Fonte : The Huffington Post La Grotta dell’Homo Naledi: un esempio da manuale di come fare scienza.

“Quante volte ti ho detto che quando hai eliminato l’impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità?”

–Sherlock Holmes

Recentemente è stato annunciata la scoperta di un nuovo ominide fossile: Homo Naledi, in Sudafrica in una unica sala -quasi inaccessibile – di una grotta del complesso “Rising Star” vicino a Johannesburg.
Perché è così strano? In breve, il fatto è che questo Homo Naledi aveva un cervello piccolo come un’arancia e malgrado ciò doveva avere grandi capacità per depositare i propri morti in questa camera quasi inaccessibile, compiendo grossi sforzi e lavorando in gruppo , usando il fuoco come fonte di luce. Non si sono visti segni di inumazione fino a che i recenti Neanderthal, dal cervello relativamente grande, non hanno fatto la loro comparsa.

L’idea che qualcuno con un cervello così piccolo possa concepire e realizzare comportamenti complessi come disporre ripetitivamente i suoi morti in una grotta così difficile da raggiungere ci fa riconsiderare molti nostri presupposti circa la conoscenza dei nostri “antenati”.

Una delle pubblicazioni realizzate come parte all’annuncio di questo ritrovamento riguarda la geologia della grotta e descrive l’ambiente in cui sono stati trovati i resti di almeno quindici individui e cosa è successo ai loro corpi una volta depositati lì.
(Dirk e altri “Geological and taphonomic context for the new hominin species Homo naledi from the Dinaledi Chamber, South Africa“).

La pubblicazione, si dice nell’articolo, anche con gli apporti di ricerche di speleologi professionisti e altri ricercatori esclude che possa esistere un’altra entrata oltre a quella che è servita nel 2014 a raggiungere la camera coi resti fossili, anche un’entrata nel frattempo coperta e sigillata da depositi.

Si cita come ulteriore indizio dell'”accesso esclusivo” alla camera la completa assenza di resti di altri animali e piante e l’assenza di segni di modifiche alle ossa, tipo ad esempio segni di “rosicchiamenti” fatti da altri animali. Molte ossa risultavano inoltre ancora ben articolare.
Nessuna traccia di predatori.
In tutto, i resti di sei uccelli e vari roditori sono stati trovati nella grotta: anche ciò non rappresenta la tipica ricchezza di resti di una cavità facilmente accessibile dall’esterno.

Anche lo studio dei detriti fuori dalla grotta mostra la totale mancanza di flussi d’acqua in ingresso.
Nessuna foglia o ramo, nessun ciottolo trasportato all’interno.
L’ominino Naledi, sostiene lo studio, deve aver gettato deliberatamente i resti dei suoi estinti in quella camera attraverso l’angusto passaggio ampio solo venti centimetri.

Ma già in passato qualcun’altro dev’essere inciampato su quei resti: sono stati infatti trovati dei vecchi pioli per sondaggi, da qualcuno che evidentemente non si è resto conto dell’importanza di quei resti.

La scienza ha ancora molto da scoprire; abbondano scoperte latenti, in attesa di nuovi occhi.

Clicca sulla camera Dinaledi sotto per leggere l’articolo originale.

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