Quando la roccia chiede rispetto
Era maggio, ma sui rilievi di Finale Ligure soffiava un vento freddo, tagliente, uno di quelli che scoraggiano anche i più motivati, racconta Pietro Lacasella su L’Altramontagna (pagina FB Alto Rilievo).
Eppure, con i suoi compagni si misero in cammino, quasi per dovere morale: avevano attraversato tutto il Nord Italia per raggiungere la Liguria. La meta era una sola, sognata e mai vista: la Grotta dell’Edera.
A raccontarlo, oggi, Lacasella ripercorre un’esperienza che ha lasciato un segno profondo.
La Grotta si raggiunge strisciando dentro un anfratto stretto, buio, che si apre all’improvviso su un anfiteatro naturale di rara bellezza. Una cupola di roccia perfettamente scolpita, solcata in alto da un’apertura da cui filtra la luce, creando un gioco di ombre e chiaroscuri sulle canne calcaree che richiamano l’immagine di un organo monumentale. Un luogo che invita al silenzio, alla contemplazione, alla gratitudine.
Ma oggi, a dieci anni di distanza da quella prima volta, qualcosa è cambiato.
E non solo nella memoria.
Il mondo dell’arrampicata ha conosciuto una crescita vertiginosa: la disciplina è entrata nel programma olimpico, il numero di praticanti è esploso, e con esso l’attenzione mediatica e commerciale. Un’evoluzione che porta nuove opportunità, certo, ma anche nuove responsabilità.

Secondo Lacasella, il rischio è che si perda di vista l’aspetto più autentico e rispettoso di questa attività. L’arrampicata, scrive, si è sempre nutrita di un forte senso etico e culturale, di una relazione profonda e silenziosa con il paesaggio.
Oggi, invece, la sua dimensione performativa sembra prendere il sopravvento, spesso a scapito della consapevolezza ambientale.
Emblematico, in questo senso, l’evento organizzato da Red Bull il 3 aprile scorso: una gara spettacolare tenutasi proprio all’interno della Grotta dell’Edera, con tanto di luci, sponsor e social media.

Una parte della comunità arrampicatoria ha espresso dissenso: “Questa non è arrampicata”, si è letto tra i commenti, “l’arrampicata dovrebbe rispettare l’ambiente”.
Per Lacasella, il punto non è stabilire cosa sia o non sia arrampicata. Anche questo, ammette, è un volto contemporaneo del climbing. Ma è fondamentale riflettere sulle conseguenze: l’uso mediatico e pubblicitario di luoghi naturali così delicati può generare un danno duraturo, soprattutto se avallato dalle istituzioni – come in questo caso dall’assessore allo sport della Regione Liguria.
Il rischio, conclude, è duplice: da un lato l’erosione di un patrimonio culturale fatto di esperienze lente, consapevoli, legate al rispetto del territorio; dall’altro, l’usura fisica e simbolica di ambienti unici, che non hanno bisogno di riflettori per essere valorizzati.

L’arrampicata è oggi a un bivio. E la direzione giusta non si trova nelle gare più spettacolari o nelle foto più virali, ma in una nuova e diffusa consapevolezza. Solo attraverso l’educazione, la divulgazione e la cura si potrà proteggere ciò che rende questi luoghi – come la Grotta dell’Edera – davvero speciali: la loro autenticità.
foto: da Facebook evento Red Bull
