Pozzo presso Gabrovizza
Pozzo presso Gabrovizza

Terzo intervento di pulizia in grotta in poco più di un anno e mezzo da parte della Società di Studi Carsici A. F. Lindner di Ronchi dei Legionari, nell’ambito di un progetto di ripristino ambientale di alcune cavità del Carso Triestino. Dopo l’ Abisso fra Fernetti ed Orle nel Comune di Trieste e il Pozzo presso Sgonico è stata la volta della pulizia del Pozzo presso Gabrovizza, effettuata tra Marzo e Dicembre 2018 da cui sono stati estratti ben 15 metri cubi di immondizia.

La scelta delle grotte da pulire è stata fatta con una consultazione on line, nel sito del Catasto grotte del Friuli Venezia Giulia, impostando come filtro la “presenza di rifiuti” e valutando la possibilità di raggiungere le vicinanze della grotta con veicoli, in modo da poter procedere con relativa facilità allo smaltimento.
Il Pozzo presso Gabrovizza è una cavità che si presenta con un pozzo di accesso profondo otto metri, vicinissimo alla strada, quindi facilmente accessibile, sia per chi voleva scaricare rifiuti nel passato, sia per gli speleologi che hanno deciso di rimuoverli.
L’azione di pulizia è stata accolta favorevolmente dal proprietario del terreno, il Signor Giovanni, che aveva già provveduto a recintare l’area al momento dell’acquisto, trent’anni fa, quando si è reso conto della presenza di numerosi rifiuti all’interno della “sua” grotta.

Il primo sopralluogo all’interno della cavità fatto a Marzo ha confermato la presenza dei rifiuti: il cono detritico alla base del pozzo di accesso era completamente ricoperto da immondizie che, vista la pendenza del terreno, erano rotolate giù nei due rami in cui la grotta si sviluppa.

L'interno del Pozzo presso Gabrovizza
L'interno del Pozzo presso Gabrovizza. Foto di Maurizio Maffei

“Documentando con foto lo scenario che si presentava ai nostri occhi, ci è sembrato di fare un viaggio a ritroso nel tempo. Man mano che trovavamo oggetti di vecchia foggia appartenenti al passato, i nostri pensieri portavano all’infanzia delle generazioni che ci hanno preceduto: bambole, pistole giocattolo, pupazzetti raffiguranti animali” testimonia il promotore dell’iniziativa, Maurizio Maffei.

La varietà dei rifiuti trovati è ampia: scarpe, gabbiette di uccelli, vecchie televisioni col tubo catodico, abat-jour da comodino vecchio stile, sdraio cordonate con intelaiatura in metallo e seduta in fili di gomma, una Vespa, pneumatici di automobili e di camion, grondaie, secchi, pentole, vasellame, bottiglie e bottiglioni di vetro, un vecchio scaldabagno, un frigorifero a pozzo, borse, scarti di materiale edile, cassette in plastica, tubi, cesti, tavole, bidoni, lamiere, sci Lamborghini, un casco da baseball, scarponi da motocross, ruote di bicicletta, lattine di Coca Cola, Sprite e Fanta, bottiglie di plastica, sacchi e borse, una torcia elettrica, batterie, siringhe e molto altro.

Floriano Guidi, l’altro socio promotore della pulizia, ricorda: “Tra le cose più curiose che abbiamo disseppellito, da segnalare una gigantesca struttura in metallo dalla forma tentacolare. A lungo ci siamo chiesti cosa fosse. Abbiamo faticato non poco per riuscire ad estrarla da cumuli di terreno e immondizie, dove era mezza sepolta e incastrata. Sembrava veramente un essere mostruoso, simile ad un ragno gigante. La spiegazione che ci siamo dati è che è poteva essere la struttura interna di un carro allegorico, di quelli che si costruiscono per le sfilate di Carnevale.”

Cumulo di rifiuti nel Pozzo presso Gabrovizza

Purtroppo non sono stati rispettosi dell’ambiente neanche gli speleologi d’altri tempi che l’hanno visitata, perché hanno lasciato la loro traccia, con scritte di nerofumo sulle pareti e sulle concrezioni, senza far mancare anche una bestemmia e una svastica.

Il giorno di Pasquetta, 2 Aprile 2018, sono iniziati i lavori, con la rimozione del filo spinato e di ramaglie e alberi secchi; La grotta è stata armata per scendere in sicurezza e si è allestito il primo paranco sul pozzo d’accesso per permettere l’estrazione del materiale giacente immediatamente sotto, mentre all’interno è stata realizzata una teleferica per trasportare i rifiuti più facilmente verso l’uscita.
Per portare a termine questa pulizia ci sono volute molte giornate di lavoro, la forza di molte braccia, la buona volontà dei soci e l’ingegno per riportare in superficie anche i materiali più ingombranti.
Ventuno sono stati gli speleologi coinvolti, impegnati in ben tredici giornate, di cui cinque per caricare i rifiuti sui mezzi e nei cassonetti.

Targhetta della pulizia del Pozzo presso Gabrovizza.
A conclusione delle operazioni di ripristino ambientale, il 22 Dicembre 2018, è stata apposta una targa per ricordare l’opera di pulizia

Le operazioni di recupero del materiale sono state fatte usando solo corde (non cavo d’acciaio) ancorate ad alcuni alberi intorno al pozzo; per l’estrazione del materiale sono stati usati dei big bag, che una volta riempiti dalla squadra che lavorava all’interno della grotta, venivano sollevati con un paranco, tirando a braccia (quindi senza argano elettrico e/o verricello) da una squadra che lavorava all’esterno. Il metodo di sollevamento inizialmente è stato manuale, mentre in un secondo momento si è ricorso all’uso di un pick-up per tirare su i carichi più pesanti.

Tutto il materiale estratto, non appena arrivato in superficie e posizionato sul prato, è stato selezionato per tipologia, al fine della differenziazione dei vari materiali da riciclare: vetro, plastica, ferro e materiali metallici, ingombranti, pneumatici.

Fondamentale per operazioni di questo genere è disporre della collaborazione degli Enti, quali il Comune competente per territorio e la società preposta alla raccolta e smaltimento dei rifiuti.
“La nostra opera di volontariato deve trovare il necessario riscontro nelle autorità, senza il cui aiuto saremmo con le mani legate. Siamo consapevoli che lo smaltimento dei rifiuti costituisce un costo per la società, ma è un costo da affrontare se non si vuole rischiare l’inquinamento delle falde acquifere del Carso, che sono quelle che forniscono l’acqua ai nostri rubinetti” conclude Maurizio Maffei.

Convinta che la passione per “l’andare in grotta” non sia solo un’attività fine a se stessa, ma può essere anche un’attività a valenza ecologica e ambientale che può concretizzarsi nel migliorare l’ambiente, la Società Lindner ha dato avvio alla fine del 2016 ad un progetto di ripristino ambientale di alcune delle tante cavità del Carso Triestino lordate dall’inciviltà di chi pensa che le grotte siano il posto ideale in cui sbarazzarsi del materiale e degli oggetti e che non servono più, facendo diventare il sottosuolo carsico una discarica fuori da ogni controllo, con il rischio di inquinamento della falda acquifera.

Gli speleologi, essendo gli unici a scendere nelle grotte con pozzi verticali, in quanto testimoni diretti, si sentono moralmente in dovere di denunciare questo scempio, con la speranza di restituire a questi ambienti bistrattati la loro primitiva dignità.

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