Pian del Tivano Giganti
Fabio Bollini Pian del Tivano

Il ruggito delle acque lo avvertiamo subito, appena dopo l’ingresso.
Del resto lo sapevamo, questa sarebbe stata un’esplorazione bagnata, e sotto una doccia incessante..
Due settimane di piogge non potevano che aver trasformato la grotta in un vero e proprio colabrodo.
Ma siamo decisi a proseguire, e ad ogni costo, le esplorazioni alla “forra infinita” questo lungo ramo che risale ad est dal “grande vuoto” a -350, verso regioni assolutamente interessanti e sotto montagne vergini alte circa 1300 metri.
Siamo troppo incuriositi per aspettare.
Abbiamo addosso le stagne, senza le quali sarebbe stato davvero impossibile anche fare solo un metro, adesso ..
Giungiamo così a notte inoltrata al campo, dove regna sovrano, a dispetto delle condizioni della grotta, un silenzio assordante.
I nostri due compagni d’avventura, gli unici che ci hanno voluto seguire con queste condizioni, Pascal e Filippo, sono già a nanna da un pezzo.
Il giorno dopo ci inoltriamo così, armati fino ai denti di moschettoni, trapani, corde e placchette, verso quel limite esplorativo così difficilmente conquistato.
Pascale e Filippo ci hanno anticipato, e ci vorrà un po’ ad arrivare, perché siamo piuttosto appesantiti, ma anche impacciati dalle tute.
Quando però siamo quasi giunti a destinazione, dovremo purtroppo constatare che i nostri due compagni sono già sulla via del ritorno, a causa del freddo che stanno patendo…
Non li biasimo, non hanno trovato il punto esatto dove avrebbero dovuto fare la loro risalita, in una zona dove la grotta si biforca, e l’attesa li ha raffreddati.
Non voglio tirare troppo la corda, mi rendo conto che anche solo arrivare fino a qui è stata un’avventura, e risalire sotto queste cascate, se non si è super-attrezzati, non è facile…
Pascal infatti, indossa una tuta diciamo semi-stagna, e dalla quale gli percola acqua nei polsini, ed ha già il pile zuppo.
Li salutiamo e continuiamo imperterriti verso la nostra meta.
Giunti a destinazione, mi preparo a risalire, un po’ in artificiale, un po’ in arrampicata, ma contro corrente, e soprattutto con la cascata praticamente in faccia.
Devo dire però, che nonostante tutto, la cosa è stata piuttosto divertente, perché con il cappuccio e i guanti in neoprene non avevo assolutamente freddo, e avendo stagnato molto bene il trapano, potevo chiodare effettivamente anche sotto l’acqua.
Mi é sembrato a questo modo di attrezzare un Canyon al contrario, e risalita dopo risalita ci giochiamo 50 m di corda, giungendo infine in una sala alta una trentina di metri.
Quello che notiamo subito, è che in realtà, il fiume sopra di noi si biforca, e precipita da sopra le nostre teste da due rami ben distinti, uno proveniente da Nord ed uno da Est.
La cosa ci entusiasma parecchio, e così parto subito per questa nuova risalita, ma circa a metà parete sfortunatamente la punta del trapano si spezza, e dato che quella di scorta è rimasta qualche verticale sotto, optiamo per il rientro.
Vorrei ringraziare in primis Pamela, grazie alla quale, senza la sua incrollabile resistenza psicologica nonostante le condizioni avverse, non avrei avuto nessuno a farmi sicura.
Pascal e Filippo, che hanno contribuito efficacemente al trasporto di molto materiale pesante, e che ci servirà senza dubbio nelle prossime esplorazioni.
Ma anche il presidente Angelo Zardoni e il resto del gruppo, che ci stanno appoggiando alla grande in questa magnifica esplorazione.
Abbiamo calcolato in ultimo analisi che dovremmo essere saliti di circa 180 m dal grande vuoto.

Ciao a tutti e buone avventure, Fabio Bollini

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