REM del Ghiaccio

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Dic 30, 2016

Alpe di Perabruna, Valcasotto, Garessio (CN). E’ il 1995 quando Max e Mario trovano un ingresso di dimensioni inaspettate, mai visto prima, sulle pareti della dorsale di Perabruna. Nasce Rem del Ghiaccio. Nome insolito, siamo a 1900 m eppure questa grotta, sotto i primi 20 m di meandro, custodisce un ghiacciaio ipogeo. Una rarità.

Quell’anno ne indagarono i primi spazi, scendendo un pozzetto fra pareti di ghiaccio, fino a congiungersi alla vicina REM1 (trovata da Fabrizio pochi mesi prima), e risalendo alcuni metri per ritrovarsi in una galleria che chiudeva su… ghiaccio! A circa una settantina di metri dall’ingresso ogni possibile prosecuzione era infatti celata da un secondo corpo glaciale.
Per anni lo Speleo Club Tanaro è impegnato in altre grotte; nel 2011 curiosi di vedere questo ghiacciaio ipogeo torniamo. Il suo livello è sceso notevolmente, in fondo alla galleria ora si apre uno stretto passaggio fra roccia e ghiaccio che soffia furioso, raccontando di grandi spazi. Ma occorrerà attendere ancora.
Un ghiacciaio in grotta è una rarità e merita di essere studiato, così decidiamo di coinvolgere docenti e ricercatori. Ne parlo con la Dott.ssa Elena Zanella, paleomagnetista dell’Università di Scienze della Terra di Torino, con cui l’Associazione Gruppi Speleologici Piemontesi collabora per lo studio degli speleotemi (le concrezioni, che possono raccontare con la loro analisi il clima del passato, anche molto remoto) e tutto ha inizio. Il 14 luglio del 2015 torniamo con il paleomagnetista Luca Lanci, docente dell’Università di Urbino e collega di Elena, e con Danilo Godone, dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Torino, a prelevare una carota di ghiaccio, per poterla analizzare e cercare di carpirne i segreti sull’età e sulla sua formazione.
Quel giorno ad attenderci un’inaspettata novità. Il cambiamento climatico in atto è evidente, quello che quattro anni prima era un buco largo una spanna si è trasformato in un meandro tra ghiaccio e roccia di due metri per uno!! Regalando un’emozionante esplorazione.
Quel giorno l’obiettivo è raccogliere la carota di ghiaccio, così diamo solo un’occhiata veloce, ma gli spazi intravisti non lasciano dubbi. La volta successiva sistemiamo 4 sensori che registreranno la temperatura per i prossimi anni e ci divertiamo. Le urla di gioia di Massimo, che ha trovato il giusto passaggio inseguendo l’aria fra le pietre, anticipano lo stupore che proviamo sbucando in Cardioshock, un grande gallerione fossile che racconta dell’antico torrente che qui vi scorreva in tempi molto lontani.
La grotta non si ferma più. Il campo di quest’estate l’abbiamo organizzato al Rifugio Manolino e siamo tornati più volte per inseguire vuoti via via più profondi, giungendo per ora a -300 m. La grotta finora esplorata si sviluppa per 1900m, ma tanto resta ancora da vedere.
Intanto lo studio continua, abbiamo coinvolto Università, Politecnico, ARPA e CNR IRPI. Il monitoraggio dell’umidità e delle temperature in diversi punti della grotta e in esterna, insieme all’osservazione della fusione dei due corpi glaciali ipogei (probabilmente resti di un antico unico ghiacciaio), potranno fornire importanti informazioni.
Durante le ultime uscite di settembre abbiamo avuto il privilegio di sentire i pipistrelli chiacchierare scambiandosi informazioni e corteggiandosi, pare infatti che REM del Ghiaccio sia un sito di swarming, ma per spiegare cosa questo significhi lascio la parola al Dott. Toffoli, presidente dell’associazione Chirosphera con cui l’AGSP ha da poco firmato una convenzione per sancire la stretta collaborazione tra speleologi e chirotterologi. “Queste preziose osservazioni condotte dagli speleologi hanno, infatti, stimolato una prima sessione di indagine sui chirotteri della grotta, confermando come questa sia un importante sito di aggregazione autunnale (swarming) la cui funzione principale è quella degli accoppiamenti, oltre che di scambio d’importanti informazioni tra gli individui sui siti d’ibernazione e alimentazione. Una prima sessione di catture (condotta con l’autorizzazione del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, essendo i pipistrelli specie tutelate dalla Direttiva Habitat), ha consentito di rilevare la presenza di 8 specie differenti, tra cui l’orecchione alpino Plecotus macrobullaris, specie le cui informazioni sulla distribuzione sulle Alpi occidentali sono molto frammentarie. Ora occorrerà capire se la grotta e frequentata anche per l’ibernazione e com’era utilizzata in passato, dato che sono stati trovati parecchi resti fossili e sub fossili di pipistrelli, attualmente in corso di studio.”
La salvaguardia dei pipistrelli passa anche attraverso la conoscenza. Chi più di noi, amanti del sottosuolo, può fornire le giuste informazioni condividendo con i pippi la passione per le grotte?
Ai prossimi “sviluppi”.
Raffaella Zerbetto – Pubblicato su ALPIDOC n.94

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