SASSARI. Quando il geometra Enzo Gavini ha iniziato a costruire una palazzina tra via Sorso e via Buccari, nel 2002, non si aspettava di scoprire la Grutta di Lu Sorigu Antigu, la più antica di Sassari, capace di indurre gli studiosi a riportare indietro nel tempo, fino al Neolitico antico, le origini della città. «E invece è andata proprio così- afferma Gavini, titolare di un’impresa edile- ho visto una grossa macchia sulla parete che stavamo ricavando da un costone calcareo sbancato e ho chiesto agli operai di rimuoverla. All’improvviso, dall’alto è precipitato un teschio». Così per l’impresario è iniziata un’avventura eccitante che non si è ancora conclusa. «Ero molto interessato, ma anche preoccupato perché temevo che potessero bloccarmi i lavori».
Uno scavo di emergenza. Si è rivolto subito alla Soprintendenza archeologica di Sassari che ha disposto uno scavo di emergenza. Sotto la direzione dell’archeologo Francesco Guido, sul posto è intervenuta anche l’arcehologa Irene Sanna. Insieme a lei c’era Laura Sanna, geologa e speleologa del Gruppo Spelo Ambientale Sassari, non a caso: infatti la nuova palazzina stava nascendo proprio al di sopra di una grotta. All’interno della cavità carsica, il cui accesso si trova 4 metri sopra il piano stradale, sono stati trovati reperti scheletrici umani, in particolare un cranio, due vertebre e alcune ossa del bacino. Inoltre, sono stati rinvenuti pochi frammenti di ceramica neolitica e numerose ossa di Prolagus sardus (ben 11 crani). Il prolago è un lagomorfo, cioè un mammifero della famiglia degli octonidi, comunemente assimilato ai roditori. Proprio questo ritrovamento è all’origine del nome che è stato dato alla grotta, Lu sorigu antigu (il topo antico), anche se il mammifero, molto probabilmente, era più simile a una lepre. A quanto riferisce il naturalista Francesco Cetti, il suo più tardo discendente è stato osservato nel 1774 a Tavolara.
L’abitato di Sassari risale al Neolitico antico. Come si legge nell’articolo scritto da Irene e Laura Sanna, l’aspetto più interessante del ritrovamento è che consente di riscrivere una parte della storia dell’abitato sassarese: i materiali restituiti dalla grotta di Palmaera, scavata in via Sorso nel 1905, e da quella scoperta più recentemente in viale Umberto 119, permettevano di datare il primo villaggio tra il 2500 e il 2000 a.C.; ma dopo il rinvenimento della la Grutta di Lu Sorigu Antigu si può tornare indietro fino al Neolitico antico, tra il 6000 e il 4500 a.C.
La cavità carsica, secondo i rilievi effettuati dal Gruppo speleo ambientale Sassari, è larga circa 7 metri, profonda 2 e alta in media 1,5 metri. Lo scavo ha permesso di entrare anche nei rami più interni della grotta, che si sviluppano per 32 metri in piccole salette quasi completamente occupate da blocchi che si sono staccati dalla volta in epoca recente.
La grotta sarà valorizzata. La camera d’accesso alla grotta però è ben visibile e il costruttore vorrebbe che tutti potessero visitarla: «Il garage in cui si trova non l’ho venduto, e anzi, ho già posizionato un faretto e mi sono interessato all’acquisto di una vetrata di cristallo», racconta Enzo Gavini. Dalla Soprintendenza ha avuto l’autorizzazione per realizzare un piccolo progetto di valorizzazione dei reperti. «Soprattutto, vorrei riposizionare le ossa di quell’uomo nella cripta in cui sono state trovate». Ed è proprio ciò che il geometra farà entro la fine quest’anno: «È una questione di rispetto verso i defunti: mi sembra giusto così».

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