Da qualche giorno si sono concluse le operazioni di scavo archeologico e di consolidamento e restauro di un antico pozzo idraulico di epoca romana a Torri in Sabina (RI). Il pozzo, individuato nel 1972 durante lavori di allargamento della sede stradale di Via San Vittore, nel corso dei quali vennero alla luce altre emergenze archeologiche, è da mettere in relazione con il settore rustico di una villa romana, ubicata lungo un antico percorso di crinale ricalcato in parte dalla via moderna. Tracce di pavimentazione in opus spicatum, frammenti di dolia ed una base di torchio oleario e vinario, attualmente disposti lungo la recinzione di un vicino casale, testimoniano la funzione di area di servizio per le attività produttive e di lavorazione dell’olivo e della vite. Il pozzo idrico venne scavato agli inizi degli anni settanta da Giorgio Filippi per una profondità di circa due metri e venne poi richiuso a seguito dei lavori di allargamento della sede stradale.
L’amministrazione del Comune di Torri in Sabina, in accordo con la soprintendenza archeologica, ha voluto riprendere le indagini all’interno del manufatto idraulico. Si tratta di uno degli scavi più importanti degli ultimi anni in Sabina, che ha permesso di recuperare manufatti integri di notevole pregio. Lo scavo del pozzo che si è protratto per diversi mesi con l’ausilio di geologi, archeologi e speleologi del Gruppo Speleo Archeologico Vespertilio per una profondità di circa 9 metri, ha permesso di recuperare materiali archeologici di notevole interesse. Il pozzo risultava occluso ed il contesto archeologico completamente sigillato. I reperti recuperati fanno riferimento a due fasi distinte, la prima che ha restituito la maggior parte dei materiali integri durante il periodo in cui il pozzo era in uso, ed un secondo momento dopo il IV secolo quando la funzione dell’impianto idrico è venuta meno ed avvenne lo scarico di materiali vari. In particolare sono stati recuperati frammenti laterizi, anfore, suppellettile domestica vascolare di uso quotidiano, lucerne ed accessori di ornamento personale. Lungo le pareti del pozzo sono presenti numerose pedarole, incavi disposti ad intervelli regolari, che venivano utilizzate dal personale di servizio per accedere e per la manutenzione del manufatto idraulico. Alla base del pozzo infatti si aprono gli ingressi di due cunicoli idraulici, in parte completamente occlusi da materiale fangoso che fanno riferimento ad una acquedotto sotterraneo.

Scavo del pozzo di epoca romana

Speleologi e studiosi stanno cercando ora di capire se l’ipogeo possa avere attinenza con l’impianto idraulico che riforniva anche il vicino centro di Forum Novum e donato alla comunità da Publio Faiano, vissuto agli inizi del I sec. d.C., come riportato da una famosa epigrafe conservata al Museo dell’Agro Foronovano. Plubius Faianus Plebeius, nell’esercizio del suo secondo mandato di duoviro, aveva cumulato due grosse benemerenze verso il municipio di Forum Novum a causa del notevole impegno finanziario profuso nella realizzazione e nel collaudo di un vasto ed organico intervento di sistemazione ed approvvigionamento idrico del centro cittadino: dalla fornitura al trasporto dell’acqua corrente, alla costruzione di fontane, al rifornimento e alla concessione della stessa acqua per l’impianto termale.
A coordinare le ricerche il dott. Giorgio Filippi consulente onorario dei Beni culturali del Comune di Torri in Sabina ed il dott. Alessandro Betori della Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale. A breve saranno resi noti in un convegno tutti i risultati delle ricerche mentre i materiali rinvenuti dopo il restauro saranno musealizzati. Un plauso al sindaco Michele Concezzi ed a tutta l’amministrazione del Comune di Torri in Sabina, per aver creduto in questo progetto di studio, nel recupero e valorizzazione di questa importante evidenza archeologica presente sul territorio sabino.
Hanno partecipato allo scavo Giorgio Pintus, Veronica Sanvito, Maria Fierli, Stefano Nesta, Cristiano Ranieri, Fabrizio Marincola, Gianni Mecchia, Roberto Ciotola e Michela Spaccino.

Fonte: Il Messaggero – martedì 2 gennaio 2018

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