Marostica (VI) , con le sue collinette fra pianura veneta e Altopiano di Asiago, non è il luogo per chi fa una speleologia “sportiva” o è alla ricerca di “record”, per lasciare un accanito segno dentro una storia che interessa a pochi.
Marostica è quell’unicum speleologico, geologico e ambientale s.l. che ravviva il tizzone della curiosità dello speleologo che vuole conoscere e capire e sa leggere i dettagli di un territorio che per la sua varietà e complessità non ha forse eguali. La genesi stessa delle sue grotte è palesemente intricata ed intensa e mi piace paragonarla al vissuto di una persona con tutte le sue diverse fasi di crescita.
E come ogni persona ha il suo vissuto diverso da quello di un’ altra, così è per le grotte marosticensi. All’ombra della grande piega geologica d’Altopiano che si rovescia verso la pianura, le grotte di Marostica sono accolte da una stratificazione rocciosa che varia bruscamente passando da strati verticali ad orizzontali, piegamenti, pieghe-faglie, così come le formazioni geologiche che vedono oltre a calcari anche termini vulcanici grazie ai quali probabilmente si sono innescati meccanismi di carsismo ipogenetico.
Come Gruppo Speleologico CAI Marostica I barbastrji ormai da anni esploriamo questo territorio e lo abbiamo trasformato in un laboratorio di didattica speleologica per chi vuole muovere i primi passi nel mondo della speleologia: in 3 anni vi abbiamo portato almeno 600 persone dai 5 anni in sù attraverso open day, stage ed escursioni didattiche di vario genere. Per noi questo territorio è una fonte inesauribile di “incredibile”.
Davvero quando percorro anche in macchina le stradelle che si arrampicano verso l’Altopiano, guardo ogni sasso giallastro ricco di fossili immaginando che magari subito dietro si apra una nuova grotta. Non è solo una proiezione dei desideri inconsci (ma non troppo) da speleologo. Ci rendiamo conto in continuazione che “il sotto” delle nostre colline è più vasto di quanto si possa immaginare.
Marostica è letteralmente “un gruviera” di grotte, ne scopriamo in continuazione in posti impensabili e ci sembra che più scopriamo, meno ne sappiamo ma questo è il fascino di questo posto. Un mosaico di ormai 30 grotte delle quali la più lunga, pressoché orizzontale, arriva quasi a mezzo chilometro di sviluppo ma rappresenta un caso un po’ particolare.
Solo negli ultimi due anni, abbiamo scoperto che i numerosi sinkholes che interessavano un intero bosco, nascondevano ciascuno dei veri e propri pozzi carsici fra i quali il più grande profondo quasi 20 m e largo mediamente 5, rappresenta tutt’ora la grotta più bassa in quota dalla quale si accede in falda. Tutto questo a due passi da case, strade, luoghi che le persone, persino i proprietari dei terreni, hanno sempre guardato e frequentato senza minimamente immaginare.
Negli ultimi giorni, a Marostica ci abbiamo dato davvero dentro approfittando delle feste pasquali e voglio condividere con voi una giornata-tipo di esplorazioni a Marostica. In Val d’Inverno, risalendo il torrente sempre bello che solca la valle, il nostro occhio è stato attirato da un segno di scorrimento d’acqua abbastanza recente lasciato in mezzo a terra ed erba.
Risalito questo rivolo asciutto eccoci di fronte ad un buco rotondo malcelato da qualche sasso. E’ bastato toglierne un paio per vedersi aprire sotto un salto di qualche metro all’interno di un meandro nuovo che forse è l’uscita di una grotta che si apre sui versanti poco dietro.
Il giorno dopo invece, abbiamo finalmente deciso di risalire la Valle che porta su fino a Pradipaldo, adiacente ai Gorghi Scuri, per ritrovare su un erto versante, un punto nella roccia dal quale alcuni anni fa avevamo notato la fuoriuscita di un tumultuoso torrente. Una bella bocca d’acqua che scaricava in valle su bianchissimi sassi. Allora lo avevamo notato abbarbicati alla meglio sui versanti di fronte mentre, sotto una copiosa pioggia, ci dirigevamo a documentare il transito della piena “fantasma” del Buso del Salvanello.
Bagnati e con il tempo limitato all’esaurirsi forse repentino di quell’evento idrologico, avevamo rimandato ad un altro giorno la verifica di cosa fosse quel punto di emissione. Sabato finalmente partiamo io e Massimo Santini sotto una potente giornata di primavera, saliamo una mezzoretta per la valle facendo anche alcune calate in corda lungo i ripidi versanti in cerca del buco. E’ Massimo che finalmente grida “l’ho trovato”.
Nascosto dietro una paretina ricca di rigogliose pieghe di roccia eccolo. Non mi aspetto di trovare una grotta, mi ci avvicino quasi con una scaramantica freddezza che dura il tempo di puntare dentro la luce del caschetto e vedere oltre il nero dell’ingresso una vecchia condotta ovale perfettamente transitabile almeno per 4-5 m, poi, gira a sinistra e chissà… Ci infiliamo dentro tutti contenti strisciando e finalmente possiamo toccare con mano le pareti di quella che è una nuova grotta, anzi l’uscita di una grotta sicuramente importante. La nostra esplorazione si blocca davanti ad un restringimento della sezione… torneremo presto! Ma non finisce qua.
Con ancora i segni rosso vivo dei rovi sul collo e sulle braccia decidiamo di passare una Pasqua diversa dal solito. Siamo io, Maurizio (Buba) Mottin e Massimo Santini. Decidiamo di fare una cosa che avevamo in testa da anni: scendere la forra che da Pradipaldo passa davanti al Buso del Salvanello per andare giù dritta a Valle San Floriano.
Già prendendola dal basso, ogni escursionista passato di là si è reso conto che tutta una serie di viscidi salti di roccia ne impediscono un transito che non sia fatto con tecniche canyoning-speleo. Così, ben attrezzati, si parte alla ricerca di nuove grotte in quello che forse è il posto più selvaggio ed inesplorato di Marostica.
Lasciamo le macchine davanti la Trattoria, scendiamo i prati, e il bosco curato, fino a lasciarci alle spalle la civiltà. L’acqua ha solcato gli strati di roccia regalando alla valle la maestosità.
Esploriamo lungo il percorso alcuni buchi che però non sembrano avere una prosecuzione rilevante, ma il posto è così bello e geologicamente così interessante che non ci importa più di trovare qualche nuova cavità. Ci mettiamo quasi 6 ore e mezza per scenderla tutta, attrezzando più di 10 salti di roccia, ancorando le corde agli alberi a qualche masso o piantando tasselli con il trapano che ovviamente abbiamo con noi. A tratti camminiamo, scivoliamo giù per le rocce lisciate dall’acqua. La forra è secca, le rocce fanno una buona presa, è davvero un gusto percorrerla.
Facciamo almeno 300 m di dislivello negativo e finalmente arriviamo sotto l’ingresso del Buso del Salvanello. Qui le cose si complicano un po’ perchè davanti a noi le pareti della valle si restringono e si gettano su una fonda pozza d’acqua ristagnante e maleodorante.
Abbandoniamo così l’ultimo e già noto tratto di valle arrampicandoci sul ripido versante di sinistra. Le rocce, diventate fittamente stratificate e selcifere, non sono buone e continuano a cedere sotto i nostri piedi, ma per fortuna ci sono i cari pungitopo e alcuni alberi a farci da appiglio fidato. Sono le 19 inoltrate, il cielo è coperto di stelle ed è già buio quando ritroviamo la bella mulattiera della “camminata fin su a Pradipaldo” che ci porterà comodamente alla macchina.

Finisce ovviamente davanti ad una pizza questa giornata entusiasmante all’insegna dell’esplorazione del posto più selvaggio e inacessibile di Marostica che va a chiudere giornate precedenti non meno emozionanti e ricche di belle sorprese. Ci rimangono tanti punti interrogativi su possibili nuovi buchi e grotte ma sarà per la prossima! Per ora dobbiamo “accontentarci” di questa massiccia dose di emozioni che Marostica non manca mai di regalarci!
Se volete vedere tutte le foto vi rimando al nostro sito: www.speleologia.biz
Valentina Tiberi
Gruppo Speleologico CAI Marostica I barbastrji

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