Nel Febbraio scorso sono stati finalmente recuperati i corpi dei due sub italiani avventuratisi a El Dudù, in Repubblica Domenicana. Le operazioni di individuazione e recupero, durate 16 giorni, sono state particolarmente difficili e rischiose. La Società Speleologica Domenicana ha sottolineato che i due sub tecnici non avevano brevetti né attrezzature da speleosubacquea, l’unica disciplina che consente di affrontare in sicurezza grotte sommerse. Scintilena ha chiesto spiegazioni a uno dei massimi esperti italiani in materia, direttore della Scuola Nazionale di Speleologia Subacquea della SSI (Società Speleologica Italiana), Leo Fancello, istruttore di speleologia, speleosubacquea, subacquea in acque libere, e anche soccorritore ed istruttore della Scuola Nazionale Tecnici di Soccorso speleosubacqueo del CNSAS.

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Lo speleosub Leo Fancello a su Gologone - foto di Attilio Eusebio

Direttore, immagino che avrai seguito da vicino la vicenda dei due sub italiani morti nella grotta domenicana…
Sì e sono affranto, siamo tutti affranti, spiace per loro, per il lutto che devono affrontare le rispettive famiglie ma spiace ancora di più perché queste sono le ennesime morti inutili. Ce ne sono praticamente ogni anno, eppure nessuna di queste è servita di esempio agli altri. Il comunicato della Società Speleologica Domenicana ha messo in evidenza subito il fatto che questi sub sono entrati a El Dudù senza avere alcuna qualifica per poterlo fare. A ogni incidente sui media si legge “era un sub esperto”, e invece non è chiaro che puoi essere un sub espertissimo, un sub tecnico, ma se non sei uno speleosub ed entri in una grotta sommersa, a maggior ragione come quella, ti stai infilando in una situazione pericolosissima, dove troverai una vera trappola pronta ad ucciderti, e metterai a rischio anche la vita di coloro che dovranno venire a recuperarti. I sub di acque libere si rifiutano di capire che, per molti versi, la speleosubacquea è profondamente diversa dalla subacquea.

Come mai è difficile comprendere la differenza tra le due discipline?
E’ più che altro superficialità, credo. Come Scuola Nazionale siamo impegnati da una vita sul fronte della sensibilizzazione, non sai quanti diving contattiamo ogni anno per proporre un incontro gratuito con sub e istruttori, proprio al fine di informarli meglio sull’attività speleosubacquea, per metterli in guardia, eppure finora ci hanno risposto in pochissimi, anzi quasi nessuno. E’ una cosa che demoralizza tantissimo, anche perché ormai non c’è solo la nostra scuola, ci sono diverse didattiche, in Italia e in tutto il mondo, che insegnano ad esplorare grotte sommerse in sicurezza. Eppure non si cerca nemmeno di informarsi. Ne sono morti tanti e, terribile dirlo, ancora tantissimi ne moriranno se non si inverte questa tendenza… Cosa aspettiamo, anche qui in Italia, che lo Stato chiuda le grotte o ne vieti l’accesso?

Quali sono gli errori più comuni in questi incidenti che coinvolgono sub che non sono speleosub?
Gli incidenti accadono sempre per gli stessi motivi, il mancato utilizzo o un utilizzo sbagliato della sagola guida, che in una grotta sommersa è uno strumento imprescindibile, oppure l’uso di un’attrezzatura idonea per immersioni in acque libere ma assolutamente incompatibile con l’ambiente grotta. Succede ogni singolo anno, nonostante gli incidenti, i disastri e i decessi. E’ davvero sconfortante.

Spiegaci nella pratica le principali differenze tra subacquea di acque libere e speleosubacquea
Le differenze fondamentali sono tre: configurazione delle attrezzature, addestramento e approccio mentale.
Iniziamo dalla sagola guida, il cosiddetto Filo di Arianna, è un filo di qualche millimetro di spessore che il sub srotola e fissa in alcuni punti sulla roccia durante tutto il suo percorso. Ha la stessa funzione che ha nel mito: seguendolo, non abbandonandolo mai, anche quando la visibilità è nulla, lo speleosub può trovare la strada del ritorno e uscire dalla grotta.
I sub la sagola guida non la usano, perché in acque libere non ne hanno bisogno, quindi quando si immergono in grotta o non la usano o la usano male, oltre il 50 % degli incidenti totali avviene per questo motivo…invece deve essere fissata con cura e mai, per alcuna ragione abbandonata, nemmeno per un istante, soprattutto in grotte dove la visibilità può ridursi a zero in un attimo.

Dicevamo della configurazione delle attrezzature: le configurazioni che si usano per immergersi in grotta sono completamente diverse da quelle delle acque libere, in grotta devi soddisfare dei requisiti di ridondanza, in modo che se si rompe uno strumento ne hai un altro di ricambio, se una bombola si scarica devi averne altre, così per la maschera e tutto il resto. E devono essere configurate in modo separato, ogni bombola deve avere il suo manometro, il suo erogatore etc. Il concetto di ridondanza in speleosubacquea è fondamentale. Sono necessarie attrezzature che in caso di problema ti consentono di interrompere l’immersione e uscire in sicurezza.
E a partire dalla configurazione, l’addestramento è importantissimo, perché non è sufficiente portare la quantità giusta e le attrezzature idonee, bisogna impratichirsi, imparare a gestirle e ad usarle. Ma l’addestramento riguarda anche l’approccio mentale nell’affrontare l’immersione, che è diverso nelle due discipline.
Mi spiego: uno speleosub deve fare anche 4-5 operazioni contemporaneamente, talvolta anche di più, con la visibilità che tende a diminuire, al freddo e soprattutto al buio. Deve stendere la sagola, fissarla alla parete della grotta in modo che non si rompa sfregando sulla roccia, contemporaneamente deve controllare il manometro, e tenere sempre equilibrato il consumo di gas delle bombole, un terzo all’andata, un terzo al ritorno e un terzo generalmente di riserva per affrontare eventuali imprevisti, cambiare gli erogatori ogni 20 bar, allo stesso tempo guardare la bussola e l’ambiente davanti a sé per rilevare pericoli o distacchi dal soffitto.
Il buio, il freddo, la fatica, lo stress vero. Solo con un addestramento serrato riesci ad affrontare correttamente tutto questo. Un sub abituato al mare aperto, quando si infila in un cunicolo sente l’ambiente incombente e spesso entra nel panico. Nei nostri corsi, ad esempio, quelli che riescono meglio non sono i sub tecnici o professionisti, bensì gli speleologi, che sono abituati all’ambiente grotta.

Quindi cosa bisogna fare per diventare speleosubacquei?
Ci sono diverse scuole e didattiche che addestrano alla speleosubacquea, quella franco-svizzera che è quella che segue l’SSI, oppure ci sono quelle d’oltreoceano, come la GUE e la TDI. Nella nostra scuola accettiamo anche coloro che non ha fatto un corso di speleologia preliminare, tuttavia questi si fermeranno ad un certo livello e non andranno oltre, poiché incontreranno dei limiti oggettivi nella progressione, si pensi ad esempio ai post-sifoni, che sono ambienti asciutti che si trovano dopo quelli sommersi, e senza la conoscenza di tecniche di progressione speleologica non possono essere affrontati adeguatamente.
Nella realtà tutti possono fare speleologia subacquea, per esempio le didattiche tecniche d’oltreoceano fanno speleosubacquea portando i discenti anche molto avanti, ma questi si potrebbero trovare in difficoltà in un certo tipo di ambienti all’asciutto, perché per mancanza di attrezzatura o esperienza speleologica, andranno incontro a dei pericoli. Chi invece ha un background speleologico e fa un corso di speleosubacquea è in grado di esplorare una grotta nella sua interezza e in tutta la sua conformazione, sia nelle parti sommerse che in quelle asciutte.
Chi vuole avvicinarsi alla speleosubacquea ha quindi due strade: la prima è fare un corso di speleosubacquea con la Scuola Nazionale che usa metodologie e configurazione europee, l’altra è la subacquea tecnica, che dà nozioni di speleosubacquea ma si occupa soprattutto di gestire l’immersione in profondità o nei relitti, è fatta per le acque libere, dunque la metodologia e la concezione sono diverse, così come diversa è la configurazione delle attrezzature. Tieni conto che gli speleosubacquei hanno dato alla subacquea tecnica i materiali e i protocolli di azione. Noi quell’attrezzatura, che all’epoca non esisteva, ce la siamo costruita da soli negli anni 70-80, siamo, in un certo senso, i padri della subacquea tecnica di oggi. Altra grande differenza tra le varie didattiche è che quelle d’oltreoceano preparano ad immersioni con il sistema di coppia, visto che lì le grotte sono generalmente molto ampie con grande visibilità, quindi usano tecniche che poco si adattano alle nostre grotte dove gli spazi possono essere anche molto angusti e la visibilità ridotta, dove è difficile aiutare o essere aiutati, infatti la didattica europea ti addestra di base ad un’immersione ed esplorazione come se fossi in solitaria, perché la configurazione dell’attrezzatura personale è concepita per affrontare e risolvere i problemi solo con ciò che indossi.

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