In Italia la strada del riciclo e del recupero è ancora lunghissima e questo vale anche per le cave e l’attività estrattiva.
Si continua a scavare troppo e con impatti devastanti sull’ambiente, dalle Alpi Apuane alle colline di Brescia, da Trapani a Trani, malgrado la spinta delle Direttive europee.

Secondo il Rapporto Cave di Legambiente presentato pochi giorni fa a Roma, le cave attive sono diminuite del 20,6% rispetto al 2010 a causa della crisi dell’edilizia. Le cave dismesse stimate sono oltre 14’000.
Vengono estratti ogni anno 53 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia, 22,1 milioni di metri cubi di calcare e oltre 5,8 milioni di metri cubi di pietre ornamentali.
I guadagni per i cavatori sono di 3 miliardi di euro l’anno a fronte di canoni di concessione irrisori.
Crescita record per il prelievo e le vendita di materiali lapidei di pregio, con esportazioni in crescita (2 miliardi di euro nel 2015), ma si riduce il lavoro in Italia nel settore.
Nel Rapporto, realizzato con il contributo di Fassa Bortolo, sono raccolte non solo storie da tutta Italia, che raccontano l’impatto sul paesaggio italiano, ma anche buone pratiche realizzate in Italia e esempi virtuosi riguardanti la gestione dell’attività estrattiva (in sotterraneo e con contestuale recupero delle aree) e il recupero delle cave dismesse per creare parchi e ospitare attività turistiche, ma anche di cantieri dove si sono usati materiali provenienti dal riciclo invece che sabbia e ghiaia.

Tralasciando i dati di ghiaie e pietrischi che ci interessa solo a livello di curiosità, focalizzando l’attenzione al mondo delle grotte le maggiori aree di prelievo di pietre ornamentali sono in Sicilia, Provincia Autonomia di Trento, Lazio e Toscana che insieme costituiscono il 53,4% del totale nazionale estratto. Le Regioni che invece cavano più calcare sono Molise, Lazio, Campania, Umbria, Toscana e Lombardia che superano singolarmente quota 1,5 milioni di metri cubi.

In molte regioni sono assenti i piani cava e sono inadeguati i vincoli di tutela, mancano obblighi di recupero contestuale delle aree. Per Legambiente l’assenza dei piani è particolarmente preoccupante, perché si lascia tutto il potere decisionale in mano a chi concede l’autorizzazione in Regioni dove è forte il controllo da parte della criminalità organizzata.

Prelevare e vendere materie prime del territorio è infine un’attività altamente redditizia a fronte di canoni di concessione pagati da chi cava a dir poco scandalosi. In media nelle Regioni italiane si paga il 2,3% del prezzo di vendita di sabbia e ghiaia (27,4 milioni a fronte di 1.051 milioni di volume d’affari). Ancora maggiori i guadagni per i materiali lapidei dove è in forte crescita il prelievo e l’esportazione di materiali. In diverse regioni addirittura si cava gratis: succede in Valle d’Aosta, Basilicata, Sardegna, ma anche Lazio e Puglia dove si chiedono pochi centesimi di euro per cavare inerti.

Scarica il rapporto Cave di Legambiente

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