardo quando si mette in testa qualcosa?”.
Ha vinto lui e, a questo punto, decido di raggiungerlo.
In effetti come avevamo intuito già la volta scorsa, al di là del riempimento di fango, parte un bel meandro fossile. Percorsi circa 10 metri lo stesso si affaccia a metà di un alto e grande ambiente – “Salone dei Gufi” – dalla sommità del quale proviene un’imponente cascata (nota: la quantità d’acqua proveniente da questa cascata è maggiore rispetto a quella che percorre il grande forrone principale alla base del P70: “i casi sono due – penso – o nel frattempo è arrivata la piena o questo è davvero un ramo veramente importante” ). Armiamo un P8 ed atterriamo sulla sala. Illuminiamo il camino e vediamo che la cascata arriva da un portale di dimensioni almeno 5 metri per 5.
Bivi ovunque.
Ma è dall’altra parte della sala che un passaggio attira la nostra attenzione: del nero su una frana che immette in uno scivolo. Via con la corda. Scendiamo lo scivolo per una 10na di metri di dislivello per poi ribeccare l’acqua che proviene dal camino sovrastante. Forrone.
Mega forrone.
“Forrone! Si scende, vieni! Porta la 50 e gli attacchi!” grido nel frastuono dell’acqua. Scendiamo, terminando gli attacchi a nostra disposizione, un P25. Poi mega forra, che percorriamo per circa 50 metri (10-15 metri di dislivello) sino ad arrestarsi sopra un bellissimo Pforse30……
Ci guardiamo in faccia, facciamo una grossa risata e scriviamo la data ed i nostri nomi sul fango del meandro.
In un’oretta siamo di nuovo al campo base. Una veloce mangiata, una riassettata alle stanze dell’hotel, una lavatina ai materiali e via su!
La grotta non è in piena. La piena non c’è stata. Alla faccia di meteo.it….
La piena non c’è stata!
Il ritorno è lungo, siamo stanchi. Dal campo base impiegheremo, lungo la più scomoda alta via del forrone (la prossima volta riarmeremo anche la parte bassa lasciando percorribili contemporaneamente le due vie), ben 4 ore ad uscire. Il P60 è in secca.
Più volte , lungo il tragitto di ritorno mi viene da pensare “La piena non c’è stata! Allora siamo veramente su un altro ramo sicuramente importante. Ma dove di preciso? Sotto quale zona di Pian Cansiglio ci troviamo? Da quale settore può confluire questa gran quantità d’acqua? Forse il vallone del Vallorch? Lo vedremo dal rilievo”.
E mentre risalgo penso al nome del ramo.
“Ramo Pandora. Mi piace, si!, Ramo Pandora!”
Ed il traverso che ha dato il via all’esplorazione del labirinto sarà il “Traverso dell’Apriscatole”. Apriscatole, certo. Come il nome del software che la vecchia Signora ci ha installato nella testa durante questi ultimi due anni per permetterci di essere esplorata.
La Genziana va.
Va in discesa verso un nuovo fondo.
Va in salita verso praterie sconfinate. Il lato sinistro del nostro cervello.

Alle 19.15 la Forst è nei nostri pancini…

Felpe

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