Il Monte Kronio e le sue grotte, teatro delle recenti esplorazioni di La Venta in collaborazione con la Commissione Grotte Eugenio Boegan di Trieste ha reso un nuovo incredibile ed inatteso risultato: nelle giare di coccio dell’Età del Rame trovate al loro interno è stato trovato e studiato il vino più antico del mondo che si è scoperto avere quasi 6.000 anni.
I suoi residui, sono stati studiati da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’archeologo Davide Tanasi dell’Università della Florida Meridionale, a cui hanno preso parte anche il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’Università di Catania e gli esperti della Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento.
La scoperta è stata pubblicata su Microchemical Journal e dimostra che la viticoltura e la produzione di vino in Italia non sono cominciate nell’Età del Bronzo, come ipotizzato finora, ma oltre 2.000 anni prima.
A confermarlo sono i residui chimici rimasti in una delle enormi giare risalenti agli inizi del IV millennio avanti Cristo: la terracotta, non smaltata, ha conservato tracce di acido tartarico e del suo sale di sodio, sostanze che si trovano naturalmente negli acini d’uva e nel processo di vinificazione.
È molto raro che si riesca a determinare la composizione esatta di tali residui, perché per farlo è necessario che il vasellame sia estratto completamente intatto. I ricercatori intendono ora continuare i loro studi per riuscire a stabilire se questo primo antichissimo vino italiano fosse rosso o bianco.

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