Notizia del Catasto Grotte Commissione E. Boegan
Notizia pubblicata su “Il Piccolo di Trieste” del 21 gennaio 2008
Immagini dal XIX secolo a oggi documentano gli aspetti, abiti e materiali compresi, dellÂ’evoluzione della speleologia.
Settemila foto di grotte in Internet grazie all’Alpìna.
La Società Alpina delle Giulie, che fra qualche mese celebrerà i suoi 125 anni di vita, è fedele depositaria delle memorie alpinistiche e speleologiche di un buon settore della Venezia GiuÂlia. Nei suoi archivi sono amoÂrosamente conservate e gelosaÂmente custodite raccolte di fotoÂgrafie e diapositive sulle nostre montagne e sulle nostre grotte.
Si tratta non solo di materiaÂle prodotto dai suoi soci nel corÂso della lunga vita dell’associaÂzione, ma anche di collezioni provenienti da appassionati di montagna e di grotta non apÂpartenenti all’Alpina ma che nella stessa hanno riconosciuto la struttura più consona per la loro custodia e per una corretta fruizione. Sono infatti conservaÂti, e ora disponibili, alcuni alÂbum di grottisti indipendenti e di gruppi grotte ormai scomparÂsi.
Ora la sezione di questo maÂteriale riguardante il mondo sotterraneo (si tratta di decine di migliaia di pezzi), viene mesÂsa, grazie alle possibilità fornite dalla tecnologia moderna, a disposizione del pubblico tramiÂte internet. Dai primi giorni di dicembre sul sito della CommisÂsione Grotte della Società AlpiÂna delle Giulie (www.boegan.it) sono visibili oltre 7000 foto che coprono un arco di tempo che va dall’ultimo ventennio del XIX secolo ai giorni nostri. Sono foto che documentano la nascita della speleologia a TrieÂste e ne accompagnano lo sviÂluppo e la crescita lungo i deÂcenni che hanno visto la traÂsformazione del mondo. E’ una raccolta in cui si riflette la vita di Trieste, passata dalla sovraÂnità austriaca al ventennio faÂscista, all’Adriatische Kusteland, alla breve occupazione Ju-goslava, al Governo Militare AlÂleato sino all’attuale situazione geopolitica che, con l’abbattiÂmento dei confini, richiama alÂla memoria quella degli inizi.
Ordinate cronologicamente (ma il fruitore ha la possibilità di condurre la ricerca anche con parametri diversi), le priÂme foto mostrano gli speleologi con cappello di feltro e giacca e cravatta; poi nel periodo fra le due guerre abbigliati con tute da meccanico ed elmetto 1915/18 e quindi gli anni ’50 e ’60 con le tute mimetiche dell’esercito. La serie prosegue teÂstimoniando l’evoluzione dell’ abbigliamento e dei materiali impiegati: negli anni ’70 e ’80 le scale vengono sostituite dalÂle sole corde, gli elmi militari cambiati con caschi di fibre sin-tetiche, nasce un’industria che fornisce tute, sottotute, imbraÂchi, impianti di illuminazione. La speleologia ha subito .una riÂvoluzione copernicana, con una dilatazione degli ambiti di riÂcerca che, lungi dall’essere oramai finiti, presentano la possibiÂlità di risoluzione dei problemi che cent’anni fa parevano insoÂlubili.
Il nuovo sito della CommisÂsione Grotte «E. Boegan» della SAG – che sì affianca a quello del Catasto Storico delle Grotte della Venezia Giulia, da mesi già operante (www.catastogrotte.it) – oltre a coprire un arco di tempo pluricentenario, interessa un ambito spaziale che traÂvalica i confini della regione. Documentando soprattutto l’atÂtività dei suoi grottisti. presenÂta immagini provenienti non soÂlo da quasi tutte le zone carsiche d’Italia, ma anche dalle vaÂrie parti del mondo in cui hanÂno operato: Venezuela, Messico, Borneo. Iran, Brasile, per inÂdicarne solo alcune.
Il lavoro presentato, ancorÂché notevole, non si può dire ancora concluso: sono stati sinoÂra informatizzati 92 album delÂla collezione, ma rimangono tuttora da scansire le foto diÂsperse in vari fascicoli tematiÂci. Inoltre è in corso di studio di fattibilità l’inserimento in reÂte della cospicua raccolta di diaÂpositive speleologiche (oltre 15000 pezzi) e di quella altretÂtanto consistente di diapositive di montagna, nonché di alcuni filmati dell’altro secolo, fortunoÂsamente giunti sino a noi.
Tutto il lavoro è stato svolto senza il ricorso a finanziamenÂti pubblici o privati, basandosi esclusivamente sul volontariaÂto dei soci dell’Alpina.