“Da Terni siamo partiti molto per tempo; prima di giorno salimmo a Narni, così che non riuscii a vedere il ponte.
Valli e voragini vicinanze e lontananze, luoghi stupendi, ovunque rocce calcaree senza traccia d’altro minerale.”
J. W. V.Goethe “Viaggio in Italia”
(1786-1788)

Queste parole costituiscono senza ombra di dubbio il miglior biglietto da visita che si possa immaginare della gola del Nera. Goethe usa espressioni che per noi speleo risuonano come il canto delle sirene. Il Monte S. Croce, da sempre presente come un gendarme silenzioso e possente di fronte all’abitato dell’antica Narnia, ha costituito e costituisce la nostra “croce” e delizia, il nostro preferito territorio di speleo-ricerca.

IL QUADRO IDROGEOLOGICO
Inizialmente pensammo che nel monte si celasse un enorme lago o bacino sotterraneo, tutto da cercare e da scoprire, tesi avvalorata dalla presenza di una strana sorgente (con relativa grotticella) denominata “della Carestia” in quanto sembra che compaia l’anno precedente una carestia o una grave calamità.
Oggi a noi speleologi, forti delle attuali, nuove, conoscenze geologiche e di quali siano le dinamiche carsiche non resta che cercare la “buca” dei nostri sogni nel settore SW di Monte Santa Croce, in pratica sul versante di Stifone. Qui si trova uno spessore di almeno 250 metri di calcare massiccio, la formazione geologica considerata la più carsificabile in assoluto”.
Ma il quadro non è completo senza parlare di una delle sorgenti carsiche più grandi d’ Italia: quelle di Stifone-Montoro con una portata di 13420 l/s, una idrostruttura imponente che ospita un grande acquifero regionale basale che trova il suo livello più basso, con relative numerose uscite, nell’alveo del fiume Nera ad una quota di circa 75 m. sul l.m.m..

LE FREQUENTAZIONE UMANA
Frequentazione storica. Prima di entrare nel vivo delle nostre scoperte è doveroso citare la grande frequentazione passata di questa montagna, fin dalla preistoria, dove la famosa grotta dei Cocci ci ha direttamente consegnato ( con tracce certe dal neolitico fino all’età del bronzo) ceramiche, selci, ossa ed un focolare di oltre un metro di spessore a testimonianza dell’uso ormai confermato delle grotte come rifugi, passando poi per i Romani con il porto e l’arsenale di Stifone ed infine, ma non ultimo, il castello di Montoro, vecchio e nuovo, con il suo toponimo derivante da una miniera d’oro esistente sul nostro monte.
Frequentazione religiosa. Presente e continua è (tuttora) la frequentazione religiosa con monaci ed eremiti, basti citare l’abbazia benedettina del X secolo di S. Cassiano (ancora adesso centro di ritiro e preghiera), l’eremo di S. Jago (una grotta adattata nel 1200 ad eremo ed ora usata per scopi ludici dal nostro gruppo per le cene di fine corso), il perduto (e ritrovato da noi) eremo di S. Betta o monastero di S. Giovanni, la madonna del Licino ed altri misteriosi luoghi, forse di preghiera o di rifugio, persi qua e là, carichi di storia.
Frequentazione ad uso estrattivo. Infine l’uso estrattivo effettuato direttamente nelle grotte alla ricerca del minerale di ferro oppure aprendo delle nuove miniere.
II primi documenti che parlano delle miniere di ferro di Narni sono del 1709.
Tra le vecchie miniere abbandonate da segnalare sono la grotta Celeste e la grotta dei Veli; (da noi scoperte) entrambe rivelano segni di scavo e nel loro interno anni fa trovammo un vecchio elmetto militare e una piccola piccozza. La grotta-miniera più importante è senza dubbio la grotta dello Svizzero anticamente identificata forse come la cava di Zara: “fattovi calare quattro uomini, questi trovarono in fondo dei rami di vena di ferro, dell’altezza di un palmo (cm. 25), ma di qualità un poco inferiore delle altre cave” (Pennini, 1760).

LE RICERCHE SPELEOLOGICHE
I risultati di questi anni. Da sempre in corso, anche ora, con risultati altalenanti, secondo i periodi di maggiore o minore nostro entusiasmo o sulla scia di nuove informazioni.
Abbiamo trovate, esplorate e censite oltre 17 grotte (regolarmente accatastate al Catasto speleologico dell’Umbria), con altre 10 almeno mai accatastate (e alcune mai più ritrovate…evviva il GPS), tutte scoperte in questi 37 anni di UTEC. Da notare che vi abbiamo, almeno nelle più grandi, quasi sempre trovate tracce di visite antiche mentre tante sono state usate, come sopra detto, per uso estrattivo come miniere
Le nuove ricerche. Abbiamo ripreso tutti nostri appunti ed i risultati delle ricerche precedenti per cercare di avere conferma delle teorie nuove e vecchie sulla nostra montagna; oltretutto oggi avvantaggiati dai nuovi fondamentali strumenti geografici come il GPS. I risultati di tanto lavoro non sono però mancati ci siamo accorti che diverse importanti grotte, Svizzero compreso, sono collocate su di una importante faglia diretta, la stessa che convoglia e drena le acque che confluiscono dall’Umbria meridionale a Stifone uscendo dalla frattura, provocata dal Nera.
Siamo finalmente ritornati sul Monte Santa Croce con nuovo spirito e soprattutto con nuove preziose informazioni.
Siamo certi che i 200 ed oltre metri di calcare massiccio possono essere, da qualche parte, penetrati e finalmente esplorati arrivando alle potenti falde presenti sotto la nostra montagna, conosciamo le chiavi di ingresso ed abbiamo amici e mezzi che allora non avevamo: è una nuova alba.

IL NOSTRO IMPEGNO: UNA GROTTA PER OGNI AMICO SCOMPARSO
Ed ecco arrivare il primo importante risultato: una nuova grotta gemella, e non poteva essere differentemente, dello Svizzero, e ad essa molto vicina, quasi sul bordo del “taglio” della valle di fronte a Stifone: la grotta “DANIELE DI SISTO” ed appresso ,cercando nella stessa zona, verso la valle del Nera, troviamo la “FILIPPO SINI” interessante cavità ancora da esplorare e da scavare.
Lo spirito di amicizia e di fratellanza, in noi speleo, è molto sentito: in tanti momenti, a volte in condizioni di pericolo reale, dentro i cunicoli più stretti oppure su pozzi che sembrano non finire mai, di un nero inenarrabile, si può contare solo sulle capacità e sulla preparazione dei compagni-fratelli-amici intorno…. ci fidiamo, sempre, ciecamente, sapendo che , nel bisogno, sapranno aiutarti e nessuno, mai, si tirerà indietro accada quello che accada.

Poche righe non possono far capire cosa nasce in quelle situazioni estreme condividendo la sofferenza e, insieme, l’entusiasmo che si prova scoprendo cose mai viste nè conosciute.
Abbiamo diviso e condiviso tutto dall’ultima borraccia in estenuanti, faticosissime, esplorazioni sul Monte S.Croce alla gioia di entrare dentro una grotta enorme e grandissima come quella di Montebuono o nei meravigliosi e antichi sotterranei della nostra Narnia.

Ci piace immaginare Daniele e Filippo insieme a noi ed agli altri nostri amici che non ci sono più, Fausto (Fortunati) e Tullio (Cecca), (a cui dedicheremo le prossime nuove scoperte), a prepararci per grandi esplorazioni negli spazi infiniti nel mondo di sopra e di sotto con lo zaino pronto vicino il tavolo e con sopra, insieme alle mappe, l’immancabile fetta di bruschetta appena sfornata ed un bicchiere di rosso di quello buono si intende.
La storia, proprio come 37 anni fa, del nostro Gruppo, “Il Gruppo Speleologico UTEC Narni” si rinnova e sembra iniziare ancora una volta.

Il grottarolo Virgilio Pendola da Narni

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