Articolo di Tutto Scienze e tecnologia del 04/06/2008
di Luigi Grassia

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Neandertal: lontano cugino con cui non abbiamo mai avuto rapporti o nostro antenato diretto?
L’origine dell’umanità è (più o meno) tutta un mistero, ma non c’è tappa dell’ominazione che sia più intrigante e dibattuta di questa. Negli ultimi anni si è scoperto che i neandertaliani costruivano strumenti tali da non sfigurare con quelli dei «Sapiens Sapiens» e adesso certe indagini genetiche (permesse anche da una serie di scoperte in grotte spagnole) fanno balenare il miraggio di una mappatura completa di questo bizzarro Neandertal che è, in ogni caso, nostro parente prossimo. Convissuto con noi per circa 10 mila anni. Fra l’altro, con lui (e con lei) sono comparse per la prima volta nella specie umana le pigmentazioni rossicce e bionde dei capelli, che si ritrovano tutt’ora solo in Europa e nel Caucaso o fra i discendenti degli emigrati da queste terre, cioè (guarda caso) proprio nella principale zona di diffusione dei Neandertal. Forse nel buio delle caverne o al riparo dei cespugli c’è stato qualche incrocio clandestino?

Molto di sostanza è stata l’evoluzione della struttura morfologica dei Neandertal come da noi immaginata. Questi tipi erano più bassi e tarchiati di noi, con le ossa più grosse. Erano dei testoni, con il cervello persino più grande degli umani attuali, ma con la fronte molto bassa e le arcate sopraorbitali sviluppate che davano loro un aspetto scimmiesco, accentuato dal naso pronunciato ma schiacciato e con le narici larghe. Perciò fino a pochi anni fa i neandertaliani venivano raffigurati come dei bruti rozzissimi.
Di base, questi dati morfologici restano; però più passa il tempo e più particolari fini si ricavano dai fossili, più le loro facce vengono ricostruite dagli esperti come simili alle nostre (le donne e i bambini belli, gli uomini presentabili). Se un Neandertal vestito alla moda del 2008 entrasse in un bar e chiedesse una birra, forse la maggior pare di noi lo guarderebbe come una semplice variante della comune umanità.
Ma questo neandertaliano, conciato come un figurino, sarebbe effettivamente in grado di ordinare la sua birra? Fino a poco tempo fa si sarebbe risposto di no; che fosse capace di farfugliare, ma non di parlare nel vero senso del termine. Questo quadro è stato cambiato dalla genetica. Da nove individui rinvenuti in Spagna nella grotta di El Sidròn (Cantabria) e vissuti 43 mila anni fa risulta che il gene FOXP2 dei Neandertal, connesso alla capacità di parlare e studiato dallo spagnolo Carles Lalueza, era simile al nostro e li rendeva capaci di esprimersi chiaramente. Resta però il dubbio che la loro memoria operativa fosse limitata e che questo condizionasse severamente il vocabolario neandertaliano. Un altro gene, l’MCR1, rendeva possibili pelle e capelli chiari, ma Lalueza dice che quello dei Neandertal e quello dei contemporanei Cro Magnon (esseri umani veri e propri) dovevano la loro similitudine non a incrocio ma a una antenato comune: «Sono coesistiti, ma non si sono mescolati».
Anche perché, come ha spiegato il paleoantropologo Kurtén Björn nel suo romanzo «La danza della tigre» (dove ha ricostruito in forma fantasiosa e accattivante ma scientificamente rigorosa un’ipotesi sull’incontro delle due specie e sull’estinzione dei Neandertal), se contatti sessuali ci sono stati, gli eventuali ibridi sono nati tutti sterili. Cugini, quasi uguali, ma non antenati.

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