Valentina Cipollari

Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia d Viterbo e l’Etruria meridionale
Complesso ipogeo plurisecolare presso l’acropoli di Tivoli

RIASSUNTO
L’acropoli dell’antica Tibur è famosa in tutto il mondo per i templi di Vesta e della Sibilla e per il sottostante baratro ove scorre il fiume Aniene. La Carta Archeologica pubblicata da C.F. Giuliani (1970) ci rende edotti su importanti testimonianze dell’area, come il ponte su cui la Via Valeria attraversava il fiume; tuttavia non presenta la documentazione delle labirintiche cavità ipogee, databili dal periodo romano all’età moderna, situate presso piazza delle Mole fra il ponte di S. Martino (che collega l’acropoli alla città) e l’ottocentesco Ponte Gregoriano, cavità rese di nuovo accessibili grazie a recenti lavori di ripulitura. Il sottosuolo calcarenitico-arenaceo si presenta letteralmente traforato da ambienti che hanno avuto molteplici destinazioni. Alcuni corrispondono a cunicoli, ricavati nella roccia forse sin da età medio-repubblicana, che si diramano probabilmente dal canale scolmatore denominato Casacotta, avente la funzione di alleggerire la portata del fiume, onde evitare periodiche alluvioni (memorabile quella rovinosa del 105 d.C. narrata da Plinio il Giovane), o di utilizzare la forza motrice dell’acqua per i mulini; un altro canale, detto Spada, alimenta oggi il lavatoio pubblico. Tali canali si annoverano tra le formae antiquae citate nei documenti medioevali nel rione Castrovetere. Resti murari tardo-repubblicani e imperiali appartengono a terrazzamenti destinati a sostenere il versante roccioso e a creare superfici piane edificabili. Di particolare rilievo sono quelli in opus reticulatum con abside, inglobati nella “Mola di Patalocco, attribuibili forse a una scenografica sostruzione cava. Soprattutto a partire dal Basso Medioevo sono documentati mulini per la produzione di farina da grano (aquimolae, molendini), diretti eredi di quelli antichi e medioevali, e frantoi per l’olio azionati dall’acqua che comparvero invece in quel periodo. Per l’epoca moderna si ricordano tra i mulini il “Molino Boschi” e tra i frantoi quello idraulico di Gaspare Petrucci (presso il lavatoio), distrutto dalla rotta dell’Aniene del 1826, ricostruito nel 1831 e definitivamente messo fuori uso dal bombardamento dell’ultima guerra; se ne conservano tuttora le enormi macine e i meccanismi di funzionamento. L’ultima fase del complesso ipogeo è relativa a cantine e depositi, che utilizzarono, collegandoli e frazionandoli, gli spazi nati con altre funzioni.

Relazione presentata alla conferenza “Archeologia e Speleologia, Subterranean Speleology” svoltasi a Roma il 2 Luglio 2019.
http://www.scintilena.com/conferenza-a-roma-su-archeologia-e-speleologia-subterranean-archaeology/07/03/

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