Grotta Seconda di Rio Caporacca - M. Abisso

Ci sono avventure epiche, eroiche, degne di racconti mitologici… e poi c’è la speleologia in Liguria. Una disciplina per spiriti indomiti, per esploratori temerari, per gente che non teme il fango. O meglio, per gente che sa che il fango diventerà parte di loro, li avvolgerà amorevolmente e non li lascerà più.

È una fredda domenica, la prima di febbraio.

Volevamo andare sulle Apuane, ma c’è neve in montagna.

Pioggia battente nel Golfo dei Poeti, alle porte di Spezia: l’ideale per rintanarsi al caldo? No, l’ideale per infilarsi in un buco nel terreno e vedere dove porta! Così, irriducibili, decidiamo di sfidare gli elementi e partiamo alla ricerca della mitica Paladina, una grotta perduta e ritrovata più volte, e poi nuovamente smarrita, nel tempo. Una specie di gioco del nascondino geologico.

L’esplorazione inizia da una cava di portoro dismessa, a quota 100 metri sul livello del mare. Troviamo un saggio di cava che si addentra nel monte per una quindicina di metri, decisamente artificiale, e lo snobbiamo, salutando un pipistrello. Ci infiliamo in un anfratto franoso che, appunto, decide di franarci addosso, e lo disdegniamo.

Poco più in là, a destra del Rio Caporacca, spunta lei: ha la faccia da grotta.

Diventa subito la Grotta Seconda di Rio Caporacca (la prima si è persa anche lei: è un vizio delle grotte del posto, si vede). Per ora, è uno stretto budello di 23 metri di sviluppo e 6 di dislivello, con un pozzetto che promette bene e che sembra profondo circa 10 metri. Insomma, c’è di che divertirsi.

Nuotare nel fango, tra sogni speleologici e modelli in miniatura

Passano i giorni, e come da tradizione speleo, il tempo non migliora: piove sempre a dirotto, soprattutto nel weekend. Perfetto! È il momento giusto per tornare alla grottina appena scoperta e vedere se il pozzetto porta da qualche parte. Il problema? È tutto allagato. Si avanza “nuotando” nel fango, una pratica che andrebbe riconosciuta come disciplina olimpica.

Fradici, infangati e con attrezzature che sembrano uscite da una palude, decidiamo di uscire dalla grotta. L’ultima missione? Ritrovare il sacco scomparso, ormai inghiottito dalla coltre marrone.

Finalmente si scende nel pozzetto. La grotta continua, si allarga! Il cuore batte forte: sarà il collettore delle grotte di Spezia? La via per un’esplorazione epica? Per ora, meglio non esaltarsi troppo. Nel dubbio, si esce per recuperare un paio di corde da 15 metri e prendere una seconda dose di pioggia in faccia.

La grotta è già stata registrata ufficialmente e, per celebrare l’evento, ecco il rito sacro dello speleologo-bambino: giocare con il fango. Nasce così il Piccolo Speleologo Tondo, modellato con il fango e lasciato a monitorare l’ambiente: come noi, non vede l’ora di esplorare nuovi cunicoli.

La grotta cresce, il fango vince sempre

Sabato 15 febbraio, colpo di scena: c’è il sole! Probabilmente un errore atmosferico, ma non ci lasciamo distrarre. Si torna giù, nel ventre della terra, tra coltri di fango così compatte da cancellare il paesaggio.

Tra un’esplorazione e un’imprecazione contro le attrezzature bloccate dal limo, emergono nuovi dettagli: la grotta è molto più grande del previsto! Una sala di 10×10 metri si staglia davanti a noi, con un soffitto di 15 metri. Ma c’è un problema: la corda è ormai talmente impregnata di fango che il discensore scivola come un’anguilla unta. La risalita? Un’agonia, con le attrezzature che si rifiutano di collaborare se non forzate con gentilezza (o con qualche gemito ben assestato).

Nel frattempo, due simpatici Niphargus, gamberetti cavernicoli di buon carattere, si degnano di salutare. I pipistrelli, invece, se ne sono già andati da un pezzo, lasciando solo qualche ricordo odoroso (l’immaginazione è grande) e colorato sulle pareti e sui sassi…va be’, sul fango che li ricopre.

L’obiettivo di raggiungere il collettore delle grotte di Spezia sembra lontano, ma la grotta continua. Ci sono due possibili prosecuzioni: una più invitante, stretta (ovviamente) ma che poi si allarga. Sogni speleologici a occhi aperti.

Alla fine della giornata, la grotta misura 120 metri di sviluppo e 54 di dislivello negativo. Il tutto incastonato in una bellissima frattura. Di fango.

Per essere in Liguria, non c’è male.

Fine dell’esplorazione… o inizio della lavanderia?

Il Piccolo Speleologo Tondo non è più solo: gli modello una compagna, la Piccola Speleologa Slim. Perché anche nel fango, nessuno deve sentirsi solo. Monitoreranno in due il nostro ritorno.

Il rilievo fa ben sperare, e il CavWay, prototipo del distanziometro successore del DistoX, funziona egregiamente. A dir la verità, emette suoni un po’ indignati, quando rileviamo. Chiederà al papà Siwei Tian di porre fine alla preadozione, per tornare in Cina?

Ora, non ci resta che dimenticare le quattro ore trascorse a lavare corde, tute e attrezzi. Appena il fango si sarà asciugato e i ricordi della fatica si saranno affievoliti, la Grotta Seconda di Rio Caporacca tornerà a chiamare.

E come si fa a dire di no?

Marina Abisso
Speleo Club Ribaldone – GS Lunense

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