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IL CALCARE MASSICCIO

 

Nel periodo che và dalla fine del corso annuale alle prime avvisaglie dell'inverno, il Gruppo UTEC è spesso impegnato in disostruzioni paurose e campagne di scavo paragonabili al film "la grande fuga": Ardimentosi novelli freschi di corso, sulle ali dell'entusiasmo, sospinti dalla tenacia dei più anziani, impegnano più di qualche domenica nella fatidica ricerca di superficie...

Si parte da un normale foro di diametro venti, trenta centimetri, soffiante aria, in una zona ricca di affioramenti di calcare massiccio, poi si inizia a lavorarci di fino; prima si prova con le moderne tecniche esplosive, si fa un bel foro con il piantaspit, molto più significativo se il foro è artigianale e fatto a mano, senza l'ausilio del trapano che ha le pile scariche, quindi un fuochino esperto piazza una microcarica e con conto alla rovescia ufficiale si fa esplodere la polvere. Molto spesso il fuochino ha sottratto al nonno cacciatore alcune cartucce che svuotate ci approvvigionano del prezioso materiale, ma la polvere da caccia, lo sanno tutti, non è buona per questo tipo di operazioni, ci vuole quella più fina, quindi l'esplosione il più delle volte è solo motivo di discussione e di allegria, intrattenimento, spirito di corpo e momento di socializzazione.

Visto il fallimento della tecnica esplosiva, si passa alle maniere forti, iniziano a fare capolino una mazzetta e uno scalpello; I sapienti colpi ammollati in zone significative della roccia demoliscono centimetro dopo centimetro enormi lastroni, permettendo di infilare quasi tutto il casco, esclusa la testa, naturalmente... Il lavoro viene condotto alternativamente, al punto che ogni scavatore si perfeziona in una propria tecnica personale, oppure decide arbitrariamente in quale veso far sviluppare la grotta, mentre gli altri allestiscono un campo base con i sassi di risulta dello scavo, accendono fuochi, consumano pasti frugali, cantano allegramente... L'opera di demolizione risulta più ardua del previsto, si conviene quindi di tornare alle automobili, caricarsi il gruppo elettrogeno e il demolitore e aumentare la potenza distruttiva. Nell'arco di tempo necessario per il trasporto, i più irriducibili tentano il tutto per tutto utilizzando picconi, vanghe, piedi di porco ed altri attrezzi da scasso, spranghe si ferro, vecchi coltelli ecc..

Finalmente arriva il demolitore, una nuvola di fumo bianco ed un rumore assordante e continuo avvertono dell'accensione del gruppo elettrogeno, la disostruzione ha inizio...

Normalmente i mezzi messi in campo hanno la meglio sulla dura roccia, ma il destino è spesso tiranno, e quando già entrano nel buco casco, testa, spalla e quasi torace, quando inizia a profilarsi l'andamento della "grotta", sul più bello il sasso più grosso, quello casco-non casco si abbassa di colpo e và a chiudere tutta l'apertura guadagnata faticosamente, portandosi appresso terra ed altri detriti... Si inizia a scavare a mano intorno al nuovo sasso arrivato, e alla fine, si cerca di far passare una corda attorno alla roccia che ha ostruito l'apertura... Il macigno, la cui massa stimata non è mai minore di qualche tonnellata, viene estratto di peso tra imprecazioni e bestemmie, per poi venire abbandonato a se stesso nel folle ruzzolare in discesa lungo il fianco della montagna.

Dopo la grandissima faticata, i partecipanti alla prova di forza capiscono che nessuno riuscirebbe ad introdursi in quella crepa, quindi desistono dal continuare e mestamente ritornano alle loro case. Un'altra tragedia si è consumata nella provincia italiana aumentando il degrado e il dissesto idrogeologico, tanti altri piccoli buchi possono essere allargati fino a diventare cunicoli, grotte, abissi, basta scavare con pazienza e con gli attrezzi giusti.