Dal giugno del 2013 l’associazione La Macchina del Tempo di Napoli è impegnata, a seguito di una convenzione con la II Municipalità, in una campagna di controllo delle circa 200 cavità artificiali sottoposte al territorio di alcuni quartieri della città. I controlli effettuati, a titolo assolutamente gratuito, sono innanzitutto di ordine ispettivo con rilievi fotografici e riprese video che poi vengono comparate con la documentazione preesistente in moltissimi casi estremamente datata. Dove necessario di esegue un rilievo topografico di massima o si approfondiscono indagini che solitamente si svolgono nel sottosuolo. Proprio a seguito di una vasta voragine che ha interessato una grande arteria viaria della II Municipalità di Napoli, durante il mese di dicembre, La Macchina del Tempo ha programmato una ispezione della cavità sottostante il fenomeno per valutare l’interessamento o meno del sistema caveale sotterraneo; la fase ispettiva e diagnostica p stata condotta da due squadre, una topografica e la seconda video e fotografica. Quasi al termine della ricognizione, raccolti tutti i dati necessari alla compilazione del rapporto tecnico, ci siamo messi un po’ a curiosare per godere finalmente delle singolarità che la cavità offriva e, curiosando e sbirciando tra i resti detritici che invadevano parzialmente i lunghi corridoi del ricovero antiaereo uno di noi, Luigi De Santo, ha notato un bullonino sporgere dal terreno in corrispondenza di uno scolatoio (che veniva utilizzato per svuotare le cisterne quando questi ambienti erano adibiti ancora ad acquedotto. Si tratta di una nicchia alta non più di 1.5 metri e larga altrettanto oramai riempita di terreno. In tre ci siamo messi a scavare e, con estrema gioia e già tanta emozione ci siamo resi conto che il bullone non era altro che una borchia che chiudeva la cinghia di una cartucciera in cuoio; ovviamente la frenesia è stata tale che ci siamo subito messi ad ammirare il prezioso ritrovamento ma, ricollegato il cervello, abbiamo continuato, con molta più calma e cura, a scavare per verificare la presenza di altro materiale… dopo un’ora eravamo ancora lì e continuavamo a disseppellire moschetti, cartucciere, baionette, tutto della II Guerra Mondiale. E’ stato proprio dopo questo ritrovamento che ci si è accesa la classica lampadina di Archimede (il Pitagorico), siamo corsi indietro nei corridoi del ricovero di qualche decina di metri dove avevamo letto delle scritte sulle pareti, nomi di soldati e sottufficiali con relativo corpo di appartenenza il tutto attorno ad una data: 6 settembre 1943, pochi giorni prima le 4 Giornate. Forse erano i fucili che molti napoletani nascosero ai tedeschi per potersi proteggere ed insorgere, forse erano state nascoste solo avendo sentito dell’imminente editto Scholl che ordinava che tutti gli uomini trovati in possesso di armi venissero rimandati al fronte, fatto sta che quelle armi erano state nascoste e poi dimenticate. La stampa, grazie all’ampio spazio concessoci da Il Mattino di Napoli, ha poi permesso di approfondire la questione storica con la professoressa Gabriella Gribaudi ed ha lanciato un appello per trovare Marino Felice o un suo parente in vita per farci raccontare quella storia letta sui libri di scuola in modo un po’ distaccato ma che oggi ci siamo ritrovati addosso, tra la polvere e le macerie del ricovero, come un altro pezzo di DNA napoletano sopito per decenni e che oggi ci sussurra nuove vecchie storie di eroi comuni e sconosciuti ai quali molte delle nostre famiglie oggi devono la vita!
Di seguito il link all’articolo de Il Mattino del 19 gennaio 2014.
http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/napoli-quattro-giornate-ritrovate-armi/notizie/460593.shtml

Di

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *