Un’isola grande due volte e mezzo l’Italia a cavallo dell’equatore, ma con pendici innevate di oltre 5000 metri; un’isola ricoperta da una foresta pluviale sconfinata, ultimo baluardo, insieme all’Amazzonia e alla foresta centro- africana, di un pianeta che si avvia a non esistere più; e poi ancora terremoti, vulcani; un territorio abitato da popolazioni così isolate che hanno sviluppato oltre ottocento lingue differenti, e da animali bizzarri, come i canguri arboricoli, gli uccelli del paradiso o i casuari; questo e molto di più offre l’isola di Nuova Guinea.

Il giorno si avvicina: il 10 dicembre la spedizione speleologica italiana “Folopa 2017” prenderà il volo per le Southern Highlands di Papua-Nuova Guinea. Dopo quarantott’ore di viaggio, il team atterrerà nella terra dei Folopa, una popolo di circa 3000 abitanti divisi fra 17 villaggi su una superficie di 2500 km2. Sono serviti alcuni anni di preparazione per analizzare la bibliografia speleologica dell’area e definire a distanza potenzialità e obiettivi esplorativi. La prima visita speleologica documentata nella zona risale agli anni Settanta del secolo scorso, quando Papua-Nuova Guinea era ancora territorio australiano. Neil Ryan, un giovanissimo patroler, aveva allora il compito di rappresentare l’autorità dello Stato visitando uno alla volta i villaggi più remoti: descrisse così il suo tragitto, appuntando su una vecchia mappa tempi e percorsi, e lasciando intuire enormi potenzialità speleo-esplorative. Siamo riusciti a rintracciare Ryan a Singapore e a discutere con lui delle problematiche logistiche che caratterizzano l’area. Entrando successivamente in contatto con alcuni missionari, siamo venuti a scoprire che in una delle valli alcuni locali ricordavano di una coppia di occidentali che nel 1983, da Erave, aveva intrapreso un trekking di 10 giorni per raggiungere l’inghiottitoio del fiume Irou. In mancanza di documentazione scritta, risalire a loro è stato un lavoro di indagine tanto stimolante quanto frustrante. Solo poche settimane fa, dopo mesi di indagini, una telefonata Skype con Gérald Favre, famoso speleologo e documentarista svizzero, ha sciolto ogni dubbio: furono infatti proprio lui e la sua compagna a raggiungere quel paradiso perduto nella foresta pluviale. L’emozionante conversazione, tra i ricordi di quell’avventura lontana e l’annuncio che finalmente qualcuno sarebbe tornato laggiù con occhio speleologico e qualche centinaia di metri di corda, la ricorderemo a lungo.

Biaki -Cortesia di Gérald Favre

La logistica costituisce una delle sfide principali della spedizione: il trasporto di centinaia di chili di materiale in un’area che dista più di 50 km, tra foresta e carso, in linea d’aria dalla più vicina strada sterrata, non è compito facile. Abbiamo optato, perciò, per un avvicinamento via aria, che ci porterà a meno di 20 km a nord dei nostri obiettivi. Una volta atterrati fra le montagne, e prima di ripresentarci all’appuntamento con il piccolo velivolo, disporremo solo di 27 giorni per raggiungere ed esplorare alcuni dei grandi pozzi, delle risorgenze e degli inghiottitoi da noi individuati su mappe satellitari e ortofoto, tutti ancora speleologicamente vergini.
La spedizione è organizzata dal Circolo Speleologico Romano, che in più di un secolo di attività ha promosso decine di spedizioni speleologiche e geografiche nei luoghi più remoti del pianeta.
La nostra gratitudine va agli sponsor che ci hanno, con i loro materiali, fornito un importante appoggio. La potenza delle torce Mankerlight (Cina) ci permetterà di illuminare e documentare gli ambienti sotterranei più ampi; i pannelli solari superleggeri della Powerfilm (USA) provvederanno ad alimentare luci e batterie delle apparecchiature fotografiche. Ringraziamo inoltre la Fabric di Foligno, che ci ha completamente vestiti, dalla testa ai piedi, con abbigliamento tecnico di alta qualità; TIM, che ci ha messo a disposizione un telefono satellitare per le emergenze (speriamo di non doverlo utilizzare se non per gli auguri di buon anno); e Helperbit, che ha concesso le ferie al sottoscritto.

Vi aspettiamo al Circolo, a Roma in via dei Campani 55, martedì 5 dicembre dalle 20h, per un ULTIMO saluto. Non dimenticate di seguirci sui social:
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Guido Baroncini Turricchia
Maurizio (Bruco) Buttinelli
Andrea Felici

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