Nel Lazio continuano le esplorazioni profonde sui Monti Lepini ad opera di speleologi provenienti da varie realtà.

Una porzione dei Monti Lepini Occidentali, oggetto di studio del Progetto Carpeto 2021

Sopra Carpineto Romano, la ‘speleologia trasversale’ senza sigle e senza un vero capo si concentrerà nel 2021 nell’esplorazione sistematica dei Monti Lepini Occidentali con il ‘Progetto Carpeto 2021’, che comprende anche il Sistema sotterraneo Prometeo-Rava Bianca.
Studi della circolazione delle acque sotterranee e delle correnti d’aria guideranno gli esploratori verso, si spera, la conoscenza di un mondo sotterraneo che per quanto in parte conosciuto riserva ancora sorprese e un grosso potenziale di vuoti sotterranei inesplorati.
Nasce in questa prospettiva il nucleo del Progetto Carpeto 2021: ovvero affiancare alle esplorazioni nel sistema e alle normali survey esterne, una campagna scientifica di osservazioni dei comportamenti climatici di tutti i fenomeni carsici presenti nella zona.

Ne parla su Scintilena il team speleologico composto da Andrea Benassi, Federico Casadei, Roberto Pettirossi e Paolo Turrini, esploratori che hanno contribuito alle scoperte sui Monti Lepini. :

Chinava il sol in ver l’occaso, ed io assiso all’ombra d’un largo faggio, stanco di più cantar ivi dormio. Mi parve fare in sogno aspro viaggio: di Capreo giù discender dal pendio non viddi più del sol l’amico raggio rotolando all’ingiù di scoglio in scoglio giunsi ad un antro, che mi die cordoglio, “Presi coraggio, allor e palpitante dissi: “Carpeto mio, qual luogo è questo?”

Inizia cosi un singolare poema con protagonista Carpeto, mitico fondatore di Carpineto Romano, nonché discendente di Enea, che conforta il canonico Giovandomenico Gessi, precipitato in sogno in una voragine dalla cima del Monte Capreo fino alla soglia della grotta del Formale. Un vero e proprio viaggio agli inferi, anzi una fantastica traversata sotterranea immaginata e messa in versi nella prima metà dell’800.

Gli abitanti di Carpineto intrattengono da sempre un legame d’affezione profonda con la zona carsica del Monte Capreo: un legame che però condividono anche con una buona parte della comunità speleologica del centro Italia. Questa cima, localizzata nel settore settentrionale dei Lepini Occidentali, ospita infatti da oltre un secolo, molte delle prime grotte esplorate nell’area. Da sempre proprio i leggendari racconti di pozzi senza fondo e viaggi sotterranei, si fondono e s’intrecciano con i tentativi e i sogni di generazioni di speleologi. Dopo tanti sforzi forse oggi potremmo essere sulla strada giusta per trasformare quelle leggende in realtà.
Allo stato attuale delle conoscenze, il poema di Carpeto ha infatti buone probabilità di essere una fedele descrizione del carsismo profondo di questa zona dei Monti Lepini.
Dalla cima del Monte Capreo dove si aprono importanti ingressi a quota 1400 fino alle bocche emittenti e alle risorgenze temporanee della Grotta del Formale, Grotta Ciaschi, Uomo Morto e Bocca Canalone a quote inferiori ai 400 metri, le acque percorrono infatti quello che appare essere un grandioso reticolo carsico che si sviluppa su oltre 4 chilometri in linea d’aria nonché più un chilometro di dislivello.
Il complesso carsico Prometeo-Rava, con i suoi due ingressi posti ad una quota di circa 1200 metri sul fianco settentrionale della dorsale, si presenta in questa prospettiva come la parte intermedia di questo sistema capace di abbracciare tutta la dorsale montuosa dalla cresta alla base.
Con oltre 3,5 chilometri di passaggi esplorati ed una profondità di circa 765 metri, questo complesso ci permette oggi di cominciare a capire meglio il comportamento del reticolo carsico ed ipotizzarne l’andamento generale: ma non basta, dentro la montagna c’è molto di più.
Per portare avanti le esplorazioni e avere qualche speranza di continuare il viaggio leggendario sotto il Capreo, dobbiamo quindi ora prendere in considerazione tutti i fenomeni presenti in questa zona e cercare di inserirli in una visione complessiva, in particolare per quanto riguarda la circolazione dei flussi d’aria all’interno della montagna.
Nasce in questa prospettiva il nucleo del Progetto Carpeto 2021: ovvero affiancare alle esplorazioni nel sistema e alle normali survey esterne, una campagna scientifica di osservazioni dei comportamenti climatici di tutti i fenomeni carsici presenti nella zona.
Rilevamenti che interesseranno tanto i singoli ingressi quanto il grande sistema Prometeo-Rava mediante una caratterizzazione del suo gradiente termico interno in modo da evidenziare ogni anomalia capace di testimoniare strutture e regioni ignote. I parametri climatici di temperatura, umidità, velocità e volumi della circolazione dell’aria, nonché le tecniche dei tracciamenti odorosi, oltre ad arricchire la conoscenza delle parti note del sistema, permettono infatti di ottenere informazioni preziose sulle sue potenzialità esplorative e indirizzare gli sforzi nella giusta direzione. Provare a immaginare un modello coerente per le misteriose correnti d’aria che circolano nella montagna sarà quindi il nostro obiettivo per i mesi che verranno: una sfida non banale, tanto per i protocolli e le tecniche da mettere a punto, quanto per le energie umane necessarie per monitorare i molti fenomeni in questione.
Un progetto complesso che ha visto già molte azioni realizzate nel periodo invernale: non a caso le prime battute di raccolta dati esterne sono già state realizzate proprio in occasione dei primi mesi dell’anno, perfetti per la raccolta di molti parametri climatici. Nel corso dell’estate, durante le punte e i campi interni, gli sforzi si concentreranno invece nella raccolta dei dati all’interno dei sistemi in modo da poter orientare le esplorazioni stesse. Proprio intrecciando osservazioni e dati climatici ed esplorazione tradizionale, cercheremo per esempio di capire se il grande ramo affluente che si incontra al fondo del sistema, ad una profondità di -760 a circa 400 metri sul livello del mare, sia in relazione diretta con l’Ouso del Triangolo Rettangolo che si apre un chilometro più in alto a quota 1400, praticamente sulla sommità del Monte Capreo. La grotta è attualmente in esplorazione ad una profondità di -100 circa in una complessa zona di frana e si presenta come la più promettente delle molte bocche soffianti presenti nella zona. Tanto l’osservazione dell’andamento strutturale del sistema, quanto l’importante circolazione d’aria presente fanno ben sperare e nuovi dati ed elementi climatici potrebbero darci la certezza almeno dell’esistenza del primo meno mille del Lazio. Un sogno dal grande valore simbolico.
Un progetto quindi di esplorazione e documentazione che porteremo avanti come speleologi riuniti in un collettivo trasversale, aperto ad ogni collaborazione e partecipazione. Trasformare in realtà il viaggio di Carpeto, non sarà facile, ma sarà sicuramente un avventura epica. Un avventura in cui ci sarà spazio per gli sforzi e le capacità di tutti, e tutti sono benvenuti!

Approfondimento

Sistema Prometeo-Rava Bianca

Dallo scorso agosto, l’Abisso Prometeo è stato congiunto con il vicino Ouso della Rava Bianca.
Grazie a una punta di oltre 24 ore si è riusciti infatti ad effettuare la giunzione tra le due grotte a una profondità di 750m, generando così il primo complesso sotterraneo nei monti Lepini: il sistema Rava Bianca-Prometeo che, con i suoi 765 m di dislivello e i circa 3,5 km di sviluppo spaziale, diviene la seconda grotta per profondità della regione Lazio nonché una delle più importante per sviluppo.
I monti Lepini sono un massiccio carsico preappenninico del Lazio meridionale. Estesi su circa 500 km², morfologicamente costituiscono un blocco omogeneo che si stacca nettamente dalla pianura del Sacco a nord e dalla pianura Pontina a sud.
La cima più alta raggiunge quota 1536 slm, mentre la prominenza media del massiccio è di circa 1300-1400 metri. La struttura montuosa si divide in due aree delimitate da una grande faglia che divide il massiccio in un blocco posto a nord-est, che comprende l’altopiano di Gorga e le cime Malaina e Gemma (Lepini Orientali), e uno a sud-ovest che comprende Pian della Faggeta e la dorsale del monte Capreo-Semprevisa-Erdigheta (Lepini Occidentali). Composti da calcari cretacei, I monti Lepini rappresentano il settore più occidentale della piattaforma carbonatica laziale-abruzzese e si comportano da unità idrogeologica con una serie di importanti emergenze situate praticamente a livello del mare sulla pianura Pontina.
Dal punto di vista morfologico, presentano un campionario pressoché completo di forme epicarsiche: polje, valli cieche, doline e campi solcati sono distribuite ovunque, dalle pendici fino ai grandi altopiani sommitali.
Tra le loro leccete e faggete si aprono oggi oltre 550 delle quasi 2300 cavità conosciute nella regione Lazio e rappresentano da quasi un secolo una meta fissa della speleologia romana e del centro Italia. Le potenzialità, tanto in sviluppo quanto in dislivello, hanno infatti fatto sperare e sognare l’esistenza di grandi complessi sotterranei.
Purtroppo, alcuni caratteri evolutivi e litologici del massiccio hanno portato le cavità a presentarsi, almeno nelle parti iniziali quasi sempre caratterizzate da lunghi e stretti meandri, mentre nelle parti profonde abbondano i tratti acquatici e i sifoni sospesi. Tutti aspetti che hanno reso da sempre le esplorazioni difficili e molto sofferte.
La conoscenza del carsismo profondo di questa zona ha avuto un’accelerazione negli anni a cavallo del nuovo millennio. Dai primi anni Duemila il massiccio vede una crescente esplorazione di prosecuzioni profonde, nonché la scoperta di nuovi abissi. Sette delle prime dieci cavità per profondità della regione si aprono infatti nei monti Lepini, compresa la più profonda (Ouso di Passo Pratiglio) che supera gli ottocento metri, facendo di questo massiccio una delle aree carsiche più importanti del centro Italia. Fenomeni importanti e fino ad ora tasselli isolati di un puzzle difficile ma non impossibile da comporre.
Il sistema Rava Bianca-Prometeo si trova sotto la dorsale del monte Capreo nel territorio del comune di Carpineto Romano. Evidenze strutturali e osservazioni idrologiche hanno portato negli anni ad ipotizzare come una parte importante dei Lepini Occidentali per una superficie di oltre 30 km² converga in un unico sistema drenante verso alcune risorgenze temporanee poste a valle del paese di Carpineto Romano.
La quota teorizzata del livello di falda nell’area di Carpineto Romano appare estremamente bassa, forse sotto i 150m slm. Con ingressi alti posti anche a quote superiori ai 1400m slm, le prospettive di scendere molto in profondità sono quindi estremamente allettanti.
L’Ouso della Rava Bianca (La240) esplorato a più riprese dal GS CAI Roma fino a una profondità di 715m, rappresenta in questa prospettiva una finestra su questo drenaggio profondo. La grotta, che si apre a quota 1125m e si comporta da ingresso basso, raggiunge infatti un collettore, con acque provenienti da altre strutture, configurandosi come un nodo strutturale importante. L’Abisso Prometeo (La2239), (trovato nel 2017 da D. Agrifoglio, P. Forconi e L. Russo e successivamente esplorato da un più ampio gruppo trasversale di speleologi), si apre molto vicino all’Ouso della Rava ad una quota di circa 50 metri superiore e si comporta da ingresso meteo-alto.
L’andamento appare da subito prevalentemente verticale, dopo un breve meandro, si presenta infatti caratterizzato da pozzi anche di grandi dimensioni (Il viaggio P90) intervallati da brevi meandri sempre comodi. Dopo una prima parte asciutta, dalla profondità di -250 diversi arrivi convergono portando la grotta ad essere abbastanza bagnata, con pozzi cascata e meandri attivi. Condizioni che in fase di esplorazione hanno obbligato in diversi casi all’uso della muta. Dopo l’ennesima sequenza di pozzi ad una profondità di circa -750m infine la grotta si innesta sul collettore della Rava Bianca.
Dal punto di vista strutturale il tratto verticale di Prometeo si sviluppa molto vicino al tratto verticale della Rava e ne ricalca direzioni e andamento. L’importanza di questa giunzione è nella speranza di realizzare anche nei monti Lepini sistemi carsici complessi. La circolazione d’aria del sistema, porta infatti a immaginare l’esistenza di ulteriori ingressi alti che potrebbero innestarsi nel tratto di collettore a valle del sito di giunzione con Prometeo, in corrispondenza di un grande affluente in destra idrografica.
La grotta attualmente termina con un sifone posto a q. 405 slm.

Prime osservazioni su idrologia e circolazione d’aria del sistema

Sul fronte esplorativo, le possibilità interne più promettenti si concentrano nelle zone profonde del collettore, ovvero del tratto pseudo orizzontale che si sviluppa ad una profondità compresa tra -730 e -765 (quota 440/405 slm) e che raccoglie le acque dei tratti verticali della Rava Bianca e di Prometeo.
Questa parte del sistema è stata esplorata tra il 2005 ed il 2006 da un nutrito gruppo di speleo sotto il coordinamento del GS Cai Roma, mentre il sifone che rappresenta l’attuale fondo veniva raggiunto il 6 agosto del 2006 da Pino Antonini e Sandro Mariani. Il collettore si presenta da subito abbastanza umido e rapidamente diventa anche acquatico con numerosi tratti allagati.
Proprio questa caratteristica ha limitato moltissimo le visite, tanto che il fondo ad oggi risultava visitato quell’unica volta ed il tratto finale oltre un passaggio semisifonante non era mai stato rilevato in modo strumentale.
Procedendo da monte verso valle, quello che qui definiamo collettore si può far iniziare con la giunzione tra il tratto classico della Rava Bianca (in sinistra idrografica) e il tratto a monte (in destra idrografica).
Le portate in questo punto appaiono simili e la loro somma si può stimare in 1 l/s . Una precedente colorazione ha appurato un collegamento idrogeologico di questo apporto in destra idrografica, con la grotta Du Manzi, (distante circa 500 metri in linea d’aria), va però ricordato che una parte significativa di questo flusso proviene in realtà dal Ramo del Quarantennale: un tratto discendente parallelo al tratto storico della Rava Bianca. L’apporto della grotta Du Manzi è quindi probabilmente molto limitato.
Anche le dimensioni del meandro a monte di questa confluenza appaiono infatti modeste. Morfologia e dimensioni, cambiano invece completamente nel punto di giunzione con l’Abisso Prometeo. Qui il meandro si trasforma in una vera e propria galleria di grandi dimensioni e ampi tratti fossili. L’apporto idrico di Prometeo sembra giustificare ampiamente questo cambio di morfologia. L’abisso innestandosi in sinistra idrografica, apporta infatti da solo oltre 3 l/s al sistema.
Proseguendo verso valle si possono identificare almeno altri due grandi arrivi provenienti dall’alto della galleria. Il primo, appena dopo l’ultimo saltino prima dei tratti allagati, proviene da una grande colata concrezionata di 10-15 metri (1 l/s); il secondo dopo il tratto allagato entra dall’alto in una zona caratterizzata dalla presenza di numerose eccentriche (1 l/s). Più avanti troviamo quindi un arrivo in destra idrografica (1 l/s) e infine un grande affluente, praticamente al fondo, di nuovo in sinistra (3 l/s).
La stima totale del flusso che alimenta il sifone è quindi dell’ordine di oltre 10 l/s. Ovviamente le portate dipendono fortemente dalla stagione ed un bilancio complessivo necessiterebbe di una gran quantità di dati, ma già cosi possiamo determinare una gerarchia dei sistemi noti e ignoti. A conferma della grande differenza per esempio tra l’apporto della Rava e quello di Prometeo, già durante le precedenti punte, abbiamo osservato come anche in una condizione di secca totale, le portate rispettivamente della Rava e di Prometeo fossero in rapporto di circa 1 a 3, con la prima quasi completamente asciutta.
In questa prospettiva, appare quindi evidente la grande importanza che potrebbe rivestire il grande affluente posto al fondo del sistema.
Questo, prima di confluire quasi nei pressi del sifone, può essere risalito per alcune decine di metri in una bella galleria che sbuca in una grande sala con grandi tracce di crollo.
Qui accanto alla evidente prosecuzione, di grandi dimensioni, in testa ad un camino di circa 15-20 metri, (da cui proviene l’acqua) si possono identificare anche altre due possibili imbocchi di gallerie fossili.
Questo affluente si presenta quindi di estremo interesse esplorativo e la circolazione dell’aria sembra confermare come l’area della cima del monte Capreo sia la zona giusta da indagare. Per concludere non potevamo non dare un prima occhiata al sifone del fondo.
Di grandi dimensioni, si presenta al termine di una galleria di forma decisamente freatica il cui fondo appare ricoperto di depositi fangosi. Il sifone risulta sempre alimentato. Chiaramente si notano livelli di piena ben più alti che sommergono buona parte della galleria per molti metri a monte. La soluzione che abbiamo scelto per ispezionarlo, possiamo definirla come la tecnica del pescatore di perle, ovvero rapida ispezione in apnea. Sotto la superficie si nota subito un dente di un metro un metro e mezzo, oltre cui la galleria risale. Appare chiaro che oltre questo gomito le quote della galleria siano comprese tra 0 e -2/3 metri circa. A conferma sul soffitto si osservano infatti diverse campane d’aria. Di queste, la prima a circa 4-5 metri dall’imbocco è stata raggiunta ma appare purtroppo senza sbocco. Più avanti se ne intuiscono altre e la galleria appare proseguire in piano e sempre di grandi dimensioni con una larghezza di due o tre metri. La presenza di campane d’aria ci fa immaginare che il sifone possa aver fluttuato da una secca totale che ne abbia abbassato il livello, anche se è difficile immaginare se una tale fluttuazione sia un fenomeno stagionale o eccezionale.
Non avendo foto di confronto non sappiamo attualmente definire se il livello osservato nel 2006 fosse inferiore o simile. Possiamo però osservare come dal rilievo il tratto su cui si sviluppa il sifone si presenti impostato sulle fratture principali appenniniche, mentre nonostante si osservi la presenza di una faglia, la stessa non sembra averlo tagliato. Inoltre osserviamo come nel collettore il precedente tratto semisifonante si sviluppi lungo le stesse direttrici per non più di 40-50 metri e con le medesime morfologie. Alla luce dell’osservazione diretta, appare quindi molto probabile che anche questo tratto sia un breve moncone di galleria allagata, oltre cui il collettore prosegua aerea la sua corsa verso le verso la grande risorgenza del Formale e le sue gallerie freatiche distanti 4 km in linea d’aria. In questa prospettiva stiamo pensando di organizzare a breve un immersione per provare a superarlo.
Dal punto di vista della circolazione d’aria, mentre l’ingresso della Rava Bianca ad una quota di circa 1125 slm, si comporta da ingresso meteo basso, il vicino ingresso di Prometeo a quota 1175 slm si comporta da ingresso meteo-alto, ma con una circolazione d’aria decisamente insufficiente a spiegare da solo l’enorme flusso l’aria uscente in estate dalla Rava.
Mentre il comportamento della Rava appare infatti ben definito, Prometeo non appare nelle medesime circostanze coerente, ed i volumi aspirati dall’ingresso noto appaiono decisamente modesti. Questo ci ha già da tempo portato ad immaginare che lo stesso si comporti da ingresso medio, dovendo quindi presupporre l’esistenza di un ulteriore e più importante ingresso alto.
Restava da definire se lo stesso fosse identificabile in qualche arrivo presente nello stesso Prometeo o se dovesse trattarsi di una struttura completamente nuova e ignota.
Già nelle relazioni esplorative del 2005 si fa chiaramente riferimento ad una forte corrente d’aria presente nel tratto semisifonante e proveniente dal fondo.
Le ultime esplorazioni estive ci hanno permesso di verificare che il grosso dell’aria circola effettivamente nel collettore provenendo dal fondo per poi essere aspirata e fuoriuscire dalla Rava dopo essersi sommata a quella in minima parte aspirata da Prometeo.
Alla luce di queste osservazioni, possiamo ipotizzare almeno un paio di punti: considerato che la circolazione appare controllata da questo ingresso ignoto, lo stesso devo presentare un dislivello significativo rispetto a Prometeo e quindi porsi sicuramente a quote ben superiori a 1200 slm. e che siccome la circolazione appare evidente e ben definita a soli cento metri dal fondo, l’unico affluente seriamente candidato risulta essere il grande arrivo finale.
Dal punto di vista strutturale è interessante notare come la struttura di trasferimento verticale di Prometeo fino alla giunzione con il collettore ricopi traslata la struttura verticale della Rava, mettendo in evidenza come le due siano controllate dai medesimi fasci di fratture. Questo unitamente ai due rami paralleli che erano già presenti, porta ad immaginare come sia possibile la presenza di ulteriori reseau paralleli anche più a valle. In questa prospettiva l’ipotesi circa il ruolo dell’Ouso del Triangolo rettangolo posto praticamente sulla sommità del Monte Capreo a q.1400, quale possibile ingresso alto del sistema, si pone in modo perfettamente coerente anche dal punto di vista strutturale, tanto che una ipotetica struttura che lo collegasse al collettore, andrebbe a seguire il medesimo orientamento dei rami già noti.
Il fatto che il sistema Prometeo-Rava si sviluppi in una zona estremamente ristretta di montagna, ci porta infine ad una interessante riflessione: Il sistema esplorato si sviluppa attualmente sotto circa 1/5 di chilometro quadrato di superficie mentre l’esplorato attualmente si aggira intorno ai quasi 4 chilometri di sviluppo spaziale portando quindi ad una altissima densità di vuoti carsificati. Considerato che l’area della dorsale Semprevisa-Capreo appare omogenea del punto di visto litologico e strutturale per almeno un paio di chilometri quadrati, le potenzialità del sistema appaiono molto allettanti.

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http://casolaspeleo.blogspot.com/2020/08/il-sistema-prometeo-ravabianca-la-prima.html

http://casolaspeleo.blogspot.com/2020/10/chiare-fresche-et-dolci-acque-il.html

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