Le alghe sotto il ghiaccio marino sopravvivono con livelli di luce minimi
La ricerca nell’Artico
Un recente studio ha rilevato che alcune microalghe presenti sotto il ghiaccio marino artico sono in grado di attivare la fotosintesi con livelli di luce estremamente bassi, vicini al limite teorico.
I ricercatori, durante una spedizione nel 2020 a bordo della nave rompighiaccio Polarstern, hanno analizzato la crescita e l’attività delle alghe nel periodo di notte polare, quando la luce solare è quasi assente.
I risultati suggeriscono che la vita nell’oceano artico non si arresta completamente durante l’inverno, ma può mantenersi attiva con quantità minime di energia luminosa.
Il limite della fotosintesi
La fotosintesi è il processo mediante il quale le piante, le alghe e alcuni batteri trasformano la luce in energia chimica.
Si riteneva che esistesse un livello minimo di luce al di sotto del quale questo processo non potesse avvenire.
Secondo calcoli teorici, il limite si aggira intorno a 0,01 micromoli di fotoni per metro quadrato al secondo, meno di un centomillesimo della luce di un giorno soleggiato.
Fino a oggi, questo limite era stato solo ipotizzato, ma le misurazioni effettuate sotto il ghiaccio artico hanno confermato che le microalghe riescono ad avviare la fotosintesi con quantità di luce estremamente ridotte.
I sensori di luce installati sotto la banchisa hanno registrato valori intorno a 0,04 micromoli di fotoni per metro quadrato al secondo, valori prossimi al minimo teorico.
Attività biologica nel buio artico
Contrariamente a quanto ipotizzato in passato, le microalghe non entrano completamente in uno stato di quiescenza durante la notte polare.
I campioni raccolti in mare e analizzati a bordo della Polarstern hanno mostrato che gli organismi rimangono metabolicamente attivi e, con il ritorno della luce primaverile, sono in grado di riprendere rapidamente la fotosintesi e la crescita.
Questo fenomeno potrebbe avere implicazioni significative per l’ecosistema artico.
L’attivazione precoce della fotosintesi permette alle alghe di avvantaggiarsi rispetto ad altri organismi fotosintetici, contribuendo all’inizio della produttività primaria stagionale e influenzando la catena alimentare marina.
Implicazioni per la ricerca
Lo studio suggerisce che alcuni organismi fotosintetici hanno sviluppato strategie di sopravvivenza estreme, adattandosi a condizioni di luce quasi assente.
Questi risultati potrebbero avere applicazioni nello studio della fotosintesi in ambienti profondi, dove la luce è scarsa o assente.
Gli autori dello studio ipotizzano che adattamenti simili possano esistere anche in ecosistemi oceanici più profondi, aprendo nuove prospettive sulla produttività biologica nelle profondità marine.
Fonte: https://www.lescienze.it/news/2025/01/30/news/quanta_vita_quasi_senza_luce-18300775/