Federazione Speleologica Campana
Federazione Speleologica Pugliese

In occasione del decennale della fondazione del Gruppo speleologico natura esplora, la Campania ospita il I Convegno regionale di speleologia “Campania speleologica”, un appuntamento di assoluto rilievo per la regione che tende a sottolineare l’importanza di questa terra dal punto di vista speleologico.

Gli Atti I Convegno di speleologia “Campania speleologica” 1-3 giugno 2007, Oliveto Citra (Sa) (edito dalla Federazione speleologica campana, pp. 328), a cura di Sossio Del Prete e Francesco Maurano, raccolgono tutte le relazioni dell’evento e raccontano una regione florida di speleologi, in piena attività.

Vi troviamo il resoconto delle numerose opere di ricerca e rilievo della grotta Profunnata e i lavori per il “Progetto catasto” della regione. Molto interessante è il racconto del ritrovamento paleontologico di Grotta Milano e i lavori di recupero, dal quale si ricava un quadro più o meno dettagliato della fauna locale nel Pleistocene. Trovano ampio spazio anche le cavità artificiali, cui la regione si dedica per un progetto di definizione della loro distribuzione, sia nel contesto urbano che nelle aree montane più interne. E ancora un bellissimo articolo di interesse storico-culturale circa l’utilizzo delle grotte campane come sedi di culto, avvalorato dai numerosi affreschi e oggetti religiosi ritrovati in loco. Grande spazio è dedicato ai numerosi lavori di esplorazione, ricerca e approfondimento delle diverse cavità sparse su tutto il territorio, come ad esempio il Monte Paratiello, l’area carsica dei Monti Lattari, e le cavità marine del litorale Flegreo, nonché uno studio molto approfondito sulle acque del territorio, soprattutto per quanto concerne le sorgenti degli Alburni e i bacini del Dragone e del Lacero.

Si parte dall’intervento di Natalino Russo Campania: una regione di grotte e speleologi che ci proietta fin da subito in questa terra e ce ne racconta l’evoluzione. Agli albori, infatti, i territori locali, soprattutto Matese e Alburni, sono il bersaglio prediletto di speleologi romani e triestini. È solo a cavallo tra i due conflitti che alcuni giovani napoletani si interessano alla speleologia e, dopo la Seconda guerra mondiale, fondano il Centro speleologico meridionale. Col tempo, prende vita il Gruppo speleologico Cai di Napoli, che afferma notevolmente la sua presenza nella regione. Con l’avvento di nuove attrezzature e nuove tecniche, all’interno dei gruppi vi sono non pochi contrasti tra conservatori e avanguardisti; la conseguenza è la divisione e la nascita di nuovi circoli. Vede, così, la luce la Federazione speleologica campana che sarà strumento di connessione tra le varie fazioni e permetterà a queste di rapportarsi col resto dell’Italia e del mondo. Russo riassume la forte collaborazione tra gruppi nella frase «la conoscenza è un mare nel quale ricercatori delle diverse sponde versano gocce».

Sulla scia di questo tema si inserisce la relazione di Francesco Maurano, Dieci anni di attività del Gruppo speleologico natura esplora (Gsne),che descrive l’intenso lavoro dalla sua fondazione nel 1997. Particolarmente rilevanti sono i lavori del “Passaggio sotto Acqua delle vene”; l’opera di rilievo alle Grotte di Castelcivita e le esplorazioni sui versanti occidentali del Monte Polveracchio che mettono in luce una tra le più importanti grotte del territorio, detta Profunnata (cui viene dedicato un intero capitolo del libro). L’opera del Gsne si estende anche alla ricerca nelle cavità artificiali, soprattutto nel sottosuolo dei contesti urbani. È infatti ben nota la scoperta delle camere sepolcrali di via Settembrini, ormai perdute a causa delle violente alluvioni che interessano la zona. Il gruppo partecipa, inoltre, al “Progetto chirotteri” per la salvaguardia delle specie in estinzione e al recupero del giacimento paleontologico di Grotta Milano. Numerose sono anche le spedizioni all’estero cui il Gsne prende parte, soprattutto nei territori greci, con l’esplorazione della grotta Mauvro Skiadi e nel massiccio del Pindos, e cubani, con il rilievo di Cueva de Santo.

Negli atti troviamo ben quattro interventi sulle attività a Cuba, derivanti dalla collaborazione tra speleologi, che mirano alla descrizione di una terra ricca di ipogei e dalle problematiche ambientali molto simili a quelle italiane.

Di spiccato rilievo è l’articolo di Berardino Bocchino e Rosanna D’Arienzo della XIV Delegazione speleologica del Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico (Cnsas). Questi raccontano non solo le attività del soccorso alpino e speleologico in Campania, ma fanno capolino nel passato, narrando i primi interventi di soccorso montano. L’esigenza di un organismo che si occupasse di recuperare i feriti in montagna nasce con l’aumento delle attività alpine. È solo negli anni Cinquanta che, visto il forte interesse verso la montagna e il conseguente aumento degli incidenti, viene promossa l’idea di creare una sezione di soccorso alpino che possa intervenire lì dove ci sia bisogno d’aiuto. Nasce così il Corpo nazionale soccorso alpino. Poco dopo si comprende la possibilità di estendere questa attività anche al sottosuolo e si ha, così, l’evoluzione in Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico che include tra le sue fila speleologi esperti nel recupero e primo soccorso.

In Campania il Cnsas è attivo dal 1973, anno in cui tre speleosub perdono la vita in un in grave incidente. Partecipa a numerose campagne di soccorso, ricevendo diversi encomi da parte dello stato e delle autorità, affermandosi come squadra dotata di forte ingegno, professionalità, capacità ed impegno, tutte caratteristiche fondamentali per garantire soccorso tecnico e medicalizzato.

La Campania è una regione importantissima dal punto di vista speleologico. Le attività sul posto non riguardano solo i gruppi locali, ma si estendono intorno, segno del fatto che di molto si è a conoscenza, ma ancor di più c’è da scoprire e approfondire. «Gli speleologi sono dei grandi ignoranti, ma una cosa la sanno bene: il fondo della grotta non esiste: sono loro a inventarlo, così come inventano le grotte stesse, i gruppi che le esplorano, le storie che vi si svolgono. La strada è ancora lunga, altroché. E meno male» (Natalino Russo).

Valentina Cisternino

Intervisa a Franz Maurano

Si resta sempre affascinati dai racconti di spedizioni lontane. L’avventura per la grotta “Mauvro Skiadi” non è stata tra le più facili. C’è stato un momento in cui avreste voluto arrendervi?

Quando l’acqua ha cominciato a scarseggiare, uno dei fattori che hanno provato il gruppo non è stata la grotta, bensì la logistica: il campo era situato a 1600 metri slm e a 4 ore di cammino dalla strada; il territorio molto aspro non aveva fonti per l’approvvigionamento d’acqua ed eravamo costretti a procurarcela in grotta e filtrarla. L’escursione termica tra giorno e notte di almeno 20 °C.

Quanto tempo avete impiegato per organizzare la spedizione?

All’incirca un paio di mesi.

La spedizione si è svolta nel 1999: come avete attivato allora i rapporti con le popolazioni locali, considerato che non esistevano gli strumenti della rete di cui disponiamo oggi?

All’epoca una nostra socia, di nazionalità greca, si è attivata per curare i rapporti con gli speleologi cretesi che direttamente sul posto hanno pensato al resto.

Credi che una spedizione all’estero possa diventare uno stimolo per la scoperta e per la valorizzazione anche del proprio territorio?

Sicuramente arricchisce chi partecipa ma non credo stimoli la curiosità a esplorare nel proprio territorio.

Intervisa a Berardino Bocchino e Rossana D’Arienzo

Quella del soccorso deve essere una vocazione. Cosa spinge uno speleologo ad avvicinarsi a questa pratica, rigorosa e impegnativa?

Risponde Rossana: Nello stesso istante in cui entra in una grotta, ogni speleologo si rende conto che in caso di necessità potrà essere aiutato solo da un altro speleologo. Questa consapevolezza, di poter essere di aiuto a qualcuno in maniera concreta ed efficace ti porta ad entrare nel Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico; intraprendi così il lungo e complesso percorso formativo, ti impegni al massimo nella formazione e nell’addestramento e sei disposto a lasciare tutto e subito appena senti che uno speleologo, uno come te, ha bisogno di aiuto. Vedere l’infortunato uscire sano e salvo, anche grazie al tuo contributo, ti riempie il cuore di gioia, ti fa dimenticare da quante ore non dormi e ti dà la grinta per continuare l’addestramento.

Come si è evoluta la delegazione dopo la scissione dal Lazio?

Risponde Berardino: La “Squadra Campania” è stata, sin dalla sua nascita nel 1974, inserita come VI stazione del  5° gruppo Lazio, operativa ed autonoma; l’unica grande differenza con quei tempi è stata il cambio di nome: da “Squadra” siamo diventati “Delegazione” e questo “politicamente” ha dato la possibilità  di avere un rappresentante regionale all’interno della struttura nazionale del Cnsas. La completa indipendenza ed efficienza della Squadra Campania è stata più volte puntualizzata nei vari rapporti annuali dei Delegati che si sono succeduti alla dirigenza del V gruppo Lazio. Attualmente, viste le necessità territoriali e l’aumento di incidenti, si sta spingendo molto affinché si formi la struttura Alpina, fino ad oggi inesistente. Si sta anche cercando di instaurare rapporti con le istituzioni regionali che fino ad oggi non hanno mai preso in considerazione il Cnsas della Campania.

Ricordi un intervento particolarmente difficile?

Risponde Berardino: In realtà tutti gli interventi sono difficili e vengono affrontati come tali. Sicuramente tra gli interventi speleologici – perché la XIV Delegazione speleologica della Campania si occupa anche degli interventi alpini – quello più complesso fu attuato nella grotta Cul di Bove: uno speleologo rimase incastrato per ben tredici ore in una posizione scomodissima nella strettoia sotto la frana. L’intervento durò molte ore e i soccorritori furono costretti a demolire la roccia intorno al corpo dello speleologo incastrato, con un’opera a dir poco chirurgica; l’intervento si risolse felicemente, nonostante le avversità meteo (che in alcune circostanze possono rallentare l’opera dei soccorritori o addirittura inficiarne l’esito).          Ma l’intervento che sicuramente ha lasciato il segno, in tutta la struttura, fu quello nell’agosto 1996. Pochi giorni dopo la ricerca di Angela Celentano sul monte Faito, fummo chiamati per un intervento lungo il fiume Argentino in Calabria. Dovemmo recuperare il corpo di uno dei volontari del Cnsas della Campania: aveva perso la vita travolto dal moto vorticoso dell’acqua della cascata “Mare Piccolo”.

Intervisaa Sossio Del Prete

Nel tuo intervento di apertura, affermi che «era ora di “uscire dal buio”», auspicando in una maggiore collaborazione della Regione per la valorizzazione e la tutela del patrimonio carsico e naturalistico che la Campania offre. A tre anni da quel primo convegno, cosa è cambiato?

Il I convegno di speleologia in Campania segna sicuramente l’inizio di una nuova stagione per la speleologia della nostra regione, all’insegna della interazione con le varie componenti della società civile. Siamo sempre rimasti chiusi al nostro interno e poco o nulla si sapeva degli speleologi o della speleologia, con il risultato che oggi abbiamo molto terreno da recuperare rispetto al passato. A settembre del 2007, poco dopo il convegno, abbiamo realizzato per la Regione il WebGIS delle cavità naturali che è stato messo online solo nell’ottobre 2008. Il lungo tempo intercorso tra la consegna del progetto e la sua entrata in attività è significativo per illustrare le difficoltà operative con cui dobbiamo confrontarci nella nostra Regione. Un famoso detto recita «Nemo profeta in patria» e per il nostro caso è quanto mai azzeccato. Infatti, nonostante i prodotti realizzati per la Regione (SIT delle cavità naturali, Atlante delle grotte della Campania e WebGIS) hanno riscosso ampi apprezzamenti ben oltre la comunità speleologica, il mondo politico regionale, pur coinvolto e informato, sembra non essersene nemmeno accorto. In compenso, tuttavia, dal convegno di Oliveto a oggi la Federazione speleologica campana ha avviato o consolidato rapporti con diverse altre istituzioni presenti sul territorio tra cui comuni, sovrintendenze ed enti parco. Tra tutti cito la realizzazione del VI Convegno nazionale di speleologia in Cavità artificiali che ha visto il supporto logistico della Soprintendenza Speciale di Napoli e Pompei e la partnership con il Parco dei Monti Lattari per un progetto di didattica ambientale in tema di tutela e valorizzazione delle aree carsiche.

Siamo ancora lontani dall’ambito traguardo di una legge regionale sulla speleologia, ma ormai la strada è tracciata.

Valentina Cisternino e Marilena Rodi

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